«Buona parte dei provvedimenti contenuti nel decreto liberalizzazioni non fanno altro che “fotografare” una realtà che esiste già. I singoli ordini professionali negli scorsi anni hanno già avviato una riforma interna, che il pacchetto Monti in molti casi si limita a recepire». È il commento di Alessandro Solidoro, presidente dell’ordine dei Commercialisti di Milano, sulla norma che sarà approvata oggi dal Consiglio dei ministri. Per l’esperto, più che rappresentare una rivoluzione la riforma di Monti si limita a proseguire sulla stessa linea del “decreto stabilità” approvato da Tremonti lo scorso agosto. Anche se esistono alcune novità che invece di favorire una concorrenza trasparente rischiano di ostacolarla. Prima fra tutte l’abolizione totale delle tariffe minime, sulle quali l’ordine dei Commercialisti consente già di derogare, pur mantenendo un riferimento in modo che gli utenti del servizio possano fare un raffronto.
Dottor Solidoro, è soddisfatto delle novità contenute nel decreto liberalizzazioni?
La liberalizzazione delle professioni prevista dal governo è figlia del decreto di stabilità dell’agosto 2011. Pur avendo introdotto alcuni provvedimenti sul tirocinio, le tariffe, l’accesso alla professione e la pubblicità, in buona parte sono fenomeni di innovazione che la maggioranza delle professioni italiane avevano già adottato nei loro ordinamenti. Ci sono quindi pochi elementi di vera novità. Su questo ambito di riforma da parte dei dottori commercialisti c’è un atteggiamento di generale condivisione. L’unica perplessità è sulla norma che prevede l’accesso delle società di capitali nelle società professionali. Si tratta di un provvedimento che ha una portata amplissima, e che va regolamentato in modo più preciso. Occorre infatti riflettere sul potenziale conflitto d’interesse tra alcuni soci di capitale e lo svolgimento delle prestazioni professionali, soffermandosi sul meccanismo di governance e di remunerazione.
Da domani però i professionisti italiani saranno costretti ad accettare una maggiore concorrenza…
Innanzitutto, occorre tenere conto di un dato: i dottori commercialisti in Italia sono 120mila contro i 30mila della Francia. È quindi sbagliato affermare che in Italia vi siano pochi professionisti, in quanto lo stesso vale per esempio anche per gli avvocati, quasi 300mila in Italia, un numero che non ha paragoni a livello globale. Se per concorrenza si intende poter scegliere tra un adeguato numero di professionisti, il loro numero in Italia è già fin troppo ampio.
Il decreto del governo Monti è stato presentato come un punto di svolta per le professioni…
La libertà di pubblicità e la formazione professionale continua, introdotte dal governo Monti, per i dottori commercialisti esistono già da diversi anni. Il processo di riforma è quindi già stato attuato autonomamente da parte di diversi ordini professionali. Sui passi in più che vengono richiesti, bisognerà valutare con un po’ d’attenzione se si ottiene veramente il risultato di ampliare la concorrenza, o se invece si creano delle situazioni di maggiore criticità.
In che senso?
Il decreto Monti dà efficacia generale ad alcuni principi che l’ordinamento dei dottori commercialisti aveva nel tempo già recepito. Sotto altri profili invece è sicuramente innovativo, per esempio sull’abolizione delle tariffe minime. I commercialisti hanno già previsto che non sia sanzionabile la pratica delle tariffe inferiori ai minimi. Cosa diversa però è dire che le tariffe non esistono, perché in questo modo viene meno un riferimento utile per l’utente, che può consentirgli di decidere liberamente. Un professionista può chiedere una cifra più elevata dello standard, spiegando al cliente che le sue prestazioni sono di qualità superiore. O al contrario chiedere di meno, perché nel suo studio il lavoro è organizzato meglio. Ma l’importante è che tutto ciò avvenga in modo trasparente per l’utente.
Che cosa ne pensa del dibattito sull’utilità degli ordini professionali?
Gli ordini oggi sono una garanzia sulla parità delle prestazioni che rendono i propri iscritti. Sovrintendono inoltre a una funzione disciplinare e verificano lo svolgimento della formazione: l’appartenenza a un ordine professionale è quindi una garanzia. Ovviamente con tutte le eccezioni del caso, perché i comportamenti negativi possono annidarsi ovunque. Statisticamente un professionista iscritto a un ordine che esercita una vigilanza è più in grado di avere un comportamento corretto rispetto a chi invece non vi è soggetto.
Parla solo per i Commercialisti, o per gli ordini in generale?
Non so dire se qualche ordine risponda a logiche diverse, ma che questo implichi una critica globale al sistema è un altro discorso. Un ordine può non funzionare per moltissimi motivi, ma resta il fatto che in generale gli ordini professionali sono indispensabili. Su quello dei commercialisti sono sereno e credo che altri ordini abbiano le stesse caratteristiche del mio.
I Caf e le associazioni di categoria possono offrire da tempo dei servizi fiscali gratuiti. Questa non è già una forma di concorrenza nei confronti dei commercialisti?
La concorrenza nei confronti dei commercialisti è nettamente più ampia oggi di quella che esista per molte altre professioni. E questo per il semplicissimo motivo che noi non abbiamo nessuna forma di attività riservata. Siamo abituati a confrontarci sul mercato con altri soggetti, ciascuno dei quali può svolgere alcune delle nostre attività. I commercialisti non hanno un riconoscimento di esclusiva, ma di specifiche competenze. Non siamo quindi spaventati dal mercato, anche perché i nostri clienti sono il mercato stesso, formato dai cittadini e dalle imprese che valutano la convenienza comparata delle nostre prestazioni. Evidentemente la convenienza sul mercato è legata a una qualità delle nostre prestazioni percepita come diversa da quella fornita da altri soggetti. Le nostre forme di tutela sono la capacità e il merito, e non invece la riserva o lo steccato.
(Pietro Vernizzi)