“Merkel-Sarkozy, 720° puntata!” è il titolo di un grande giornale inglese, che si riduce a trattare i summit tra il presidente francese e la cancelliera tedesca come una lunga telenovela, come un “tormentone” mediatico dove alla fine non esce mai nulla di concreto, se non buone intenzioni e speranze. Il titolo del giornale lo ricorda anche il professor Marco Fortis, grande economista, vicepresidente della Fondazione Edison, puntuale nell’osservare l’andamento dell’economia e l’attuale schizofrenia dei mercati, o forse la loro “stupidità” momentanea.
Professore, nell’incontro Merkel-Sarkozy è emersa la volontà di arrivare a un accordo ai primi di marzo, con un Trattato sui nuovi vincoli di bilancio, che prevede da subito, e non fra tre anni, la riduzione dello stock del debito pubblico di un ventesimo all’anno. Dato che questo vale per i Paesi che hanno un debito superiore al 60% del Pil, l’Italia non può certo essere felice. Non le sembra un’altra impuntatura rigorista del cancelliere tedesco?
Credo che siano previste delle varianti a questo accordo, quelle che già il precedente ministro per l’Economia, Giulio Tremonti, aveva discusso. E su queste varianti credo che Mario Monti debba mettere dei punti fermi. Già noi, come Italia, siamo a posto per quanto riguarda il deficit. E questo è un passo avanti verso la stessa riduzione del debito. Se si fanno due conti, con il pareggio di bilancio e una crescita anche modesta, intorno allo 0,5%, e un’inflazione al 2,5%, si ha già una riduzione del debito di tre punti di Pil.
Queste varianti riguardano l’andamento del ciclo economico, che in questo momento non appare davvero favorevole. E poi quali altri punti?
Per la verità, non si capisce bene. Se dovessi dare un giudizio complessivo direi che c’è un’alea rilevante: quella di una grande confusione. Ed è questo che sta stimolando la fantasia dei titolisti inglesi e dei vignettisti italiani. Noi siamo stati capaci di fare un onesto avanzo primario e di metterci a posto con il deficit. Ora spero che Mario Monti prenda coscienza di tutto quello che hanno fatto l’Italia e gli italiani e gli auguro un “Merkeldì da leoni”. Voglio dire che nell’incontro con Angela Merkel deve pure rivendicare i meriti dell’Italia e chiedere una coerente linea europea. Spero insomma che Monti si batta per ottenere le misure migliori per l’Italia.
Si continua a parlare di crescita, in Italia e in Europa. Si dice che quello della crescita sia il problema principale, alla luce non solo dei conti pubblici e della crisi del debito, ma anche della disoccupazione. Ma nell’incontro tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy ci si è limitati a promesse piuttosto generiche. Non le pare?
Questo è un riflesso della confusione strategica che esiste nella classe dirigente europea. Quando si è in questo stato confusionale non ci si può che limitare a promesse generiche. Non c’è dubbio che al momento l’Europa, di fronte alla crisi economica e finanziaria, continui a rispondere in modo raffazzonato.
Si è parlato anche di “Tobin tax”. Che cosa ne pensa? Non le pare che la sua introduzione sia un altro punto di frattura tra l’Europa e la Gran Bretagna?
Ci sono molti modi di introdurre la “Tobin tax”. Se ne discute e se ne dibatte da anni. Non credo che questo sia un immediato “nuovo siluro” politico nei confronti della Gran Bretagna. Occorre vedere quale sia il metodo migliore per applicare questa tassa. Il fatto importante è che, qualora venga applicata, valga per tutti i Paesi della zona euro. Altrimenti non so che valore possa avere. È chiaro poi che l’applicazione della “Tobin tax”, che è una tassazione sulle transazioni finanziarie, sia vista come il fumo negli occhi dagli inglesi. Vivono di questo. Questo può approfondire il solco tra Europa e Gran Bretagna e può mettere in difficoltà la mediazione che Monti ha cercato di fare. Ma anche gli inglesi devono decidere se sono europei o meno.
Lunedì nell’asta dei Bund tedeschi, si è addirittura assistito ad acquisti per titoli che danno rendimenti negativi. Non le sembra un paradosso tutto questo?
Che cosa vuole che le dica, siamo arrivati al punto che avere degli investimenti in titoli tedeschi è diventato una sorta di “must”, al punto che ci si autotassa sul rendimento. Ma per comprendere questo fenomeno occorre partire dalla visione dei mercati, che hanno scommesso sulla disintegrazione dell’euro. In questo caso a mio avviso c’è una “stupidità” dei mercati, a cui corrisponde però una “stupidità” della classe politica europea. Se avessero una strategia chiara, tutto questo non avverrebbe.
C’è una Germania che continua a pavoneggiarsi, come se fosse il Paese più forte, più virtuoso.
Sì, Angela Merkel offre proprio questa sensazione. Fra un po’ ci diranno o ci spiegheranno che è meglio tenere i soldi in Germania piuttosto che in Svizzera. Fossi la Merkel starei più attento. Qualcuno ha pure spiegato che l’export tedesco ormai si rivolge all’Asia. Forse non guardano i dati con attenzione. L’80% delle esportazioni tedesche sta nel mondo ricco. Quindi se saltasse l’euro, buonasera anche alla Germania. Basterebbe che in Italia cominciassero a comprare meno Bmw e meno Mercedes a provocare probabilmente dei ripensamenti alla signora Merkel.
(Gianluigi Da Rold)