Compare una notizia su un quotidiano che viene titolata in questo modo: “Nuda proprietà” salva anziani. In pratica è allo studio in Liguria, per l’interessamento del sindacato pensionati della Cgil, ma anche per quello dell’assessorato regionale e del Comune di Genova, un modo per risolvere il problema delle persone anziane, magari non più autosufficienti o con redditi molto bassi, che però hanno una casa di loro proprietà.



In sintesi, si tratterebbe di valorizzare questa proprietà e di monetizzarla assicurando un reddito che garantisca una vita migliore a queste persone, che al momento non sono in grado di affrontare spese di adeguamento anche minime per la loro casa e di affrontare dignitosamente la vita quotidiana..

Sinora sono state individuate due strade per monetizzare la casa: la vendita e il vitalizio ipotecario. Ma se ne possono trovare altre, che vanno dalla coabitazione con pensionati autosufficienti ma senza casa, alla costituzione di un’agenzia pubblica che difenda gli anziani dalle “aggressioni” che esistono al momento sul mercato. Su questo argomento che è ormai abbastanza comune in Italia, IlSussidiario.net ha sentito Luca Pesenti, ricercatore in Sociologia alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica di Milano ed esperto di politiche di welfare.



Cosa ne pensa di questo tipo di soluzione?

Si discute molto di come mettere a reddito la proprietà degli anziani che sono inabili oppure che hanno pensioni talmente basse da fare una vita precaria, per usare un eufemismo. Dal punto di vista logico ci sta, fin che è in vita. Ma bisogna a tutto questo aggiungere un ma.

A che proposito va aggiunto questo “ma”?

In casi come questi ritorna sempre fuori il discorso del problema di equità tra generazioni, che è tipico di questo Paese. Se l’anziano, che ha una casa di proprietà, ha dei figli, questi ultimi si vedranno privati di un bene familiare che toccherebbe loro alla morte dei genitori. E questo non mi pare giusto. Ci sono ovviamente dei casi particolari, cioè quello di figli con redditi alti e completamente indipendenti. Ma in linea di principio, e anche nei fatti, ci troveremmo di fronte a un impoverimento del patrimonio familiare.



Quindi come ci si dovrebbe comportare ?

Valutando caso per caso. Scegliendo soluzioni condivise dalla famiglia nel suo complesso, se ci sono dei figli. La possibilità di una rendita derivante dalla vendita della casa potrebbe alla fine portare a una situazione più adatta all’anziano stesso. Ci sono varie soluzioni, comprese quelle che mi ha elencato, nel caso di anziani senza figli. All’occorrenza ci sono Fondazioni, le stesse banche che possono garantire fino alla morte del proprietario di casa il reddito per una vita decente.

Esiste già qualche cosa di simile ?

Proprio in Lombardia esiste il “Dopo di noi”. Si tratta di un fatto specifico, quello di genitori che hanno un figlio disabile e hanno una casa di proprietà. In questo caso si crea una Fondazione, oppure ci si appoggia a una Fondazione. La proprietà, alla morte dei genitori finirà alla Fondazione e questa garantirà vitto, alloggio e tutte le necessità al figlio disabile. Questa è una soluzione che può servire da esempio. In tutti i casi, ripeto, non mi sembrano problemi irrisolvibili. Il concetto fondamentale è non creare disequità tra le generazioni e nello stesso tempo utilizzare il patrimonio immobiliare personale che gli italiani hanno salvaguardato nella loro vita.

 

(Gianluigi Da Rold)