Ci sono personaggi sconosciuti che, nel silenzio dei grandi media e lontano dalle vetrine delle librerie che pubblicano i soliti “saggi” ex post dei soliti noti, hanno saputo raccontarci con anni – non mesi – di anticipo le motivazioni, i meccanismi e gli strumenti che hanno reso possibile la crisi finanziaria globale che stiamo vivendo da ormai tre anni.



È il caso di Nick Dunbar, 46enne giornalista finanziario inglese, laureato in fisica a Cambridge e poi ad Harvard e folgorato sulla via di Damasco del giornalismo finanziario grazie a dei compagni di università che applicarono al trading le loro conoscenze matematiche. Direttore tecnico della rivista “Risk” edita da Bloomberg dal 1998, l’anno successivo pubblica il suo primo libro, divenuto subito un best-seller in mezzo mondo, “Inventing Money: the story of Long-Term Capital Management and the legends behind it”. Nel 2005 ha lanciato “Life&Pensions”, una pubblicazione gemella di “Risk” che si occupa di industria assicurativa e pensionistica, in particolare dei rischi connessi alle tecniche di management. Vincitore nel 2007 del prestigioso State Street Award, ora Nicholas Dunbar (ma per tutti è solo Nick) è tornato con un nuovo, straordinario libro dedicato a quella fucina di pazzia che sono gli strumenti derivati, in particolare i credit default swaps.



“The devil’s derivatives”, i derivati del diavolo, è stato pubblicato in America e in Gran Bretagna il 1 luglio scorso e a ottobre sbarcherà in Italia grazie a Egea, la casa editrice dell’Università Bocconi. Ilsussidiario.net ha interpellato Nick Dunbar durante le sue vacanze per parlare di derivati, crisi, ma soprattutto del ruolo che i cds potrebbero avere in questo periodo di turbolenze sul mercato obbligazionario, con spread alle stelle e aste cancellate. Questa è la prima volta che Nick Dunbar parla del suo nuovo libro con un media italiano.

Mr. Dunbar, come pensa che i cds possano avere un impatto sul mercato obbligazionario nel corso di questa estate di passione? Potrebbero essere il detonatore di una reazione a catena?



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Gli strumenti derivati possono avere effetti sul mercato dei bond in diversi modi. Prima di tutto, c’è la possibilità che i derivati siamo stati usati per nascondere il debito, esattamente come ha fatto il governo greco utilizzando swaps sui cross valutari con l’aiuto di Goldman Sachs. Nonostante io abbia scritto di queste transazioni greche nel 2003, le stesse sono diventate argomento con ampia copertura mediatica soltanto alla fine dello scorso anno e la notizia ha allarmato gli investitori obbligazionari, causando l’ampliamento degli spreads greci. Anche il Tesoro italiano è noto che abbia utilizzato swaps su cross valutari e sui tassi d’interessi e bisognerebbe chiarire se, anche in questo caso, si sia giunti a qualsivoglia tipo di occultamento del debito. Recenti rivelazioni della European banking authority e di Deutsche Bank hanno acceso i riflettori su questa questione, anche se non ci sono pesanti evidenze nell’uno o nell’altro senso. I cds possono avere un impatto sul mercato obbligazionario per il loro utilizzo a mo’ di “bastoncino misuratore”.

 

In che modo avviene questo?

 

Se i bond sono illiquidi e trattati con poca frequenza, i prezzi dei credit default swaps che si riferiscono a quei bond possono fornire segnali d’allarme anticipati che possono mettere sul chi va là gli investitori sul fatto che ci siano guai in vista. Questo potrebbe portare a una vendita di massa dei bonds, evento che causa ampliamento dello spread e rende impossibile per chi emette rifinanziare il debito, precipitando in default. Gli investitori speculativi possono anche incoraggiare questo processo attraverso l’acquisto di cds. Come ho trattato nel mio libro, questo è quanto accaduto nel 2007 ai bonds dei mutui subprime, facendo precipitare la crisi finanziaria. La domanda a cui dare una risposta è se le stesse condizioni si possono applicare ai bonds sovrani dell’eurozona. C’è, da questo punto di vista, una grande differenza. I bonds italiani e spagnoli, a differenza di quelli dei mutui subprime Usa, sono liquidi e molto contrattati, quindi non c’è necessariamente bisogno di cds per scatenare una reazione a catena.

 

Tecnicamente, come possono i cds “distruggere” un Paese?

 

Nel 2010 ci fu un’ampia discussione su questo argomento relativamente a Grecia e Irlanda e i regolatori hanno condotto delle indagini. Alla fine, non fu trovata nessuna “pistola fumante” contro i cds. È importante capire come i cds siano utilizzati per scopi razionali e legittimi, per esempio una banca non italiana esposta verso una banca italiana. Piuttosto che comprare direttamente i cds di quella banca, l’istituto straniero potrebbe preferire comprare cds sovrani italiani, visto che lo Stato italiano sta dietro, vigila, il sistema bancario nazionale. Inoltre, riprendendo una parte della risposta alla prima domanda, ripeto che il punto focale è la liquidità dei bonds governativi italiani. Paragonati ai 25 miliardi di euro in cds italiani sul mercato, ci sono là fuori 1,5 trilioni di euro di bond governativi. Sono abbastanza liquidi da rendere i loro spreads un indicatore di rischio anticipato sufficiente per molti investitori istituzionali, così che questi non sentano il bisogno di utilizzare cds.

 

Il Tesoro italiano ha cancellato un’asta di obbligazioni a medio e lungo termine prevista per il 12 agosto prossimo, come pensa che i mercati reagiranno a questa decisione?

Chiaramente i mercati pongono il loro focus sulla debolezza dell’Italia e il calendario delle aste obbligazionarie è storicamente il luogo dove gli investitori speculativi potrebbero cercare di sfruttare questa debolezza. Anche in questo caso, però, potrebbe non esserci bisogno dei cds. È infatti possibile shortare i bonds italiani attraverso il loro prestito e vendita in attesa di riacquistarli a un prezzo più basso, quando i prezzi saranno crollati. Ho parlato molto diffusamente di questa pratica nel mio primo libro, contestualizzandola proprio al caso dell’Italia nel 1997.

 

Il 26 luglio Deutsche Bank ha reso noto di aver venduto 7 degli 8 miliardi di sua esposizione al debito sovrano italiano, annunciando contemporaneamente l’acquisto di cds italiani come protezione dal rischio. Come giudica questa operazione?

 

Ho studiato approfonditamente quella nota di Deutsche Bank, ma per capire questa mossa vale la pena anche leggere i report e i comunicati di altre banche, come JP Morgan e anche le conclusioni degli stress test compiuti dalla European banking authority, i quali contengono informazioni interessanti sull’esposizione ai cds italiani o di altri Stati. Mi preme attirare la sua attenzione sulla cosiddetta “transazione strutturata” di cui parla Deutsche bank, riguardo la quale l’istituto tedesco si è rifiutato di fornire qualsiasi altro particolare. Parlando a livello più generale, le banche non italiane dicono che coprendosi contro il rischio di default italiano sono più tranquille rispetto alle loro esposizioni verso banche e aziende italiane. Comunque sia, occorre dire che queste banche potrebbero in effetti avere un incentivo a far detonare i cds sull’Italia in futuro, se gli interessi dei loro azionisti lo richiederanno.

 

Lei dice sempre che “i cds sono contratti assicurativi ma sulla vita altrui”, facendo capire la facile natura distorsiva e meramente speculativa del loro utilizzo. Non pensa, quindi, che occorrerebbe una regolamentazione chiara che vieti acquisti di cds sovrani a soggetti che non detengano debito di quel Paese o sostanziosi pacchetti azionari di aziende della stessa nazione?

Il punto di partenza più importante è che ci sia piena trasparenza sul mercato dei cds, cosa che non c’è stata finora. Una domanda aperta è questa: vietare il “naked shorting” o l’utilizzo di cds quando qualcuno non abbia esposizione sull’asset sottostante, può funzionare o essere anche solo applicabile come strategia? Come possono i regolatori europei impedire che un hedge fund statunitense compri cds italiani da una banca giapponese, per esempio? Ci sarebbe bisogno di un coordinamento globale in materia, penso che la trasparenza globale sia la priorità. Ricordiamoci, però, anche che il cash market può essere usato per attacchi speculativi, per cui controllare la speculazione sui cds non risolve necessariamente il problema, lo sposta unicamente da un’altra parte.

 

Pensa che ampliare la disponibilità monetaria dell’Efsf, il fondo salva-Stati europeo, in modo tale da renderlo pienamente operativo sul mercato obbligazionario secondario, sia una mossa sufficiente per proteggere Italia e Spagna e i loro bonds? Come giudica, in tal senso, l’atteggiamento bifronte della Germania, la quale dice una cosa a Bruxelles e una a Berlino?

 

Ritengo che il sostegno dell’Efsf al debito italiano e spagnolo potrebbe essere inevitabile per mantenere i loro costi di finanziamento a livelli sostenibili, permettendo contemporaneamente la ripresa economica e un tempo sufficiente per rimediare ai danni fatti finora. Detto questo, penso che i politici tedeschi abbiano reso il problema peggiore e più complicato di quanto non fosse necessario.

 

La copertina dell’ultimo libro di Nick Dunbar

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