Dopo il manifesto degli industriali, è la volta della Cgil. Con una lettera aperta pubblicata su Repubblica, il segretario generale Susanna Camusso detta l’agenda al Governo. «Siamo nella secondo fase della crisi mondiale. Sarebbe utile che il governo e le parti sociali dimostrassero di aver imparato qualcosa dalla prima e dagli errori fatti in precedenza per uscirne», afferma, contattato da ilSussidairio.net, Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica del S. Cuore di Milano. Venendo ai contenuti delle rispettive proposte, la Marceglia, numero uno del sindacato delle grandi imprese – in scadenza di mandato – aveva preso nettamente le distanze dal governo. Con un aut aut: riforme immediate, o tutti a casa. Nel dettaglio, le riforme auspicate sono: innalzamento dell’età pensionabile, riduzione del cuneo fiscale, dismissioni del patrimonio pubblico, liberalizzazioni e messa in cantiere di grandi infrastrutture. Di segno opposto le richieste del sindacato italiano con maggiori iscritti. La Camusso, infatti, in esplicito contrasto con gli industriali, vorrebbe il mantenimento dello status quo a livello pensionistico, un maggior impegno dello Stato nell’economia, con la valorizzazione e la qualificazione del pubblico impiego.



Su una cosa, le due leader, si ritrovano d’accordo: più tasse per tutti. Se la Camusso, infatti, parla di ripristino della tassa di successione, che «non escluda i patrimoni societari» e di patrimoniale, la Marcegaglia si dice d’accordo su quest’ultimo punto. E propone di introdurre una tassazione annuale dell’1,5 per mille sui patrimoni. «Nella prima fase della crisi – spiega Campiglio -, negli Stati Uniti, ci si era concentrati sul ripianamento del debito delle istituzioni finanziarie, trascurando l’economia reale e il settore dell’occupazione e delle imprese. L’idea era che, tamponando la crisi finanziaria, le imprese si sarebbero rimesse in movimento». E’ davanti agli occhi di tutti che così non è stato. «Gli Usa presentano un tasso di disoccupazione elevatissimo. Ma, fattore ancora più grave, è  in crescita la disoccupazione di lunga durata». Secondo Campiglio, in una situazione di questo genere occorre dare fiato al sistema delle imprese in maniera tale che i posti di lavoro possano essere mantenuti e aumentati».



Alla luce di questi ragionamenti, la ricetta della Cgil non rappresenta una strada percorribile. «Lo Stato non può essere considerato il datore di lavoro di ultima istanza. Anzitutto perché si produrrebbe un ulteriore incremento del debito pubblico. Inoltre, anche se non avessimo problemi di finanza pubblica, l’esperienza accumulata in trent’anni dimostra che si producono logiche dannose». Anche al Sud, la questione non cambia. «Il sistema si rilancia rivitalizzando la rete delle imprese». Sull’ipotesi di introdurre una patrimoniale, Campiglio è piuttosto scettico. «Data l’emergenza del Paese si può discutere di un’imposta sui grandi patrimoni. Tuttavia, provvedimenti di questo genere, di norma, provocano effetti repressivi. Il rischio maggiormente noto è quello della fuga dei capitali all’estero. O di evasione fiscale. Non essendoci dati certi, infine, non sappiamo neanche quale incidenza effettiva avrebbe nell’ottica del risanamento dei conti pubblici».

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