Luigi Campiglio, docente di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, ha già spiegato a ilsussidiario.net che si sta entrando nel “trimestre nero” e che occorre prepararsi alle “Idi di Marzo”. Oggi non cambia opinione, nonostante le rassicurazioni e le esortazioni che arrivano come gli auguri di “buon anno”, scongiurando nefaste previsioni Maya e di Nostradamus. Il 2012 sarà un anno difficile soprattutto nel primo trimestre, ma lo sarà se nel mese di gennaio non si agirà in fretta sul sistema finanziario internazionale.



Professor Campiglio, la Bce è intervenuta fornendo liquidità alla banche, in modo che possano acquistare titoli di stato. Nonostante questa liquidità, il credito ancora fatica ad arrivare all’economia reale.

Indubbiamente, al momento, l’operazione della Banca centrale europea ha messo un argine sui titoli di Stato. Ma se allo stesso tempo bisogna dire che non c’è una spinta perché questa liquidità rientri nel sistema economico. E in questo modo restiamo ancora in difficoltà.                                      



Nel frattempo anche la manovra del governo Monti ha dato benefici alle banche, mentre gli italiani sono stati tartassati.

Effettivamente questo rilievo è corretto, anche di fronte alla grande pressione fiscale che ci è imposta. Il problema è che ci si ritrova oggi in una situazione come quella del 2009, con i grandi gruppi bancari che vogliono mantenere la loro liquidità, anche di fronte a un nuovo inizio di fuga dei depositi. In parte questo è già cominciato, inutile nasconderlo. Nel 2009 gli americani, di fronte a un fatto simile aumentarono i fondi di garanzia dei depositi.

Ma in questo modo, non le sembra che il sistema finanziario internazionale sia ormai bloccato?



Si, questo sistema è bloccato e se si attendono i tempi fisiologici che vogliono i banchieri, è probabile che una serie di imprese vadano per aria, cioè siano destinate al fallimento. Questo sistema bisogna riformarlo al più presto. Anzi, vorrei aggiungere che, entrando appunto nel “trimestre nero”, occorre che questa riforma venga fatta a gennaio, perché poi a febbraio e a marzo ci sono scadenze per rifinanziare il debito con aste sui titoli di stato di grande importanza. L’appuntamento è proprio quello che io chiamo delle “idi di marzo”. Non è un problema da prendere sottogamba. Anzi è a mio parere un problema cruciale.

Sembra poi che si stia accettando un modello di sviluppo dove la famiglia ha un’importanza quasi relativa e che si stiano prendendo gli attuali sviluppi demografici e i relativi flussi immigratori, sia in Italia che in Europa, senza battere ciglio.

Ho letto recentemente un rapporto dell’Istat che mi sembrava un poco sopra le righe. Ma, a parte questo, sono rimasto impressionato da un titolo del L’Unità di qualche giorno fa: “Gli immigrati ci salveranno”. A mio avviso questa è una linea disastrosa. Facciamo solo alcuni conti: nel giro di sette anni noi abbiamo accolto 5 milioni di persone, ma il Pil pro capite degli italiani è diminuito. Nello stesso tempo la popolazione italiana residente, tra i 20 e i 40 anni, è diminuita. Ora, non considerare queste cose, rassegnarsi di fronte a questo modello di sviluppo, significa aver perso il legame con i fatti e andare verso un rapido declino.

 

In Italia, Paese cattolico, sembra che siamo degli specialisti a non fornire alcuna seria politica di sostegno per le famiglie.

 

Queste cose le dico da anni e anch’io rimango sorpreso. Alla fine noi accogliamo tutti e stiamo male noi e quelli che arrivano. Mentre guardo, ad esempio, alla Svezia, che è un Paese in forte crescita. Lì, l’immigrazione è di alto livello e ora hanno deciso di aprire a un livello medio. Insomma, c’è una forma di regolamentazione. Puntare invece su un modello di sviluppo dove si dice che “gli immigrati ci salveranno” significa un disastro. E poi è anche sbagliato.

 

Perché?

 

Le bandati ucraine che vengono da noi, una volta mandati i risparmi a casa e quando il loro Paese crescerà, ritorneranno, tra cinque o sei anni, in Ucraina. E allora, che cosa faremo? Mi sembra che in questo modo possiamo aggiungere danni a quelli già fatti.

 

(Gianluigi Da Rold)

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