L’idea di emettere titoli di debito garantiti da tutta l’Eurozona e non più dalle singole nazioni è vista come il salvagente perfetto per far cessare la crisi di fiducia su debiti greco, portoghese, italiano e spagnolo che ne alza il costo di rifinanziamento – in settembre l’Italia dovrà emettere una montagna di nuovi titoli per ripagare quelli giunti a maturazione – con il rischio crescente di portarli nella condizione di insolvenza. In particolare, la fine dell’emergenza del debito permetterebbe di attutire le politiche di rigore nelle nazioni sotto stress dando loro un periodo di tempo più lungo per l’applicazione.
Ovviamente i governi delle nazioni più nei guai, come la nostra, spingono per far accettare gli “eurobond” – basti vedere quanto insiste Tremonti – e la questione sta diventando oggetto caldo di confronto nella Ue e nel gruppo delle nazioni dell’area euro, i cui presidenti, il portoghese Barroso e il lussemburghese Junker, sono favorevoli. Ciò fa sperare a molti in Italia che, alla fine, gli eurobond vengano varati e che ciò permetta, appunto, di ammorbidire il requisito del rigore (il pareggio del bilancio prima possibile serve a far tornare credibile il debito in quanto non aumenterà). È importante avvertire che tale speranza è illusoria. Ogni euronazione dovrà mettersi in ordine da sola, anche se costerà sangue. Cerchiamo di capire perché.
Germania e Francia si oppongono all’idea di eurobond per un calcolo di interesse nazionale. Se dovessero garantire solidalmente il debito italiano e di altri, la fiducia sul loro debito nazionale sarebbe minore agli occhi del mercato. E perderebbero la tripla A con rischio di spirale degenerativa. Anche perché se si arrivasse al punto di dover invocare il sostegno tedesco al debito europeo, il mercato percepirebbe una situazione di emergenza e valuterebbe che il pilastro tedesco comunque non basta se le singole euronazioni non si mettono in ordine da sole. Infatti quando la scorsa settimana è girata la voce che gli eurobond sarebbero diventati oggetto di negoziato, il mercato ha scontato un declassamento del debito tedesco e la Borsa di Francoforte è crollata. Lo stesso accadde qualche giorno prima al riguardo della Francia.
Per tale motivo la pur antipatica posizione di rifiuto da parte di Merkel non cambierà. Senza il consenso della Germania l’eurobond non decollerà. Io ritengo che sia stupido continuare a chiederlo. Probabilmente chi lo chiede lo sa, ma continua a farlo per scaricare su Berlino la responsabilità dell’impoverimento da rigore e per ammorbidire la sua opposizione alle politiche di acquisto del debito italiano e spagnolo, ed altri, da parte della Bce per sostenerli. Nel 1997 le euronazioni accettarono un modello europeo dove ciascuna doveva mettersi in ordine da sola. Tale modello, imposto dalla Germania come condizione per abbandonare il marco, è sbagliato in quanto non ci può essere moneta unica senza una politica economica unitaria, ma è il modello che c’è.
La conseguenza, a parte l’aver regalato a Berlino il comando sull’Europa dopo due guerre fatte per impedirlo, è, appunto che ogni nazione deve mettersi in ordine da sola. Come? Seguendo i concetti ordinativi tedeschi. Significa che le euronazioni dovranno mettere in Costituzione l’obbligo al pareggio di bilancio e poi portare il debito sotto una certa soglia, tra il 60 ed il 70% del Pil. E se non ce la faranno? Usciranno dall’euro; la Germania non le salverà. In sintesi, l’Italia dovrà dimezzare il debito ed azzerare il deficit con sue sole forze. Questa è la dura realtà. Chi continua ad invocare gli eurobond la elude ed illude.