Una boccata d’ossigeno per le imprese, doverosa e attesa da tempo; ovvero, 5,7 miliardi di euro (su circa 80) che una norma presente nel decreto liberalizzazioni sblocca per i pagamenti dovuti dalle pubbliche amministrazioni alle aziende. Due dei quali potranno essere erogati in Bot. Una buona notizia, si direbbe. Salvo che alcune righe contenuta nella norma non nascondano l’inghippo: «Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze – si legge nel testo – sono definite le modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui al periodo precedente e sono stabilite le caratteristiche dei titoli e le relative modalità di assegnazione nonché le modalità di versamento al titolo IV dell’entrata del bilancio dello Stato, a fronte del controvalore dei titoli di Stato assegnati». Per intenderci: «Resta da capire se, chi dovesse rifiutare il pagamento in Bot, accederà direttamente, in ogni caso, al pagamento in contanti; o se, nel caso, contrario, l’accettazione del pagamento in Bot sarà reso obbligatorio, pena la perdita della possibilità di essere pagati in tempi rapidi», è la riflessione di Giovanni Marseguerra, professore di Economia politica presso l’Università cattolica di Milano contattato da ilSussidiario.net. «A seconda, infatti, di quanto disporrà l’ulteriore decreto del ministero, il rischio è che la questione venga rimandata all’infinito», aggiunge.
Vediamo, tuttavia, perché la misura è più che mai necessaria: «Nello scorso anno – spiega – si sono suicidati una quarantina di imprenditori. Gran parte di questi lo hanno fatto perché in enorme difficoltà a causa dei mancati pagamenti da parte della amministrazioni pubbliche». Un dato agghiacciante. «Gli imprenditori, soprattutto quelli piccoli, fanno un’enorme fatica in questi casi. Loro stessi devono pagare i fornitori. E, quando la committenza si rivela insolvente, hanno solamente due possibilità: rivelarsi anch’essi insolventi, determinando un pericolosissimo circolo vizioso; o rivolgersi alle banche, gli elevati tassi d’interesse delle quali rappresentano la premessa per la determinazione di ulteriori difficoltà». Il tutto, provoca danni in termini macroeconomici. «Se le imprese non vengono pagate, si inceppa tutto il funzionamento del sistema economico. Un’impresa che non viene pagata è destinata, infatti, prima o poi, a chiudere».
In qualunque Nazione civilizzata, pratiche del genere non sono lontanamente contemplabili. «Il nostro Stato è in assoluto tra coloro che pagano con i maggiori ritardi: nelle pubbliche amministrazioni, in Italia, nel 2010, il ritardo medio rispetto al giorno pattuito per i pagamenti è stato di 86 giorni, in Germania di 11, in Gran Bretagna di 19, mentre la media Ue è di 27 giorni». Tutto ciò ha delle ragioni ben precise: «Usciamo da decenni in cui ha dominato una cultura in cui lo Stato poteva disporre, sostanzialmente, a suo piacimento; uno Stato “benevolente” nei confronti dei suoi sudditi, tale per cui anche quando ciò che si ottiene non è niente di più di ciò che ci spetta ci si ritiene privilegiati». Vi è, tuttavia, un altro elemento culturale determinante: «Si è installata nella mentalità comune l’opinione in base alla quale l’imprenditore, già in partenza, è inficiato da una sorta di colpa originale, per cui va guardato con sospetto».
Tornando al decreto: «Esiste una direttiva europea che impone alle pubbliche amministrazioni il pagamento delle fatture entro 30 giorni. Se l’Italia recepisse la direttiva faremmo un passo in avanti enorme». Rispetto, infine, al provvedimento del governo, conclude: «Viene sbloccata una quota significativa che consente, quantomeno, di adempiere ai pagamenti più urgenti e impellenti. Se questo permetterà a qualche migliaio di aziende di salvarsi, sarà già un risultato enorme».