Bocconiano “doc”, docente di Organizzazione aziendale, Paolo Preti guarda con attenzione il “pacchetto” delle cosiddette semplificazioni, cioè il decreto apparso venerdì dopo un lungo consiglio dei ministri con il titolo di “Semplifica-Italia”. Chi studia l’organizzazione delle aziende è con tutta probabilità la persona più indicata a dare un giudizio complessivo su questo “decreto settimanale”, che dovrebbe non solo liberalizzare la società italiana, ma porre anche le condizioni per una crescita del Paese. Ma si comprende subito che anche Paolo Preti, da economista, si aspettava qualche cosa di più.



Che cosa ne pensa, in sintesi brutale, di questo “Semplifica Italia”? In altri termini qualche impatto avrà sulla vita delle aziende?

Viene spontaneo dire, pur con tutto il rispetto per l’azione del Governo, che questo tipo di provvedimenti incidono poco o nulla sulla vita delle aziende italiane. Non voglio contestare la filosofia di questi interventi, che alla fine è giusta, indubbiamente, ma ne sto valutando la reale portata, la reale consistenza. Siamo ancora all’inizio, ma questo è davvero poco.



Il fatto che sia stata costituita una Banca dati nazionale dei contratti e che si riduca la documentazione richiesta alle aziende, vale a dire che non venga ripetuta ventisette volte, può essere una scelta utile.

Certo, ma non è questo il vero punto che può risolvere il problema delle aziende italiane, non è questo quello che può modificare la realtà in cui vivono. Io resto piuttosto stupito di fronte ad alcuni provvedimenti e sono costretto a fare alcune considerazioni. Questo è un “governo di tecnici”, con una maggioranza parlamentare incalcolabile. Che problema hanno ad attuare provvedimenti di grande portata? Alla fine, l’unica riforma, secca e perentoria, è stata fatta sulle pensioni. Ma c’è ben altro da fare. Ora i provvedimenti che sinora, a parte le pensioni, sono stati varati potrebbero essere tipici di un governo normale, politico, come il precedente governo Berlusconi. Ma da un governo di questo tipo, da un “governo di tecnici” mi aspettavo – e credo si possa dire che ci si aspettava – molto di più.



C’è qualche cosa che l’ha colpita in modo particolare?

Beh, che dopo due ore di discussione, si sia arrivati a dire che bisogna affrontare con la dovuta cautela il problema del valore legale dei titoli di studio, mi ha lasciato veramente perplesso. Anzi più che perplesso. Ma se sono venti anni che stiamo scrivendo sui giornali che bisogna abolirlo? Adesso si scopre, dopo una discussione di due ore, che si deve approfondire l’argomento ? Questo mi è sembrato un po’ eccessivo da parte di un governo dei tecnici.

Lei si aspettava di più da questo Governo?

Sì, lo dico sinceramente, mi aspettavo di più. Mi arrivano anche notizie che sulla riforma del mercato del lavoro alla fine la svolta della contrattazione aziendale non passerà e alla fine Susanna Camusso, con la sua linea di difesa del contratto unitario nazionale, la spunterà. Ora, è vero che questo governo ha messo i conti in sicurezza, soprattutto con le pensioni, ma si può replicare che se passava il famoso “scalone Maroni”, si otteneva la stessa cosa.

C’è un problema di credibilità internazionale del governo italiano che invece viene riconosciuta. Monti sembra avere in mano la possibilità di sedersi al tavolo delle trattative europee con buone carte in mano.

Questo è senz’altro vero. La credibilità del governo italiano a livello internazionale è cresciuta. Ho notato che anche la riduzione dello spread comincia a farsi consistente. Ieri è sceso sotto i quattrocento punti. Ma visto l’andamento della situazione economica, quello dell’Italia e i provvedimenti da prendere, allora c’è da dire che il problema era solo d’immagine, non di contenuti. Il problema era l’immagine di Berlusconi non quello dei contenuti economici dell’Italia.

Dunque anche con questi provvedimenti, non è cambiata la situazione di crisi del Paese e la crescita è ancora lontana, nonostante il passaggio dal governo Berlusconi a quello di Monti.

Mi sembra che questo sia quello che si coglie maggiormente. La politica economica è la stessa, la situazione anche, ma l’apparenza e la credibilità sono cambiate.