Ma allora, Berlusconi vende o no il Milan? Per almeno una settimana abbiamo assistito su giornali e trasmissioni televisive a balletti attorno alle due ipotesi circolate, ovvero il magnate ucraino dell’alluminio Oleg Deripaska e i soliti sceicchi, Dubai o Qatar che sia. Una settimana di rumors e gossip, almeno riguardo la pista dell’Est, conclusasi nello scorso weekend con la doppia smentita degli interessati. Oleg Deripaska si sarebbe addirittura «fatto il segno della croce alla notizia», secondo il canale russo Ntv, e lo stesso oligarca, attraverso la sua Basic Element, avrebbe poi smentito: «Non ci sono trattative per l’acquisto della squadra di calcio, non hanno avuto luogo e non sono in corso». Ancora prima della dichiarazione di Deripaska, la stampa russa aveva trattato i rumors come una probabile bufala: «Non è la prima volta che si dice che un investitore russo potrebbe diventare il nuovo proprietario del leggendario club», ha scritto Gazeta.ru, facendo notare che «informazioni sulla vendita del Milan vengono diffuse periodicamente e discusse sulla stampa italiana». Poi, la smentita sul fronte italiano, affidata all’amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani: «Con Berlusconi alla guida abbiamo vinto tanto, 28 trofei in 25 anni. Con questo presidente i tifosi del Milan non possono lamentarsi. In più posso assicurare che non c’è in corso nessunissima trattativa per la cessione del Milan», ha detto l’ad rossonero ai microfoni di Sky Sport.
Fine delle speculazioni, quindi? No. Primo, per il timing della smentita. Secondo, per le novità emerse ieri mattina. Perché, infatti, sia Deripaska che Galliani hanno atteso una settimana per dire che non esiste alcuna trattativa, aspettando il fine settimana, ovvero quando la Borsa è chiusa? Direte voi, il Milan mica è quotato a Piazza Affari. Il Milan no, ma Mediaset sì e da quando hanno cominciato a circolare voci di cessione parziale della società, un peso insopportabile in tempi di crisi a detta dei due figli maggiori del Cavaliere, il titolo del Biscione ha smesso di conoscere tonfi e ha innescato un mini-rally. Solo coincidenze? Ovviamente sì.
Veniamo poi alla giornata di ieri, paradossalmente destinata a vedere il titolo dell’azienda di Cologno Monzese crollare per l’eliminazione dal piatto dell’ipotesi di cessione e invece Mediaset ha trainato al rialzo il listino milanese, conoscendo un rialzo di quasi il 4% nel primo pomeriggio, in base alle indiscrezioni secondo cui i fondi del Qatar insieme ad Al Jazeera potrebbero essere interessati non solo a Mediaset Premium, ma anche a rilevare da Fininvest una quota del Milan.
Il focus sarebbe esclusivamente lo sport e il coinvolgimento di un socio in Mediaset Premium per gli analisti potrebbe contribuire a ridurre le perdite per il gruppo. «L’ingresso di Al Jazeera in Mediaset Premium sarebbe positivo per la società in considerazione delle ingenti perdite registrate (70 milioni nel 2011, ndr) e per le modeste prospettive del business con ricavi attesi piatti nel 2012 e 25 milioni di euro di costi per i diritti tv di calcio», affermano gli analisti di Equita, calcolando che il suo deconsolidamento (ipotizzando una cessione del 100%) possa avere un 55% di impatto positivo sull’utile 2013. «Sappiamo che la valutazione nella somma delle parti degli analisti di Mediaset Premium è pari a zero o negativa», spiegavano poi anche gli analisti di Banca Akros, i quali considerano perdite cumulate per 200 milioni di euro entro il 2017. Sulla base di questi presupposti, «anche una cessione a un valore simbolico di tutta la società potrebbe aumentare l’equity value di Mediaset di oltre 150 milioni di euro o di quasi il 10%. Per cui l’azione potrebbe salire in borsa sulla scia di questi rumor. Ma manteniamo hold con un target price a 1,50 euro».
Insomma, nel breve Al Jazeera potrebbe essere un alleato perfetto per il Biscione: non ha alcun vincolo finanziario e potrebbe fornire alcuni stimoli a Mediaset Premium per rinnovare lo scontro con Sky Italia nel campo della pay-tv. Ma nel lungo periodo, l’arrivo di Al Jazeera per Equita rischia di essere un boomerang per la free-to-air (la trasmissione in chiaro) di Mediaset, perché un nuovo operatore molto forte entrerebbe nel mercato italiano: «La nostra stima sulla raccolta pubblicitaria del gruppo, -10,5% nel 2012, è troppo ottimistica visto lo scenario attuale con l’andamento negativo di luglio/agosto (-20%, ndr) che dovrebbe essere continuato nel mese di settembre/ottobre», avvertivano ancora Equita. Insomma, una guerra tutta finanziaria e legata al core business berlusconiano, ovvero la comunicazione, che poco ha a che fare con campi da calcio e palloni. Il problema è che attorno a tutta questa vicenda la puzza di bruciato si sente a miglia di distanza.
Ecco qualche appunto. La società di via Turati, già nel 2008, aveva affidato a due primarie banche europee come Societe Generale e Merrill Lynch il compito di condurre una due diligence per valutare il valore del club, fissato già all’epoca in non più di 6-700 milioni di dollari. Fin qui, quindi, nulla che cozzi con la possibile, reale volontà di Silvio Berlusconi di cedere, almeno in parte, la sua compagine calcistica.
Sono le cifre, però, a gettare un’ombra di “versione diplomatica” rispetto a quanto rilanciato da tutti i quotidiani. La scorsa primavera, infatti, la prestigiosa rivista economica Forbes ha pubblicato la sua indagine annuale sui club calcistici, incoronando leader ancora una volta il Manchester United e piazzando il Milan al sesto posto, prima delle italiane e unico club del Bel Paese tra le Top 50, con una valutazione di 989 milioni di dollari. Al di là delle veridicità di questa cifra, tutta da provare a mio avviso, per quanto riguardava l’ucraino Oleg Deripaska si parlava fino a ieri di un’offerta di 500 milioni di euro per il 30% della società, con l’opzione dopo un anno per salire di un altro 21% e raggiungere la quota di controllo. Ma facendo fede a quanto elaborato e scritto da Forbes – mai smentito dal club rossonero – 989 milioni di dollari equivalgono a 756 milioni di euro circa, quindi i 500 milioni di euro proposti dal magnate russo non sarebbero affatto per il 30% della società e nemmeno per il 51% eventuale dopo l’esercizio dell’opzione. Sempre che la matematica non sia un’opinione.
Insomma, la lotta interna alla famiglia Berlusconi rispetto al futuro del Milan, ma soprattutto di Mediaset, prosegue. Non è un mistero, infatti, che Barbara, nata dal matrimonio di Silvio Berlusconi con Veronica Lario, sia la più strenua oppositrice alla vendita del club, che vorrebbe anzi guidare affiancata da vecchie glorie rossonere come Paolo Maldini e Alessandro Costacurta, destinati a prendere il posto dei rottamandi Adriano Galliani e Ariedo Braida. Il problema è che, al di là della volontà di Barbara di seguire le orme dei fratellastri Pier Silvio e Marina, alla guida delle due corazzate del gruppo (Mediaset e Mondadori), e di costruirsi una posizione di successo e un futuro manageriale, ci sono i conti da fare con la crisi. E papà Silvio, questa volta, potrebbe davvero essere tentato dall’addio al Diavolo.
Nell’aprile del 2005, infatti, Silvio Berlusconi vendette una larga fetta di azioni Mediaset, quando il titolo era a una quotazione superiore a 10 euro per azione. Ma cosa hanno fatto i titoli Mediaset dal 2005 a oggi? Sono andati a toccare la loro quotazione minima a 1,144 euro in un infinito trend discendente, dove la maggior parte dei piccoli risparmiatori ha rimesso parte del proprio capitale. Nell’ottobre 2011, però, Silvio Berlusconi ha comprato azioni Mediaset (per un numero inferiore a quelle vendute) a poco più di 2 euro per azione. Potrebbe essere stata una mossa per invogliare i risparmiatori a investire nei titoli del gruppo, visti i ribassi infiniti, ma potrebbe anche essere la mossa contraria a quella avvenuta nell’aprile del 2005: che il crollo di Mediaset sia terminato? I titoli Mediaset sono alla svolta epocale? Qualcosa stava per succedere e invece non è successo, un anno fa?
Ieri, dopo il mini-rally di cui vi ho parlato, il titolo Mediaset viaggiava attorno agli 1,54 euro per azione, comunque sia sotto la soglie del prezzo di acquisto di un anno fa da parte del Cavaliere: che, dopo un anno, questa volta il grande passo sia all’orizzonte, sia essa la cessione del Milan o l’ingresso di Al Jazeera nel business della pay-tv del gruppo? Sul titolo Mediaset, gli analisti di IG Markets, vedono la prima resistenza passare per 1,63 euro per azione. Oltre la corsa, potrebbe proseguire verso i massimi di settembre in area a 1,87, livello dove potrebbero tornare a farsi sotto le vendite. Il supporto principale passa invece per 1,407, mentre ulteriori discese – al momento improbabili, secondo il primario gestore di cfd – vedono target verso 1,20 per azione.
Questa dinasty a metà tra pallone, tv e affari di famiglia è davvero a un punto di svolta? Oppure, come qualcuno comincia a far trapelare malignamente, le cicliche voci sulla cessione del Milan, amatissime dal mercato, sono solo il modo per utilizzare una società non quotata – ovvero il club di via Turati – per “pompare” una quotata, ovvero Mediaset, non incorrendo nei fari della Consob per eccesso di rumors e smentite (detto tra noi, visto i precedenti di Alitalia e As Roma, prima che l’autorità di controllo dei mercati si muova, si fa in tempo a scalare una società o “turbare” il mercato – ovviamente non è ciò che sta facendo Mediaset – non una ma dieci volte) e raggiungere il punto di resistenza, in vista magari di una svolta interna che, però, non abbia affatto il Milan come protagonista? Staremo a vedere.