«Sul settore dei carburanti, il governo interverrà nella parte finale della “filiera”, quindi su distributori e stazioni di servizio al dettaglio. Questo significa che opererà cercando di consentire una maggiore libertà dell’attività di questi gestori che, ricordo, sono proprietari solo per un terzo dei punti vendita, mentre i restanti due terzi sono di proprietà delle compagnie petrolifere che li affidano in gestione ai privati». A spiegarlo a Ilsussidiario.net è Gianmaria Martini, professore di Economia politica all’Università di Bergamo. «In più il margine che il distributore può fare sul prezzo della benzina al litro non è molto alto, circa 3-5 centesimi, e questo significa che può ridurre il prezzo di uno o due centesimi, perché andare oltre vorrebbe dire praticamente non avere alcun guadagno. Quindi la capacità attuale di molti distributori di usare la leva del prezzo è veramente molto limitata, e per questa ragione fondamentalmente la stragrande maggioranza dei distributori non fa altro che replicare i prezzi che vengono suggeriti dalle compagnie petrolifere».



Però, spiega Martini, «il governo potrebbe decidere di liberalizzare innanzitutto gli orari di apertura dei punti vendita, estendendoli per esempio anche alla domenica, e successivamente di ampliare la gamma di prodotti venduti, come avviene già nei punti vendita autostradali, dove si possono trovare snack, bibite ed eventualmente tabacchi. Parliamo quindi di tutti quei prodotti che di sera o in un weekend, cioè quando la grande maggioranza degli altri esercenti è chiusa, possono tornare utili a chiunque. E il fatto di lasciare il punto vendita aperto darebbe al distributore la possibilità di avere dei guadagni anche da una vendita alternativa, con cui eventualmente sussidiare degli ulteriori ribassi sul prezzo della benzina. Da un lato quindi la liberalizzazione degli orari, mentre dall’altro quella dei prodotti venduti».



Il Professor Martini ci spiega poi che «un’altra cosa che il governo può fare è facilitare l’ingresso delle catene di supermercati nella distribuzione, quindi permettere che queste, come avviene soprattutto in Francia, possano aprire molti più punti vendita. Questo porterebbe a una possibilità di riduzione del prezzo perché si avrebbe una combinazione utile da entrambe le parti: la catena di supermercato, vendendo la benzina a un prezzo più basso, può usare anche questa leva per attirare le persone che vengono in macchina; inoltre, il cliente ha la possibilità di sfruttare proprio il fatto che queste grandi compagnie possono vendere la benzina a un prezzo molto più basso: si stima infatti che, se si aprisse a più punti vendita, si avrebbe un risparmio di circa 10-15 centesimi».



La possibilità di aprire invece impianti multimarca, spiega Martini, è «tutt’altro problema: gli impianti che ci sono attualmente in Italia sono regolati dai cosiddetti contratti “colore”, perché la compagnia petrolifera, nel fornire la benzina al punto vendita, vuole “colorare” tutto l’impianto, cioè inserire nel contratto di fornitura una clausola di esclusiva. Di fatto non c’è una ragione legata al ciclo produttivo per cui debba esserci una sola marca di benzina, perché il distributore in realtà potrebbe vendere benzina di marche diverse: la benzina è sempre uguale, e se prendiamo la Super senza piombo non cambia da marca a marca, per cui la differenziazione è più una questione di immagine che sostanziale. Per il consumatore, la modifica di questi contratti in esclusiva potrebbe essere utile, perché potrebbe consentire una differenziazione dei prezzi nello stesso punto vendita; questo potrebbe anche eventualmente permettere, da parte delle compagnie petrolifere, di orientarsi verso un maggiore utilizzo della leva del prezzo».

Non dobbiamo però pensare che questa sia la soluzione dei problemi, «perché in una stazione di servizio con tre pompe di distribuzione e due marche diverse, la gente andrà naturalmente dove il prezzo è inferiore, creando interminabili code. Non bisogna quindi solo consentire la vendita a più marche di benzina, ma si dovrebbe consentire al distributore anche di scegliere di vendere in quella giornata o in quella settimana la benzina che gli costa meno, sfruttando così tutta la capacità di erogazione, altrimenti inevitabilmente si formeranno le code, e sappiamo che il consumatore spesso preferisce risparmiare tempo piuttosto che qualche centesimo. L’Unione Petrolifera ha però bocciato questa soluzione proprio perché costringerebbe le compagnie petrolifere a una maggiore competizione, e perché il distributore avrebbe un incentivo a selezionare chi vende la benzina a un prezzo più basso, selezionando quindi la miglior compagnia petrolifera per conto del consumatore».

 

(Claudio Perlini) 

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