Pessime nuove sul fronte fiscale per gran parte dei contribuenti; specialmente per quelli che figurano tra le fasce reddituali più basse. Nei giorni scorsi si è deciso di dimezzare l’aumento dell’Iva. Quella del 10% passerà all’11%, quella del 21% al 22%; contestualmente, saranno ridotte le aliquote Irpef più basse. Quella del 23% sarà abbassata al 22%, quella del 27% al 26%. Peccato che, stando ai calcoli della Cgia di Mestre, il saldo complessivo risulta di un miliardo e mezzo di imposizione fiscale aggiuntiva per gli italiani. Come se non bastasse, il governo sta procedendo a una drastica riduzione delle deduzioni e delle detrazioni fiscali. Per la maggiore parte degli sconti, si potrà iniziare a detrarre solo per le spese dai 250 euro in su, ma con un tetto massimo di 3.000 euro. Complessivamente, considerando la detrazione al 19%, lo sconto massimo ottenibile potrà essere di 570 euro. Il tetto non varrà per le detrazioni sanitarie, per le spese di ristrutturazione e per quelle per migliorare il risparmio energetico. IlSussidiario.net ha chiesto a Gaetano Troina, professore di Economia aziendale presso l’Università di Roma Tre, quali ripercussioni si genereranno per i cittadini meno abbienti. «Sono convinto che la riduzione delle aliquote rappresenti, da parte del governo, il tentativo di dare un minima boccata di ossigeno ai cittadini, a fronte di una situazione estremamente difficile. Tuttavia, l’incremento dell’Iva comporterà inevitabilmente l’abbassamento dei consumi che, in questo periodo, si sono già notevolmente depressi rispetto agli anni precedenti. E, per le famiglie più povere, si produrrà l’ennesimo appesantimento». Per il professore, si tratta di operazioni infauste: «Gli interventi dell’esecutivo, purtroppo, a tutto sono volti fuorché alla tanto sbandierata equità». In tal senso, sarebbe necessario rivedere completamente il sistema dei tagli in funzione dei redditi. «Dei redditi effettivi, però. Perché, gran parte del problema dipende dall’estesa evasione fiscale grazie alla quale, moltissimi cittadini che non ne avrebbero avuto diritto, hanno potuto beneficiare delle agevolazioni». Tanto per fare un esempio, «quanti studenti, nel corso degli anni, hanno eluso il pagamento delle tasse universitarie collocando la propria residenza nella seconda casa, o in una delle seconde case di genitori per poter, a quel punto, dichiararsi nullatenenti?».
Secondo il professore, «c’è un livello di amoralità diffuso sul quale occorre iniziare a intervenire in maniera decisa. Altrimenti, la tassazione continuerà a pesare solo sulle stesse categorie di sempre: i lavoratori dipendenti a reddito fisso e i professionisti onesti. E’ necessaria, cioè, un’operazione complessiva di contrasto all’evasione costituita anche dall’educazione dei cittadini. Non è più accettabile che per un elettricista, un idraulico, o un dentista – ma mi riferisco a tutte le categorie – sia normale chiedere ai propri clienti se vogliono la fattura o se preferiscono lo sconto». Non solo: «Aggiungerei anche un’imposta patrimoniale. Molti patrimoni, infatti sono il frutto dell’evasione fiscale».
(Paolo Nessi)