«Quello che nessuno ha compreso, dall’inizio della crisi greca, è che la Germania ha deciso di sostituire gli organismi Ue di regolazione e controllo con i mercati. Tutti i governi che hanno giocato con questo meccanismo sono stati puniti. Lo abbiamo visto in Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda. Pensare che lo stesso non possa avvenire in Italia è un’illusione, anche perché quella creata dalla Germania è una situazione che può sfuggire di mano da un momento all’altro». Lo sottolinea il giornalista economico Oscar Giannino a proposito della crisi dell’euro, legata a doppio filo con il rischio credibilità dell’Italia.
Il 29 settembre il Parlamento tedesco dovrà decidere se ratificare l’ampliamento del Fondo europeo di stabilità finanziaria. Sarà la parola fine sull’euro?
No, l’euro ha sicuramente un futuro. I primi a esserne convinti sono i tedeschi, tanto è vero che le due associazioni confindustriali della Germania sono fermissime nel difenderlo perché hanno perfettamente chiaro l’ammontare dell’export aggiuntivo intra-europeo che la moneta unica ha consentito loro. Inoltre, l’euro per la Germania comporta grandi flussi di capitale pagando un tasso di interesse molto basso. I tedeschi quindi non si sognano nemmeno di portare l’euro alla dissoluzione. Il vero punto è un altro.
Quale?
Dall’inizio della crisi greca dovrebbe essere diventato chiaro a chiunque, ma purtroppo non è così, che i tedeschi si sono stancati dell’inefficacia degli organismi Ue nel vigilare e controllare i paesi poco virtuosi. E quindi li hanno sostituiti con i mercati che ogni giorno “danno il voto” e “puniscono” chi non è in regola. Questo nella convinzione che fosse giusto tirare la corda fino al punto da obbligare i governi di tutta l’area euro a prenderne atto. Questa “sostituzione del giudice” è un meccanismo che la politica, sbagliando, tende o a non capire o respingere.
Perché la politica sbaglia?
Perché questa strategia di tedeschi, finlandesi, olandesi e austriaci ha portato a commissariare tutta una serie di governi che all’inizio hanno giocato con questo nuovo meccanismo: Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda. Illudersi che l’Italia ne sia al riparo è un grave errore. Anche perché ormai siamo entrati nella fase finale del braccio di ferro: quello che ha riguardato il commissariamento dell’Italia. E in questa fase finale gli stessi tedeschi si sono dovuti spingere così avanti da creare una situazione tale per cui nessuno può avere la certezza che questo meccanismo non sfugga di mano. E quello che si può configurare è che, senza alcun preavviso, nel giro di 24 ore l’Italia si ritrovi in una condizione molto rischiosa.
Le intercettazioni su Berlusconi, minando la credibilità del Governo italiano, possono aggravare il quadro?
Le dinamiche cui guardano i mercati non sono quelle delle intercettazioni, bensì l’eventuale downgrade dell’Italia da parte di Moody’s. Se questo dovesse avvenire, a seguire ci sarà il declassamento di alcune delle maggiori banche italiane. Se lo spread tra Btp e Bund dovesse superare quota 500 punti base, alcuni istituti di credito italiani entrerebbero infatti nel giro di 36-48 ore nelle condizioni di potersi finanziare con grandissima difficoltà. E ne deriverebbe una serie di conseguenze a catena. Sta di fatto che ovviamente gli ultimi due anni di indagini hanno minato la credibilità internazionale del premier, e quindi Berlusconi non è nelle migliori condizioni per svolgere negoziati europei in prima persona.
La Finanziaria sarà sufficiente per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014?
Molto dipenderà, in primo luogo, dal contesto internazionale. In quadro dell’ultimo trimestre è diverso da quelli precedenti: è in corso una considerevole frenata dei paesi avanzati, sia dell’area americana che europea, a causa dell’eccesso del debito pubblico. E questo accentua la decelerazione del tasso di crescita dei paesi ex emergenti, che dal secondo trimestre di quest’anno, e soprattutto dal terzo, sono in frenata perché si stanno indebolendo le aree di sbocco dei propri manufatti, cioè si sta indebolendo la crescita dei paesi avanzati. Il manifatturiero in Italia quindi, dopo un -12% nel 2009 e un +15% nel 2010, nel 2011 rischia di fermarsi al +5,5%. L’Italia quindi, che cresce troppo poco nel comparto manifatturiero, si trova in un contesto mondiale che non fa che indebolirla.
Ma la manovra quali effetti produrrà all’interno di questa situazione?
La manovra agisce più sull’incremento delle entrate che sul contenimento della spesa, colpendo ulteriormente i redditi disponibili e la domanda interna. L’azzeramento del deficit dipenderà da quante risorse entreranno in più. L’obiettivo del governo è 100 miliardi di euro di nuove entrate nei prossimi tre anni, di cui 70 per l’azzeramento del deficit e il resto a copertura dell’ulteriore crescita della spesa. In buona parte, queste somme dovrebbero provenire dalla lotta all’evasione fiscale, ma il problema è che incrementare le entrate non aumenta la crescita. Questa manovra quindi non è altro che una sfida alla “legge di gravità”, cioè al fatto che aumentando le tasse inevitabilmente si finisce per deprimere la domanda interna e la crescita. Le sue previsioni quindi sono sbagliate, e noi stiamo andando verso un 2012 con un segno meno sul Pil italiano e con un export che andrà peggio rispetto alle attese.
Che cosa ne pensa del piano delle principali banche centrali mondiali per iniettare liquidità nel sistema?
È una cosa che avevamo visto già nel 2008 ed esprime quindi la gravità del momento attuale. Comunque occorre distinguere. Quello di iniettare liquidità è il compito che spetta alle banche centrali e quindi è una scelta adeguata. Mentre non condivido il fatto che la Bce, costretta dai tedeschi, acquisti titoli nazionali. Perché in questo modo si illudono i governi europei di poter delegare alle banche centrali ciò che non vogliono votare nei loro Parlamenti, né raccontare ai loro elettori. La conseguenza è quella di compromettere il ruolo della Banca centrale europea. Siccome la Bce è l’unico vero grande punto di forza di questi dieci anni di euro, indebolirla è un grave errore. Quindi viva gli interventi coordinati sulla liquidità, abbasso gli interventi straordinari tampone per comprare titoli dei debiti pubblici. Ma l’errore più grave è stato commesso fin dall’inizio della crisi greca.
E sarebbe?
Per non dire ai suoi elettori che, nell’interesse comune di tutti i paesi europei, occorreva un meccanismo straordinario di sostegno agli Stati come la Grecia, la Merkel ha costretto la Bce agli acquisti di titoli. Questo ha causato una grave lesione all’Eurotower. Se l’Europa vuole scommettere agli occhi del mercato sull’euro non solo come moneta comune, ma adottando una prospettiva di mercati che vanno verso la convergenza, allora il meccanismo straordinario di sostegno ai debiti pubblici ci vuole, e la politica deve avere il coraggio di dirlo ai propri elettori. Se non ce l’ha, allora il mercato fa bene a scommettere sul fatto che l’euro sia destinato a saltare.
(Pietro Vernizzi)