Il gioco di Grilli. È stato il direttore del Sole24Ore, Roberto Napoletano, il primo ad accorgersi che nella delega fiscale c’era qualcosa che proprio non andava: la riduzione di deduzione e detrazioni si applica già sulle denunce dei redditi del 2012. In altre parole è una norma retroattiva. Esplicitamente esclusa dalla nostra Costituzione come da qualsiasi sistema giuridico di Paesi civili. Allora come mai un governo tecnico come l’attuale, un ministro dell’economia come Vittorio Grilli che conosce bene la normativa, l’ha inserita lo stesso? Forse perché si fa così quando si sta al tavolo da gioco: si mette giù una posta alta per intimidire l’avversario. Peccato che qui non si tratti di un gioco.



Tutti alla cassa. Milena Gabanelli le ha dedicato l’intera puntata del suo Report di domenica sera. Così la Cassa Depositi e Presiti è tornata da protagonista sulla tormentata scena della finanza italiana, invocata da molti, temuta da moltissimi. Della CdP fino a qualche tempo fa nessuno sapeva quasi nulla, un po’ come succedeva con lo spread. Però il fatto che gestisca risparmi per 250 miliardi di euro unita alla fame di soldi che caratterizza l’attuale momento finanziario, l’ha resa un soggetto davvero interessante. Viene invocata: per comprare la rete fissa Telecom qualora la società di tlc si decidesse davvero a venderla; a mettersi in gara con i tedeschi della Siemens per il controllo di Ansaldo energia; a soccorrere qualche centinaio di imprese in difficoltà che minacciano di chiudere i battenti; più in generale a intervenire, quando occorre, per salvare l’italianità di vari gruppi a rischio di cadere in mani straniere. Tutto questo può anche avere un senso, forse. Quello che preoccupa è che avviene senza una strategia industriale precisa, ma sull’onda della più assoluta casualità, venata da clientelismo politico. D’altra parte in Italia il sistema Paese è questo.



Il duro Bernabé. Si sta avvicinando la scadenza dei termini per vendere TiMedia, la società (quotata in borsa) controllata da Telecom Italia e che a sua volta controlla la7. Ci sono state varie manifestazioni di interesse: la più consistente quella di Urbano Cairo, che conosce bene il business dato che raccoglie la pubblicità per l’emittente; la più recente quella del finanziere Alessandro Proto, già attivo in Rcs-Corriere della Sera del quale ha rastrellato il 2,8%. Non è però detto che La7 passi davvero di mano. Franco Bernabé, presidente di Telecom, pretende cifre alte per disfarsene. Molto alte, secondo alcuni troppo alte. Tanto alte da far venire un dubbio: che voglia scoraggiare i candidati acquirenti e tenersi stressa La7. Una tv, con una poderosa macchina informativa guidata da Enrico Mentana, potrebbe rivelarsi preziosa in vista della prossima bagarre elettorale.



Esami per Della Valle. A domani assemblee dei soci (ordinaria e straordinaria) di RcsMediaGroup, la società del Corriere della Sera. Da tempo Diego Della Valle, che ha accumulato un pacchetto di quasi il 10%, scalpita per contare di più, ma gli altri soci (Fiat, Mediobanca e, dall’esterno del patto di sindacato, Giuseppe Rotelli) lo tengono a distanza sotto la regia di Giovanni Bazoli. È arrivato il momento della verità? Ci sarà lo show down? O sarà un nuovo rinvio?