Grilli supera Passera. In Politica non si usa dare le pagelle come si fa con i calciatori dopo una partita. Se lo si facesse, il responsabile dell’Economia, l’algido e sempre gessato Vittorio Grilli, batterebbe nettamente il dinoccolato Corrado Passera, ministro dello Sviluppo. È di ieri la notizia che il Btp Italia è stato accolto con entusiasmo dal mercato. Nei quattro giorni di collocamento (è stato chiuso ieri) il titolo ha raccolto sottoscrizioni per oltre 18 miliardi di euro. Non ci sono molti altri esempi di successi così netti nella lunga e spesso tormentata storia del finanziamento del debito italiano. Segno che l’operazione fiducia del governo di Mario Monti ha fatto davvero presa e che il passaggio del testimone (dopo l’interim dello stesso Monti) a Grilli ha funzionato e non ha minimamente incrinato quel patrimonio di ritrovata credibilità. Passera invece, proprio mentre si chiudeva trionfalmente l’asta dei Btp, ha dovuto incassare una bruciante sconfitta. L’intesa sulla produttività, che Monti sperava si concludesse in tempo per poterla esibire a Bruxelles come prova che l’Italia continua a fare i compiti a casa, si è arenata. Il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, ha detto che l’accordo non è saltato, che occorre lavorarci ancora; la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, invece ha dichiarato che l’intesa si è insabbiata proprio per colpa del governo. Comunque Monti ha dovuto andare a Bruxelles e affrontare una Merkel già indispettita per il braccio di ferro Con François Hollande senza quell’attestato nella sua cartella.



Non se ne vanno mai. Danno le dimissioni, le annunciano. Ma poi, in una maniera o nell’altra, i politici italiani tornano sempre sulla scena. Quella pubblica, naturalmente, quella dove il posto è sicuro e si percepiscono stipendi pubblici. Nei giorni scorsi Walter Veltroni si è dimesso dal Pd e ha annunciato che si può fare politica anche senza la tessera da parlamentare. Il giorno dopo Massimo D’Alema ha detto che se Pierluigi Bersani vincerà le primarie, lui non si ricandiderà alla prossime elezioni. Due annunci festeggiati come ottime notizie dalla quasi totalità degli italiani disgustati dalla visione di questa classe politica perdente ma inamovibile dalle sue prestigiose e remunerative poltrone. Ieri sera però è arrivata la doccia fredda. Il ministro dei Beni Culturali, Lorenzo Ornaghi, rettore della Cattolica, già criticato per alcune nomine un po’ particolari di collaboratori, ha indicato come capo del Maxxi, il museo dell’arte del XXI secolo, Giovanna Melandri. La scelta è stata criticata dalla maggioranza dei partiti, in quanto platealmente inopportuna: Melandri è una parlamentare del Pd. E c’era proprio bisogno di nominare un politico in un posto che richiede delle competenze specifiche proprio adesso che la popolarità dei politici né sotto zero? Il nome di Giovanna Melandri suscita particolari perplessità a Milano, dove è stata conosciuta bene. Alla Montedison, dove ha lavorato dal 1983 al 1987 all’ufficio studi, non ha lasciato ricordi positivi indelebili. Anzi. E soprattutto non li ha lasciati come ministro dei Beni culturali: tutti ricordano ancora che snobbò una prima della Scala preferendo partecipare a una festa dei suoi amici del Gambero Rosso. E ora avrà la responsabilità di un museo che ovviamente riempirà di consulenti, tutti tratti dalle fila dei suoi amici. Pagati da noi, s’intende. È una brutta notizia. Anche perché fa presagire altre due brutte notizie: anche per Veltroni e D’Alema il Palazzo, come lo chiamava Pasolini, troverà qualche adeguata sistemazione.



Lusso Futuro. L’avventura politica di Luca Cordero di Montezemolo non sta andando bene. La sua Italia Futura si è afflosciata come un flan mal riuscito. E allora meglio tornare al vecchio, caro business. Così eccolo lanciare con il suo fondo Charme e in alleanza con il gruppo indiano Tata, un’offerta per rilevare alcune alberghi simbolo del lusso made in Italy: il Cipriani di Venezia e lo Splendido di Portofino.Anche questa però, come la politica, è un’impresa a rischio e il fondo Charme non è noto per averle azzeccate tutte. Così LdM si è messo a fare anche il banchiere: ieri ha debuttato come vicepresidente di Unicredit, in rappresentanza del fondo sovrano di Abu Dhabi. Siederà accanto a Fabrizio Palenzona. Abile quanto mastodontico personaggio rimasto sempre un oggetto misterioso per le cronache, perché non si è mai capito da dove tragga il suo potere. Comunque da oggi è compagno di banco di Montezemolo. Nulla in Italia funziona meglio del capitalismo di relazioni.



 

 

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