La notizia è di venerdì, ma mi consentirete un breve riassunto. Nello scenario più avverso, ovvero con un severa contrazione del Pil, le banche spagnole hanno una necessità di capitale di 59,3 miliardi di euro: è quanto hanno rilevato gli stress test condotti su 14 principali istituti iberici dalla società indipendente Oliver Wyman. Annunciando i risultati, le autorità iberiche hanno spiegato che sette banche spagnole non necessitano di una ricapitalizzazione. Per il salvataggio degli istituti iberici, Bruxelles ha già stanziato 100 miliardi di euro e, nei giorni scorsi, Madrid aveva lasciato intendere che ne avrebbe utilizzati, guarda caso, proprio 60, cercando di dirottare i rimanenti per finanziare il debito.



La ricapitalizzazione di un primo gruppo di banche spagnole potrà partire già a novembre, è quanto indica la Commissione europea in un comunicato, con il quale sottolinea che i risultati degli stress test sulle banche iberiche rappresentano un passo in avanti importante per il rafforzamento del sistema spagnolo: “Le necessità di capitale per le singole banche – si legge nel comunicato – sono un passaggio chiave nel processo per restaurare la solidità sul sistema bancario spagnolo”. I risultati degli stress test saranno la base per le eventuali ricapitalizzazioni nell’ambito del programma di aiuti al sistema creditizio iberico. Sul timing, la Commissione europea indica che le singole banche spagnole presenteranno un piano di ricapitalizzazione che dovrà essere approvato dalla Banca centrale spagnola e dalla Commissione europea.



Il governo spagnolo potrebbe richiedere alla Ue circa 40 miliardi di euro di aiuti al sistema bancario”, ha affermato il segretario di Stato spagnolo, Fernando Jimenez Latorre, a detta del quale rispetto ai 59,3 miliardi di necessità di capitale del sistema, la cifra “potrebbe ridursi di un terzo dopo le misure di risanamento”. Fine della fiction. Parliamoci chiaro, adesso. Bankia, la munifica e nazionalizzata banca del Real Madrid nata dalla fusione di disastrate casse di risparmio, ha necessità di ricapitalizzazione per 24,7 miliardi; Catalunya Caxia per 10,8 miliardi; Novagalicia per 7,2 miliardi; Banco de Valencia per 3,5 miliardi; Banco Popular per 3,2 miliardi; Banco Mare Nostrum per 2,2 miliardi. Ma in base a quale scenario la Oliver Wyman è giunta a queste conclusioni? Guardate questo grafico:



L’indice Ibex della Borsa di Madrid potrebbe passare da uno scenario benigno del -0,4% a uno pessimistico del -5%, il prezzo degli immobili da un -2,8% a un -4,5%, il tasso di disoccupazione che passa da un best case scenario del 23,5% a un worst case scenario del 26,8% e un cross euro/dollaro fisso, in ogni contesto, a 1,33 (in base a quali calcoli lo sa solo il Signore e taccio per carità di patria sui dati di disoccupazione e mercato immobiliare). Insomma, un calcolo delirante, tanto più che dimentica un piccolissimo particolare: nel solo mese di agosto (come si vede dal grafico a fondo pagina), la Bce ha rifornito alle banche spagnole qualcosa come 412 miliardi di euro, sette volte le necessità di liquidità emerse nello scenario peggiore tratteggiato dallo studio.

In altre parole, unendo le necessità emerse dagli stress test e il finanziamento della Bce, siamo a quota 472 miliardi di euro, ovvero il 50% del Pil spagnolo! In parole povere, il sistema bancario iberico è distrutto, altro che 60 miliardi di ricapitalizzazione! Ma c’è di meglio, ovvero l’utilizzo scanzonato che la Wyman fa di un fattore in grado di far felice il suo cliente: il cuscinetto di capitale in eccesso.

Partiamo dall’inizio. Al netto dello scenario peggiore e prendendo in esame tutti gli istituti, le perdite raggiungerebbero i 270 miliardi di euro. Ma le banche spagnole hanno già ottenuto 110 miliardi di forniture, in tre casi – BBVA, Liverbank e Sabadell – possono usufruire di un backstop governativo da 8 miliardi definito “Asset Protection Scheme” e, soprattutto, per Wyman possono generare profitti per 59 miliardi di euro. Al netto di tutto questo, le necessità di capitale scendono a 93 miliardi. Ma ecco entrare in scena il mitico cuscinetto di capitale in eccesso, così definito dalla Wyman a pagina 53 del suo report: «Il cuscinetto di capitale in eccesso è il capitale a disposzione dopo aver risposto a tutte le richieste avanzate dagli stress test. Stando alla definizione dello Steering Committee, le necessità di capitale post-shock sono stimate prendendo una ratio minima Core Tier 1 del 9% e 6%, in base a scenari di avversità o normalità».

E cosa garantisce questo effetto al cuscinetto di capitale in eccesso? il deleverage del credito, ovvero la vendita di asset bilanciati al rischio che, scendendo, abbassano anche i requisiti di capitale per la banca. In parole povere, a quale conclusione giunge la Wyman per rendere meno fosco lo scenario? Semplice, preso atto del deterioramento della situazione – sia esso base o il peggiore possibile – le banche spagnole venderanno debito per ridurre i requisiti di capitale. Elementare, Watson: meno debito implica meno equity necessaria a supportarlo. Ed ecco che Wyman si fa prendere la mano: il cuscinetto di capitale, per le banche spagnole, genera approssimativamente 73 miliardi di euro di capacità di assorbimento extra nello scenario peggiore (solo 22 miliardi nel caso base).

 

Insomma, per Wyman c’è da sperare che le cose vadano sempre peggio, visto che stando alle sue argute valutazioni, nello scenario peggiore le banche spagnole venderanno centinaia di miliardi di debito per beneficiare del deleveraging sul Core Tier 1! Vi rendete conto dell’idiozia? Il problema è che sia la Bce che il Fmi hanno dato il loro assenso e messo la firma su questa messe di barzellette! Manca però un particolare: a chi venderebbero il loro debito le banche spagnole? All’open market, forse? E a che prezzo, caro Wyman? Temiamo che in questo caso, le perdite totali per gli istituti sarebbero un filino maggiori di 270 miliardi di euro…

Inoltre, gli stress test non fanno riferimento alla continua fuga di capitali vissuta dalle banche spagnole, oltre 300 miliardi da inizio anno, solo negli ultimi tre mesi quasi pari al 50% del Pil spagnolo. E siccome i depositi bancari sono liabilities degli istituti, la continua diminuzione significa tre cose: le banche devono generare profitti e aumentare l’equity degli azionisti per annullare le perdite in liabilities, cosa che nell’attuale scenario non può accadere; le banche devono vendere assets, atto che nell’attuale scenario di prezzi allegri significa far fronte a perdite impreviste proprio sulla vendita di quegli assets; quindi, continueranno a piazzare quegli assets – anche attraverso operazioni repo – presso la Bce per ottenere denaro.

Insomma, per Wyman la situazione generale delle banche spagnole non è così male, per il semplice fatto che potranno tamponare le perdite, più in uno scenario avverso che base, vendendo centinaia di miliardi di debito che solitamente piazzano alla Bce come collaterale! Quindi, al netto del fatto che qualcuno lo compri e a quale prezzo, questo porterà rapidamente al prosciugamento del poco collaterale ancora eligibile presso l’Eurotower e quindi alla possibilità per la Bce di finanziare le banche e tamponare la fuga dei depositi! Insomma, la Spagna e le sue banche camperanno solo grazie al fondo di emergenza Ela, almeno fino a quando la Banca centrale spagnola avrà anch’essa capitale eligibile.

Tanto più che la formazione di capitale per le tre principali banche spagnole – Santander, BBVA e Bankinter – aumenta sotto uno scenario avverso, più che sotto uno scenario base: come dire, per salvare i conti, i tre giganti spagnoli devono sperare che l’economia spagnola venga completamente distrutta! Ma vi rendete conto della quantità di idiozie che hanno regalato ai mercati venerdì gli spagnoli (a Borse debitamente chiuse)? I greci, in confronto, sono dei dilettanti nel truccare i conti! Non vi basta quanto vi ho raccontato? Non vi convince? Bene, guardate questo grafico:

 

Nel solo mese di ottobre, il Tesoro spagnolo deve rimborsare quasi 30 miliardi di euro di obbligazioni, circa 20 delle quali a lungo termine: a chi? Alle banche, ovviamente, peccato che a fronte di casse praticamente vuote, solo per il mese appena iniziato, Madrid ha necessità di finanziamento di almeno 50 miliardi di euro (guarda caso, dei 100 dell’Ue vuole usarne solo 60 per le banche e 40 per finanziare il debito, che combinazione!). I vasi comunicanti, insomma ma la coperta rimane corta, drammaticamente corta.

Ancora poco convinti? Bene, guardate l’ultimo grafico a fondo pagina. Nel mese di agosto, il volume di contrattazione medio dei bonds governativi spagnoli è crollato del 40% anno su anno, precipitando a meno di 40 miliardi al giorno, un livello mai più toccato dal 1996 (ovvero, prima dell’introduzione dell’euro). Insomma, per Madrid il mercato obbligazionario secondario è completamente prosciugato: per quanto i buoni segnali che giungono dal primario (al netto del fatto che gli unici acquirenti sono banche spagnole con i soldi della Bce e la ratio bid-to-cover continua a calare) saranno sufficienti a evitare la chiusura del finanziamento sull’open market per il debito iberico?

In Spagna si dicono certi che Rajoy non prenderà alcuna decisione sul salvataggio europeo prima delle elezioni regionali del 21 ottobre in Galizia e nei Paesi Baschi, la prima patria del Premier che i sondaggi vedono a forte rischio di caduta: i mercati, al netto delle balle rifilate da Oliver Wyman venerdì scorso, avranno voglia di attendere tanto?