«Marchionne di rado dice una cosa che non pensa, anche se certe volte può apparire paradossale. Se qualcuno gli domandasse: “Lei venderebbe la Ferrari?”, lui sicuramente risponderebbe “Se il prezzo è giusto, perché no?”. In questo è sbagliato leggere una volontà di vendere la Ferrari, e si tratta senza dubbio di una risposta sincera». Il giornalista economico Ugo Bertone commenta in questa intervista per IlSussidiario.net le ultime dichiarazioni dell’Amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, che al Detroit Free Press ha spiegato che la fusione tra Fiat e Chrysler verrà certamente ultimata, ma solo dopo il 2015, «a meno che non finisca sotto un pullman», ha scherzato Marchionne. Il 2013, continua a spiegare, sarà un anno importantissimo per Chrysler, vista l’uscita di ben otto nuovi modelli da parte della casa di Detroit, oltre al nuovo sbarco dell’Alfa Romeo negli Stati Uniti. “Il peggio è passato. – ha detto Marchionne – Ora sarà importante l’esecuzione dei piani che abbiamo finora impostato”, anche se finora “abbiamo fatto il 20% di quanto necessario per Chrysler, le più importanti scelte industriali sono alle nostre spalle”. Proprio a Detroit, oggi si apre il Motor Show, la grande manifestazione statunitense delle quattro ruote, dove quest’anno verrà presentata la prima auto Chrysler realizzata con meccanica Fiat.
Marchionne ha anche parlato della sua successione. Cosa può dirci in proposito?
È da più di un anno che Marchionne ripete costantemente che non ha intenzione di restare oltre il 2015-2016, e tra l’altro credo che le sue stock option scadano tra il 2014 e il 2015. Questo indica principalmente due cose: innanzitutto che la fase uno si è conclusa adesso, con l’acquisto del 58,5% di Chrysler da parte di Fiat, e poi che la fase due, rappresentata dalla fusione completa tra le due case, senza dubbio occuperà tutto il 2012 e sicuramente una parte del 2013.
Cosa dobbiamo aspettarci?
Si tratta di una partita finanziaria e industriale e l’obiettivo di Marchionne è quello di arrivare a fine 2014 producendo 5.900.000 vetture, mentre gli esperti sono convinti che non ce la farà mai, fermandosi almeno a un milione in meno.
Cosa ci vorrebbe per raggiungere questo risultato che per molti non è realistico?
Data come buona la data di fine 2014 e la cifra di circa 6 milioni di vetture, per raggiungere questo risultato, al di là dei problemi di mercato e di tutti gli altri fattori che lo possono in qualche modo frenare, credo che ci vorrà una grande espansione in Asia.
In che modo?
Essenzialmente in due modi: in parte grazie alla possibilità di esportare i modelli Jeep e Dodge in Cina, e in parte grazie a un eventuale partner asiatico. Questo potrebbe essere inserito in Fiat-Chrysler, una volta unificate, con una sede neutrale, che potrebbe essere per esempio Londra. Credo che Marchionne veda così la via dello sviluppo, e diciamo che ritirarsi nel 2015 significherebbe andarsene da Fiat una volta completato il ciclo di ristrutturazione importante di Fabbrica Italia. Non so poi se si arriverà al milione e 400 mila veicoli prodotti in Italia che lui si è proposto come obiettivo, ma si può certamente arrivare ad avere numeri significativi e ad aver restituito una missione industriale a Fiat anche in Europa con una base Italia.
Quali sono i veri obiettivi di Marchionne?
Credo che il suo vero obiettivo e la sua promessa siano di portare la Fiat a decidere del proprio destino nel momento giusto, senza essere costretta a rendere conto a nessuno e a fare scelte obbligate, ma è un percorso difficile: teniamo conto comunque del fatto che, almeno per un anno, Marchionne può contare su un mercato americano molto importante, oltre a un mercato brasiliano ugualmente fondamentale, ommettendo invece sulla Russia, che potrebbe rappresentare una quota significativa.
E l’Asia come si inserisce in questo progetto?
In Asia Marchionne può arrivarci tramite gli stessi Stati Uniti d’America, soprattutto a fronte di una eventuale rielezione di Obama: a quel punto, se accadesse tutto questo, nel 2013-2014 Marchionne potrebbe anche tranquillamente ritirarsi, però, anche in questo caso, vorrei dire che Marchionne si rivela un personaggio molto americano e poco italiano.
In che senso?
Noi ci chiediamo sempre che cosa farà il giorno dopo un personaggio di quel livello, convinti che debba necessariamente salire di grado: quando invece l’orizzonte è il mondo, come nel caso di Marchionne e della sua notorietà anche in America, il problema del giorno dopo è semplicemente quello di avere un certo status e dimostrare di aver svolto un buon lavoro.
(Claudio Perlini)