Non è proprio il caso di usare la parola “lunedì nero”, troppo inflazionato di questi tempi. Parliamo di una corsa drammatica verso un collasso dei mercati. Piazza Affari termina abbondantemente sotto i 14mila punti con una perdita che in certi momenti è arrivata a 4 punti percentuale e finendo a -3,89%, segnando 13.474 punti. Non si salva il Dax tedesco, sceso anche lui a -1,9%. Ed è stata una giornata di grande sofferenza per la Francia. Il Cac 40 segna un rosso del 3,63%, con due banche sotto osservazione speciale la Bnp e la Societè Generale. In questo momento Wall Street sta arretrando di mezzo punto. Si tenga conto che questa apertura di settimana segue l’altrettanto “venerdì nero”, dove i mercati europei, tra il dimissionario Stark dalla Bce e il subentrante Asmussen, hanno perso una media di cinque punti.
Le nostre grandi banche, come Intesa San Paolo e Unicredit, oggi arretrano di dieci punti percentuali. Una débacle su tutta la linea. E non si capisce che cosa possa avvenire nei prossimi giorni per invertire questa tendenza. La corsa a vendere continua, non si ferma, l’avversità al rischio è alimentata da una ridda di voci, oltre che di dati macro che forniscono un quadro stagnane della situazione economica.
Il quadro generale, globale, non fornisce al momento speranze di ripresa. Ci attende un terzo trimestre dell’anno con indici al ribasso e un 2012 molto problematico. In questa situazione complessiva c’è chi si diverte, si fa per dire, a “inzuppare il biscotto”. È il caso del possibile default della Grecia, conosciuto da tempo. Gli stessi greci hanno ammesso che, senza la seconda tranche di aiuti (circa due miliardi di euro), non sono in grado di pagare le pensioni e gli statali a partire dal mese di ottobre. L’impressione è che sul default greco si voglia arrivare a una sorta di “esempio per tutti”. Se la cosiddetta troika vede che la Grecia non rispetta i suoi impegni “bisognerà rinegoziare la seconda tranche di aiuti”, ha sentenziato il ministro alle finanze tedesco Wolfgang Schauble. Ma l’esempio che si va a cercare potrebbe scatenare un effetto-domino.
In questa cornice complessiva di difficoltà che colpiscono l’economia reale e il sistema finaziario dell’Occidente, si affaccia un “caso italiano”. Si potrà anche far finta di non vedere, ma non è possibile che i bonos spagnoli abbiano un differenziale inferiore a quello dei btp italiani rispetto al bund tedesco. Con la manovra, l’Italia poteva riguadganare credibilità internazionale. Bastava una seria riforma delle pensioni. E chi si è assunto la responsabilità di bloccarla ne dovrà rendere conto alla storia di questo Paese.
Il problema è che l’Italia è una grande economia, non è la Grecia e neppure la Spagna. Una criticità marcata dell’Italia avrebbe una conseguenza drammatica: o la fine dell’euro o una doppia area dell’euro. A scelta.