Colpite di striscio, anzi, lambite a malapena, con una certa fatica le banche si accorgeranno del varo del pacchetto liberalizzazioni. Il governo aveva promesso la metamorfosi del Paese, a partire dall’erosione di tutte le rendite di posizione acquisite nel corso degli anni all’interno di ogni settore della vita pubblica ed economica del Paese (e può darsi che, in parte, abbia tenuto fede all’impegno); eppure, sul fronte dei privilegi di cui godono gli istituti di credito manifesta un atteggiamento schizofrenico. «Non mi sorprende che il governo dei banchieri non abbia toccato le banche», commenta, raggiunto da ilSussidiario.net Gianni Dragoni, inviato de Il Sole 24 Ore, autore del recente “Capitani coraggiosi – I venti cavalieri che hanno salvato Alitalia e affondato il Paese” (ed. Chiarelettere). «Del resto, tra i ministri di spicco dell’esecutivo – continua  – vi è Corrado Passera, che difficilmente potrebbe scardinare il sistema di potere e reddito degli istituti di credito». A parole, Monti si era impegnato, in parte, a farlo: «Quando il presidente del Consiglio annunciò 30 miliardi di nuove tasse, disse anche che avrebbe cercato di indurre le banche e le società di carte di credito a ridurre le commissioni; anche perché da lì a poco sarebbero aumentati i pagamenti per via elettronica, in virtù della misura che vieta quelle in contanti sopra i mille euro. Non mi pare che ci siano state iniziative in questa direzione».



Secondo Dragoni, l’esecutivo avrebbe potuto agire anche su altri versanti. «Avrebbe potuto, ad esempio, chiedere maggiore trasparenza relativamente ai costi dei conti correnti, o stabilire dei tetti per quelli delle operazioni bancarie». Il perché di una tale remissività è semplice: «Il governo nei confronti dei cittadini e degli elettori ha un atteggiamento paternalistico, ma sta dalla parte dei più forti». Alla banche è stata data copertura per l’emissione di obbligazioni. Alcuni sostengono che avrebbe potuto fare altrettanto peri prestiti alle imprese. «Personalmente – dice Dragoni – credo che se tutta l’attività bancaria dovesse ottenere garanzie di copertura, si determinerebbero per l’amministrazione pubblica rischi enormi legati alla possibilità di insolvenza delle aziende».  Secondo Dragoni, tuttavia, si è ancora in tempo per introdurre dei provvedimenti tali da facilitare lo sblocco del credito alla produzione. «Ad esempio, si potrebbe vincolare la copertura delle obbligazioni a una quota minima di credito erogato alle imprese».



Del resto, il governo ha modo di intervenire, non necessariamente attraverso delle leggi. «Da più di un anno le banche italiane si riempiono le tasche di titoli di Stato, nonostante questo diminuisca il loro valore azionario. E’ evidente che qualcuno le ha spinte a farlo. Quel qualcuno – prevalentemente l’autorità politica – potrebbe anche invitarle ad aver maggior attenzione per il credito alle imprese». 

 

(Paolo Nessi)

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