Il governo sta subendo una fortissima pressione per aumentare la credibilità del debito. Tale pressione viene dal mercato finanziario che vuole più cose per ridare fiducia all’Italia e che non vedendole costringe la Bce a interventi di soccorso.

Da un lato, il governo è certamente poco incisivo. Ma, dall’altro, non è chiaro fin dove l’Italia debba spingersi, e in quanto tempo, per recuperare la fiducia del mercato. Secondo me, questa ambiguità è il pericolo maggiore perché crea una situazione dove il mercato chiede cose che l’Italia non può fare in tempi brevi. Ciò aumenta il fabbisogno di interventi anomali della Bce che a loro volta destabilizzano la coesione europea, cosa che infine ricade sull’Italia come incremento del rischio percepito di insolvenza anche se quello reale è molto minore. Bisogna rompere questo meccanismo di amplificazione negativa a nostro danno. Con tre mosse.



Mettere il prima possibile in Costituzione l’obbligo al pareggio di bilancio a partire dal 2013 e dimostrare da subito che sarà rispettato, accelerando le agende parlamentari e integrando le misure appena approvate di rigore con altre più credibili. Queste due mosse l’Italia le può fare in tempi brevissimi. Se le farà, il mercato dovrà scontare che il debito, almeno, non crescerà più. E le agenzie di rating, demonizzate quanto si vuole, ma rilevanti nell’orientare l’opinione del mercato e determinare il costo di rifinanziamento del debito, dovranno tenerne conto almeno rinviando la decisione di ulteriore declassamento della nostra affidabilità che sembra, al momento, inevitabile.



Poi resta l’altro problema. I tagli di spesa e l’aumento delle tasse drenano soldi dall’economia comprimendone la crescita. Inoltre, stiamo entrando in una tendenza recessiva basata su una contrazione della domanda globale. Il mercato pensa, correttamente, che se la deflazione da rigore e la recessione non vengono bilanciate da misure di stimolazione dello sviluppo, poi il gettito fiscale sarà calante e ciò costringerà a rispettare il vincolo al pareggio di bilancio con ancora più deflazione e tasse, mettendo la nazione in una spirale di impoverimento strutturale.

Ma l’Italia non può in poco tempo rilanciare la crescita interna in volumi sufficienti sia per la tendenza recessiva globale corrente, sia per il protezionismo che ispira la maggioranza di destra oltre che la minoranza di sinistra e per la complessità tecnica di destrutturare un modello statalista-consociativo molto complesso, cosa che richiede tempi lunghi. Pertanto ci vuole un’altra terza mossa per segnalare la mercato che l’Italia eviterà la spirale.



L’unica veramente forte è quella di trasferire la parte disponibile del patrimonio pubblico in un fondo con la missione di usarlo per ridurre il volume del debito. Tale fondo è caricabile con 500-600 miliardi di beni, di cui almeno 200-300 usabili in tempi brevi. Se il mercato vede che l’Italia riesce in un anno a ridurre del 10% il proprio debito totale, che significa anche risparmiare circa 10 miliardi di spesa annua per interessi, allora ridurrà di molto la valutazione di rischio e riporterà la pressione su cose che l’Italia può fare e in tempi che potrà rispettare e ciò eviterà il ricorso a soccorsi che destabilizzano l’Eurozona.

Il punto: l’Italia, volendo, può certamente mettersi a posto da sola, con due mosse che rispettino il binario che le è imposto dal mercato, ma con una terza mossa talmente forte e sorprendente di abbattimento, pur parziale, del debito che invertirebbe l’immagine negativa. E che aiuterebbe l’Eurozona a ristabilizzarsi per la riduzione del rischio che l’incapacità italiana causi l’implosione dell’euro.

 

www.carlopelanda.com

Leggi anche

SCENARIO UE/ Il "problema Italia" che decide le sorti dell'euro20 ANNI DI EURO/ Il fallimento europeo che può darci ancora anni di crisiFINANZA/ La “spia rossa” sull’Italexit accesa da Bloomberg