La stangata, in seguito alle misure restrittive contenute in manovra, arriverà per tutti. Per i cittadini, anzitutto, qualunque sia la categoria di riferimento dal punto di vista della quale si guarda la questione: lavoratori, consumatori, pensionati e risparmiatori. Arriverà anche per le imprese, gli enti locali e per le cooperative. A queste ultime, probabilmente, l’aggravio fiscale peserà di più. Perché non sono mai state abituate a sobbarcarselo. «E perché si trovano già in condizioni di appesantimento tale che potranno continuare a sopravvivere solo se inizieranno a diversificare le proprie utenze e a impostare in maniera completamente diversa l’approccio alla propria funzione», aggiunge, interpellato da ilSussidiario.net, Daniele Marini, Docente di Sociologia dei processi economici all’Università di Padova. Secondo le previsioni, la base imponibile delle cooperative di produzione e lavoro aumenterà del 13 per cento, così come quelle di consumo; nel primo caso, si passerà dal 30 al 43%, nel secondo, dal 55 al 68%. Anche l’aliquota sulla quale applicare l’imposta delle Bcc subisce un incremento, passando dal 27 al 34% (+7%); per le coop sociali, infine, si passa dall’esenzione totale ad una tassazione su una base del 3 per cento. Non si pensi che l’introduzione di un’aliquota – a prima vista – così bassa, o che l’incremento relativamente scarso della tassazione non sortiranno pesanti effetti; «L’anno scorso – spiega, infatti Marini -, durante la crisi, le cooperative hanno saputo reggere meglio delle altre imprese, dal punto di vista dell’occupazione. Hanno attuato misure solidali, come la redistribuzione del lavoro, l’attuazione di part-time, l’autoriduzione della 13esima. Misure portate avanti con l’obiettivo di garantire a tutti l’occupazione e la possibilità di avere un reddito». Tuttavia, su un punto non hanno potuto fare altro che prendere atto della realtà. «Si sono trovate costrette a frenare sul turn-over, stoppando i futuri inserimenti lavorativi». Non solo: «Se le cooperative, in generale, si trovano in grande sofferenza a causa della crisi, quelle di solidarietà sociale stanno peggio delle altre. A causa del loro legame prevalente con la pubblica amministrazione, e degli enormi ritardi che questa accumula nei pagamenti».



Quest’anno, per queste ultime, si aggiungono, quindi, altre due piaghe. «In questo scenario, vengono ulteriormente colpite da due fronti: i tagli agli enti locali e l’introduzione della tassazione». Le conseguenze sono facilmente prevedibili: «un aumento di tassazione di questo tipo, unito alla stretta finanziaria sugli enti locali, mette in seria difficoltà la cooperazione sociale, che difficilmente, potrà continuare a dare sostegno come prima alle famiglie o alle persone bisognose». In questo quadro, è il mantenimento del rapporto prevalente con la pubblica amministrazione il nodo cruciale. «Basti pensare – spiega, esemplificando, Marini – che in Veneto ci sono 400 cooperative di Solidarietà sociale di tipo B (accoglienza di tossicodipendenti, di ex carcerati, ragazze madri, cura dei minori, ecc…), il 55 per cento delle quali ha un rapporto esclusivo con il settore pubblico; l’altro 45 per cento si divide tra chi lavora prevalentemente con privati e chi con le aziende». Perché possano continuare a sopravvivere, non resta altra strada che l’inversione rotta.



«Le cooperative dovranno diversificare i propri committenti, direzionandosi non più solo verso il pubblico». Dovranno, inoltre, iniziare a ragionare come imprese, «ricercando quegli spicchi di mercato – continua Marini  – che esprimano una domanda privata in grado di poter rappresentare un mercato plausibile». Vale un esempio su tutti: «molte cooperative lavorano con  minori. Sappiamo, tuttavia, che per il calo demografico ce ne sono sempre di meno, mentre aumentano gli anziani. Ora: l’incremento degli anziani bisognosi di cure, finora, ha trovato una risposta solamente nelle badanti, con dei costi per le famiglie non indifferenti. E’ impensabile che le coop sociali non si differenzino su questo versante, iniziando a rivolgere l’attenzione anche a un tale fenomeno».



 

(Paolo Nessi