Cartoline dall’Europa: cds italiano 460 punti base, +12. Spagna 375, +8. Portogallo 1110, +10. Irlanda 736, + 18. Grecia, va beh, lasciamo perdere, siamo nella stratosfera del ridicolo ormai. In compenso, ieri mattina il Tesoro tedesco ha tenuto un’asta da 5 miliardi in titoli a 5 anni (i cosiddetti Bobls), registrando la più bassa ratio domanda/offerta dall’introduzione dell’euro e faticando per non ritrovarsi con parte dello stock non collocata.
Stiamo parlando della Germania, non di Atene. Altro che prese di beneficio, se le Borse hanno smesso di festeggiare come ubriachi a Capodanno il motivo è serio: la Grecia è fallita, il piano salvatutto da 3mila miliardi semplicemente non esiste e se stamattina il Bundestag non dà il via libera all’ampliamento del fondo Efsf, salta il banco e i guadagni record di lunedì e martedì verranno bruciati nell’arco di due ore. Forse meno.
Ormai siamo alle comiche. Il ministro delle Finanze ellenico, Evangelos Venizelos, infatti ha dichiarato che le cifre ufficiali dello swap sul debito greco da parte del settore privato (con haircuts concordati del 21%), nonostante le ottimistiche previsioni greche di un 85% di adesione, non verranno rese note perché strettamente confidenziali. Se davvero si fosse vicini al 90% ipotizzato e posto come precondizione per nuovi aiuti, Venizelos avrebbe tutto da guadagnarci a gridare quelle cifre ai quattro venti nel corso di una conferenza stampa a cui accreditare anche i corrispondenti da Marte: forse, quell’85% finora venduto al mercato appartiene alla stessa categoria dei bilanci statali ellenici aggiustati da Goldman Sachs dopo i currency swaps. E siccome le banche tedesche questo lo sapevano, nelle scorse cinque-sei settimane hanno venduto i loro bonds a qualsiasi prezzo a hedge funds che ora stanno tenendo la Grecia in ostaggio in cambio del nuisance value, quel valore di disturbo che potrebbe mandare davvero i conti in default. E che spiega l’intransigenza tedesca all’ampliamento dell’Efsf e l’apertura a un default con haircuts sul debito del 50%.
Sapete perché? Martedì le Borse europee sono finite sulla luna per il secondo giorno di fila, nonostante la giornata avesse portato con sé la notizia della morte ufficiale dell’ampliamento del fondo Efsf e l’intesa in sede di Commissione Ue per l’introduzione dal 2014 della Tobin Tax sulle transazioni finanziarie, meglio conosciuta come “opzione Tafazzi” visto che porterà come conseguenza la delocalizzazione degli investimenti verso altre piazze a fronte di introiti ridicoli (sono infatti dello 0,01% per le operazioni sui derivati e dello 0,1% sulle operazioni cosiddette “spot” le aliquote minime indicate nella proposta della Commissione europea).
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Insomma, sostanzialmente i mercati stanno comprando regali dalla lista nozze di un matrimonio cancellato da entrambi gli sposi e, oltretutto, pagando con assegni a vuoto. Nella serata di martedì, però, Wall Street ha mangiato quasi tutti i guadagni, dimezzando i rialzi sulla scorta di un’indiscrezione in base alla quale si sarebbe aperto un fronte di netta frattura tra i 17 membri dell’Ue riguardo il secondo salvataggio greco da 109 miliardi di euro, con sette paesi che facevano notare come il carico di svalutazioni per i creditori privati detentori di debito ellenico dovranno essere maggiori del 21% concordato nel piano di swap che il buon Venizelos vuole mantenere segreto.
Le divisioni sarebbero emerse per il fatto che le necessità di finanziamento della Grecia sarebbe ben maggiori di quanto stimato soltanto due mesi fa: all’epoca erano di 109 miliardi di euro, oggi sarebbero di 172, un incremento differenziale di 63 miliardi in due mesi, un dato che annualizzato parla la lingua di 360 miliardi di euro! E chi ha fatto scoppiare il bubbone? Ovviamente, Germania e Olanda che hanno subito spinto per perdite maggiori per il settore privato, mentre Francia e Bce intendono resistere stoicamente contro questa ipotesi. Capito perché le banche tedesche hanno scaricato le loro detenzioni di debito ellenico a qualsiasi prezzo?
Ora Parigi trema. E trema davvero, peccato che le banche francesi siano anche le principali detentrici anche del debito italiano, mentre quelle tedesche hanno tagliato le detenzioni anche di quello, a partire da Deutsche Bank che in luglio ha tagliato l’esposizione da 9 a 1 miliardi di euro. Poco male, dai! La rassicurazione fornita da Angela Merkel rispetto alla crisi greca – «faremo di tutto per aiutare a ricostruire la fiducia nella Grecia» – e il mantra del famoso fondo da 3mila miliardi di euro martedì hanno messo il turbo alle piazze europee, cosa volete che sia un buco di debito un filino più grande?
Peccato che a detta dell’ex capo economista della Bce, Otmar Issing, intervistato dallo Spiegel, «la Grecia non potrà mai rimettersi in piedi, anche se aumenterà le misure di austerity ed è inevitabile che il Paese lascerà l’Eurozona. Atene ha bisogno di un haircut sul debito di almeno il 50% e anche così sarà comunque complicato evitare il contagio». E gli eurobonds, la panacea di tutti i mali, ieri rilanciati con forza dal numero uno della Commissione Ue, José Manuel Barroso? «Sarebbero il becchino di un euro stabile». Beh, non male dai: peccato che a quell’hedge fund sottocapitalizzato che è la Bce non vogliano proprio farselo entrare nel cervello.
Ma come anticipato, siamo proprio alle comiche. Non solo la Grecia avrebbe chiesto una consulenza (lautamente pagata) alla Banca centrale irlandese in tema di stabilità e per evitare la bancarotta, ma da ieri anche la politica di “tassa e incassa” rischia di subire una bella battuta d’arresto. Il perché è presto detto: è letteralmente finito l’inchiostro per stampare i moduli delle tasse e le cartelle non escono dal centro computerizzato del ministero delle Finanze da oltre dieci giorni. Non scherzo, la denuncia al riguardo è stata mossa al governo dal partito di opposizione Nuova Democrazia come un’interpellanza a cui il ministero non ha ancora risposto.
Insomma, le maggiori entrate fiscali che dovrebbe essere una parte sostanziale dei piani di riordino del bilancio nazionale potrebbero quasi certamente dover essere riviste al ribasso a causa di… assenza di inchiostro. Problema duplice, visto che se Atene dirà addio all’euro, non avrà inchiostro per stampare nuove dracme o denaro del Monopoli per poter ripartire: il paradosso sarà che, una volta espulsa dall’Eurozona, Atene ci costerà ancora, visto che dovremo prestarle i soldi per comprare l’inchiostro. E questi parlano di cambio della governance europea, eurobonds, Tobin Tax.. Pensano al nuovo colore delle pareti per una casa che sta andando a fuoco, chiamano l’interior designer invece dei pompieri. Ma si sa, loro hanno il fondo di Batman e Robin, quello da 3mila miliardi di euro, pronto a essere schierato in difesa dell’eurozona…
«Rafforzare l’Efsf è un’idea sciocca e servirebbe solo a far perdere il rating a tripla A ad alcuni Stati», parole e musica di Wolfgang Schauble, ministro delle Finanze tedesco, alle quali, a stretto giro di posta, si sono aggiunte quelle della Bei, istituzione che nelle intenzioni degli “ampliatori” dovrebbe garantire il credito al veicolo a leva da affiancare all’Efsf: «La Banca europea per gli investimenti non è stata contattata in nessun modo e non ha piani che contemplino il coinvolgimento in questo progetto». Ve l’ho detto, i mercati stanno comprando regali dalla lista nozze di un matrimonio cancellato da entrambi gli sposi e, oltretutto, pagando con assegni a vuoto.
Contenti loro, contenti tutti. Peccato che a noi toccherà il conto. E senza la magra consolazione della bomboniera.