Incubo default. La Grecia è oggi il Paese dell’Unione europea che più è vicina al possibile fallimento, ma dopo il declassamento operato questa notte dall’agenzia di rating Standard & Poor’s nei confronti dell’Italia, anche per il nostro Paese il dramma comincia a farsi ipotizzabile. E’ una situazione, quella della crisi finanziaria, che ogni giorno sembra riservare colpi di scena con le Borse che segnalano dei rossi in continuazione. Ieri è successo così, e il motivo era proprio il fatto che la Grecia possa dichiarare default, bancarotta: in una parola fallimento. C’è anche una data estremamente vicina perché questo accada: il 3 ottobre. Ma cosa vuol dire che una nazione fa fallimento e in particolare, perché il fallimento della Grecia è previsto proprio per il 3 ottobre? Quel giorno il Paese ellenico dovrebbe ricevere la sesta rata del prestito garantito dalla UE, una cifra di circa 8 miliardi di euro. Se tale cifra non dovesse arrivare come previsto, il governo greco non sarebbe in grado di pagare lo stipendio a ben 750mila dipendenti statali. Ecco il fallimento. Il fatto che non riceva tale prestito è dato da una ragione molto semplice: per ottenere tali soldi la Grecia aveva promesso un piano di tagli e privatizzazioni. Ebbene, tali tagli e privatizzazioni non ci sono stati. In totale, il prestito promesso alla Grecia era di 110 miliardi, ma sin da subito la UE aveva avvertito: se non fosse stato messo in atto un piano di tagli e di risparmi il prestito sarebbe stato interrotto. Non solo. Il governo, proprio alcuni giorni fa, ha autorizzato una patrimoniale del valore di due miliardi: Fondo Monetario, Banca centrale Europea e Unione Europea dicono che in realtà si tratta di una manovra del valore di solo un miliardo. Quali tagli dovrebbe fare la Grecia? Mandare a casa il 20% dei 750mila statali, ad esempio, per un anno e con il 60% della busta paga, e con la prospettiva del licenziamento se non si riuscirà a collocarli in un altro ministero. In attesa del 3 ottobre si può anticipare che se la Grecia fa fallimento, avrà due opzioni: restare nell’euro rimborsando tra il 15 e il 35% dei suoi debiti, o tornare alla vecchia dracma. 



Questo significherebbe che l’euro presente nelle banche diventerebbe dracma con una svalutazione e un cambio che al momento non si possono prevedere, ma si pensa del 40 o del 60%. I debiti non verrebbero mai saldati e i creditori cercherebbero di portare via quello che riescono. Risultato finale: l’intero sistema bancario internazionale andrebbe in crisi. E se alla Grecia aggiungiamo l’Italia…

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