Christian Noyer, influente Governatore della Banca di Francia, si premura di comunicare puntualmente agli investitori la tenuta delle banche transalpine. Tuona, con tipico modo di fare francese, che non esiste “alcun mostro nei bilanci delle banche d’Oltralpe” e quindi dà l’impressione di indignarsi di fronte ai giudizi di Moody’s sul downgrade rifilato a Société Générale e Crédit Agricole. Finché si indigna con Moody’s, indirettamente s’intende, si può essere d’accordo. Ma Noyer, nelle sue esternazioni, dice qualche cosa che nessuno gli ha mai chiesto di dire. In pratica, sostiene che non c’è nessuna intenzione o necessità di nazionalizzare le banche francesi, prendendo come esempio le tre più grandi e più note: Socgen, il Credit e Bnp.
In questo caso bisogna usare un moto francese “Il a pissé au dehors du violon”. In libera traduzione ha creato più danno e confusione di quanto ce ne già fosse. In realtà, se si fanno i calcoli delle perdite in capitalizzazione delle banche francesi a partire dalla fine di luglio si arriva alla percentuale di un -30%. Performance negativa da mettere i brividi alla schiena. E non a caso, da metà agosto, gli istituti di credito francesi sono nel mirino della speculazione.
Ancora oggi, alle 16:00, Socgen perdeva l’8,16% e le altre consorelle transalpine non stavano affatto meglio. Se poi si va un po’ a fondo del problema si scopre che, tranne Bnp, l’esposizione del sistema bancario francese verso la Grecia è secondo solo alla Grecia stessa. Bnp subisce i contraccolpi italiani, per le sue partecipazioni, ma sono altra cosa. In sintesi, la Francia, con in coda la Germania, il famoso asse franco-tedesco, nei confronti del debito greco è in brache di tela.
Quindi una soluzione greca l’attendono sia la Francia che la Germania, anche se fanno la voce grossa e accusano i paesi non “virtuosi”. Vedremo che cosa diranno oggi, a proposito del “caso greco” la signora Merkel, il presidente Sarkozy e il greco Papandreu in conference-call, sperando che non capiti quello che è accaduto dopo la conferenza stampa all’Eliseo tra la Cancelliera e Sarkozy. Un crollo delle Borse per due giornate di fila.
Ora, è inutile girare intorno ai problemi. Il sistema bancario francese è in grande difficoltà e se chiedi a qualche operatore: ci sarà la nazionalizzazione delle banche? Ti senti rispondere: “Credo di no. Lo spero”. Il fatto è che, in Francia la crisi di banche così radicate sul territorio come Socgen e Crédit Agricole è vissuto anche come un peso morale nei confronti dei loro clienti. Société Générale era il “know how” finanziario dell’impresa pubblica francese, una potenza. Crédit Agricole è una realtà tanto diffusa sul territorio da essere un punto di riferimento nazionale. È chiamata familiarmente la banque vert.
Anche queste banche, prima della svolta delle liberalizzazioni degli anni Novanta, erano retail, banche commerciali. Poi c’è stato l’avvento della ormai tristemente famosa banca universale. Così, è stata soppiantata o marginalizzata la celebre Maison Lazard dei fratelli Meyer, che era un gioiello di banca d‘affari, e gli affari, cioè l’investiment banking, hanno cominciato a farlo tutti.
Nei vari settori delle nuove banche universali francesi l’investiment banking non si è tirato indietro di fronte a architetture finanziare sofisticate o forse troppo sofisticate, magari con i soldi raccolti dal retail. Il risultato è che adesso non sanno come uscire da una situazione di grave sofferenza che viene da lontano, dalla caduta del 2008, con i subprime, con i derivati, con i cds.
Sono sempre gli analisti finanziari che spiegano: “Queste banche devono mettersi in testa di fornire una spiegazione credibile ai mercati del loro operato. Altrimenti i mercati continueranno a punirle. E quindi ricapitalizzazioni necessarie, indispensabili in questo momento. Ma forse anche un ripensamento del ruolo della banca”.
Sempre ad ascoltare gli operatori e gli analisti si sente dire che ormai, anche nelle banche francesi, più che l’economia conta l’econometria. Sono i matematici che delineano le strategie. Del resto sono stati due matematici a inventare i derivati. Forse la situazione migliora in Bnp, ma di poco, e tutto il settore è in sofferenza, il che fa affermare che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, in questi tempi sventurati.
Non si capisce a questo punto come il presidente Sarkozy sia in linea con Angela Merkel rispetto agli eurobond. Lo scenario che si sta delineando non è poi tanto complicato. Sui debiti sovrani si assiste ormai a una sorta di “guerra tra poveri”, a “un tutti contro tutti”. In più la speculazione parte dall’America verso l’Europa (ed è un’autentica guerra con altri mezzi, per fortuna) e i cinesi aspettano con pazienza sulla sponda del fiume. Aspettano gli eventi finali di una crisi gravissima per scegliere alla fine quale debito finanziare o comprare, o quello europeo o quello americano come stanno facendo da anni.
Chiunque abbia a cuore le sorti dell’Occidente non può che mettersi le mani tra i capelli in segno di disperazione. Anche i fautori della “grandeur” minore francese.