I vecchi socialisti di fine Ottocento chiamavano Napoleone III “il piccolo” e Napoleone Bonaparte “il grande”. Come si dovrebbe definire oggi Nicolas Sarkozy? Probabilmente, in conformità con i tempi e l’anglomania dominante, il Presidente francese rischierebbe di finire nel rango di “mini-Napoleone”. È la sua “grandeur” che è apprezzata a buon mercato, la sua supponenza che lo tradisce. Sarkozy ha fatto il “diavolo a quattro” quando ha visto nel “mirino” delle agenzie di rating la “tripla A” della Francia. Ma è da fine novembre che tutti sapevano, anche se continuava la telenovela Merkel-Sarkozy, che Standard&Poor’s avrebbe garantito un “regalo” al marito di Carlà.



Così, questo venerdì 13 gennaio 2012 passerà alla storia: la Francia ha perso la sua “immacolata verginità” finanziaria. E si aggiunge alla lunga lista dei paesi europei declassati. Con la tripla A, resterebbero ormai Germania, Olanda, Belgio e le due “poderose potenze”: Lussemburgo e Finlandia. Da un certo punto di vista, il fatto del downgrade è grottesco, dall’altro lato si può dire che il “mini-Napoleone” se lo è quasi cercato.



Andiamo con ordine. Questo nuovo downgrade dimostra tutta l’inattendibilità delle agenzie di rating e la necessità di una riforma di questo sistema finanziario internazionale, dominato da una oligarchia che ci ha portato se non alla bancarotta, almeno molto vicino al default. Questa oligarchia transnazionale, attraverso i mercati, come diceva il professor Marco Fortis qualche giorno fa, ha scommesso sulla disintegrazione dell’euro e continua a scommetterci.

L’attacco all’Italia c’è stato ed è stato duro (e continua), al punto che è saltato un governo ed è arrivata la novità di un “esecutivo tecnico” con una manovra “salva Italia” talmente dura che persino la signora Angela Merkel ha dovuto ricredersi sugli italiani. Non S&P’s, che ha fatto un altro pesante downgrade a Italia, Spagna e Portogallo.



Era inevitabile pensare che i mercati, puntando sempre sulla caduta dell’euro, abbiano cambiato obiettivo. Lo si diceva già a novembre. Sono passate poche ore dal’incontro tra Angela Merkel e Mario Monti, poche ore da quando lo spread dei Btp italiani è sceso sotto i 500 punti ed ecco che Standard&Poor’s tira fuori dal cassetto un giudizio che aveva già stilato nell’autunno del 2011.

Fa crollare le Borse europee in chiusura e rilancia l’allarme sui debiti sovrani. E lo fa con la consueta impudenza di queste sedicenti agenzie di rating, che nel 2008, bilanci alla mano, continuavano a dare la tripla A a Lehman Brothers che era già fallita, come l’avevano data a Enron, a Parmalat, ai subprime e alle relative cartolarizzazioni. Lo fa a mercati naturalmente aperti, come se fosse immune (lo è di fatto!) da qualsiasi reato come l’aggiotaggio o l’insider trading. Altro che spinta al libero mercato. Piuttosto una “trimurti” (con Fitch e Moody’s) che ha un oligopolio mondiale sulle fortune di imprese, banche, Stati, permettendosi giudizi anche di carattere politico degni di miglior causa.

Se a questo punto si fa l’elenco delle “topiche” e delle volgari “incursioni” delle agenzie di rating sul mercato finanziario si può scrivere un secondo Decamerone, meno divertente e meno grandioso, ma certamente “boccaccesco”. Detto questo, che va detto una volta per tutte, veniamo alle mosse del “petit Bonaparte”. Rideva il “guascone” di nascita ungherese nei vertici europei quando si parlava dell’Italia e di Berlusconi. Faceva le smorfie, non con la sinuosa Carlà, ma con la più appesantita Angela Merkel, stabilendo di fatto un “asse” franco-tedesco improntato al rigore e a una funzione a scarto ridotto della Bce. Pur avendo i conti in casa che non tornano più: un debito pubblico che è ormai sul 90% del Pil, un deficit oltre il 7% e, soprattutto, delle banche colabrodo, con il portafoglio imbottito di titoli tossici, da assomigliare a una discarica.

Eppure Sarkozy non ha rinunciato al suo ruolo di playmaker inopportuno, stilando giudizi, facendo e disfando, litigando platealmente con il leader inglese David Cameron. Non sono dettagli questi nella storia delle relazioni pubbliche tra Stati. E non saranno dettagli neppure per gli elettori francesi, quando andranno alle urne tra qualche mese per, probabilmente, allontanare dall’Eliseo l’attuale Presidente francese.

Fatte tutte queste considerazioni, che dimostrano la pochezza dell’attuale classe dirigente europea e la prepotenza dell’oligarchia finanziaria di oltre Atlantico, restano i guai per tutti i cittadini europei, che si trovano governanti da “dilettanti allo sbaraglio” che non hanno ancora compreso che l’attacco a un Paese europeo non è un attacco dispettoso a un singolo membro dell’Unione, ma è un attacco all’euro, a tutta l’Unione.
Aspettate qualche mese e vedrete che anche la signora Merkel, per qualche assillo, comincerà a ritornare in linea, perdendo qualche chilo di troppo.

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