«Avere la responsabilità di una banca in questo periodo è un mestiere difficile e non comodo». Così Carlo Fratta Pasini, Presidente del Consiglio di Sorveglianza del Banco Popolare e di Assopopolari, comincia a descrivere la difficile situazione che oggi gli istituti di credito incontrano, schiacciati come sono dalle tanto discusse richieste sui coefficienti patrimoniali giunte dall’Eba, l’Autorità bancaria europea, e dalla volontà di rispondere alla loro vocazione, specie nel mondo delle banche popolari e di credito cooperativo, di fornire liquidità a imprese e famiglie in un momento difficile come quello attuale. Assopopolari e Federcasse, che hanno sottoscritto un patto di consultazione e collaborazione permanente (presentato venerdì scorso), rappresentano del resto il 41,4% degli sportelli sul territorio nazionale.



Come mai, nonostante i tassi ufficiali di sconti ai minimi storici, quelli praticati agli sportelli per mutui e prestiti restano elevati?

Dobbiamo partire dal presupposto che il sistema bancario italiano non riesce ad accedere ai mercati dei capitali internazionali. Anche le banche che soddisfano i requisiti imposti dall’Eba incontrano questo ostacolo. In questo momento la concorrenza sul mercato interno della raccolta sta facendo salire i costi e questo si traduce in un aumento dei tassi che vengono praticati dalle banche.



I provvedimenti della Bce potranno dare una mano per migliorare questa situazione?

Gli interventi sulla liquidità stanno cominciando a portare un certo beneficio, ancorché non molto significativo. Credo che tutti i provvedimenti vadano nella direzione corretta, tranne quelli presi dall’Eba, i quali, data la tempistica prevista per la loro applicazione, rischiano di acuire gli effetti recessivi anziché di contrastarli.

In effetti sono stati considerati i titoli di stato in pancia alle banche e non, per esempio, i derivati e altri titoli pericolosi. Cosa che penalizza il nostro sistema bancario dai più considerato solido.



Come Associazione nazionale fra le banche popolari, ci ritroviamo perfettamente nella posizione espressa dall’Associazione bancaria italiana (Abi): le scelte dell’Eba sono discutibili nel metodo, nel merito e nella tempistica. Credo e spero che anche la Banca d’Italia e il nostro governo facciano proprie queste legittime considerazioni.

Pensate di prendere iniziative particolari contro i provvedimenti dell’Eba?

Gli istituti bancari sono organismi che restano soggetti a delle autorità, è perciò chiaro che devono adeguarsi alle regole che vengono stabilite. Detto questo, l’Abi ha già preso in considerazione iniziative di tipo legale. Credo che ora sia il momento di fare tutto il possibile perché vengano aggiustate le decisioni prese, anche in considerazione degli effetti che esse hanno.

 

Quali sono questi effetti?

 

Queste regole rendono le attività finanziarie meno rischiose rispetto a quelle del credito. Giocoforza hanno quindi l’effetto di spostare gli intermediari dal sostegno all’economia reale alle attività finanziarie. Credo che sia giusto trovare delle regole che diano maggior sicurezza, tranquillità e aiutino a ripristinare la fiducia, ma non che abbiano quegli effetti pro-ciclici che, per lo meno nel nostro Paese, con tutta probabilità avranno.

 

Quali conseguenze si potranno avere per le banche a voi associate?

 

Non penso che ci saranno problemi di continuità dell’attività delle nostre banche. Il sistema bancario italiano è per certi versi “autarchico” sotto il profilo della raccolta e può contare anche sul sostegno delle istituzioni centrali europee. Questo sistema può anche andare avanti a “tempo indeterminato”. Il problema vero è un altro.

 

Quale?

 

Certamente si imporranno politiche più restrittive sul credito e molto attente sul finanziamento all’economia reale. Non c’è niente di drammatico alle porte, ma il sistema bancario non potrà fare compiutamente la sua parte per assecondare un movimento anti-ciclico che contrasti la recessione. Non ci sarà un’attività di credito tale da aiutare a invertire il trend recessivo dell’economia reale. E se l’economia non cresce si rischia di vanificare anche lo sforzo di risanamento dei conti pubblici che l’Italia sta portando avanti.

 

Non pensa che sia il caso di superare il modello di banca universale con il ritorno alla distinzione tra banche commerciali e di investimento?

Non credo che si vada verso un ritorno a un passato. Ritengo piuttosto che nell’ambito delle banche universali i singoli istituti sapranno decidere di specializzarsi su determinate attività rispetto ad altre. Probabilmente non ci sarà quindi una segmentazione giuridica, ma un ritorno a una specializzazione per le banche.

 

Le previsioni e le stime per il 2012 sono negative. Lei cosa ne pensa? Dobbiamo rassegnarci al pessimismo?

 

Riprendendo una celebre citazione mi verrebbe da dire: “Non sono io che sono pessimista, è la realtà che è pessima”. Detto questo, credo che dobbiamo essere tutti ottimisti, nel senso che senza dubbio quest’anno si apre con delle problematiche gravi e importanti, ma dobbiamo anche ricordarci che sono successe cose positive grazie alle quali possiamo nutrire una ragionevole e concreta speranza.

 

A che cosa si riferisce?

 

Mi sembra che nel Paese ci sia coesione e voglia di superare la crisi. Nelle imprese c’è forte desiderio di uscire dall’angolo. Tra le parti sociali mi pare che prevalga un senso di responsabilità. La disponibilità degli italiani a fare dei sacrifici è diffusa, purché si colga il loro significato e si possa riprendere una prospettiva di crescita. Se si ricrea questo tipo di fiducia e di condivisione sul fine, credo che sarà possibile affrontare i sacrifici che per forza di cose dobbiamo fare.

 

(Lorenzo Torrisi)