L’ultimo scorcio del 2012 sarà cruciale per l’Unione europea. Il momentaneo miglioramento della situazione nei mercati finanziari non deve illuderci. La crisi è sempre lì e molti Stati europei restano in balia delle oscillazioni dei mercati finanziari. Dopo il vertice europeo appena concluso resta la necessità di ricercare non solo soluzioni rapide, ma anche risposte di qualità che rispettino gli interessi di tutta l’Unione europea. La visione tedesca va quindi rifiutata con forza. Berlino sta infatti cercando di ritardare le decisioni giuste e necessarie per imporre scelte sbagliate. La Signora Merkel, insomma, non solo sbaglia ma è anche in  ritardo. Berlino ritarda, ad esempio, la presa di decisioni sull’unione bancaria, che costituisce un passaggio fondamentale per mettere in sicurezza le banche europee. I principali governi europei vogliono attribuire più poteri alla Bce nella supervisione degli istituti di credito, mentre i tedeschi propongono soluzioni pasticciate in cui non si capisce esattamente chi controlla chi e cosa.



La situazione di molte banche europee, soprattutto spagnole, è ancora critica ed è pertanto importante costruire un sistema di controlli europeo efficiente e chiaro. La Signora Merkel tenta inoltre di imporre soluzioni sbagliate quando afferma che poteri di veto sui bilanci nazionali devono essere affidati alla Commissione europea. Alla Signora Merkel bisogna tuttavia ricordare alcune cose: innanzitutto, basta aprire un qualsiasi libro di diritto dell’Unione europea per comprendere che la Commissione europea è un organo essenzialmente tecnico formato da funzionari. Siamo davvero sicuri che un organo tecnico dovrebbe avere l’ultima parola su bilanci decisi democraticamente da governi e parlamenti eletti dai cittadini? E’ giusto fare attenzione ai conti pubblici e stabilire un solido sistema europeo di controlli sui bilanci pubblici, ma questa attenzione non può sfociare  in scorciatoie tecnocratiche che ignorino l’ABC della democrazia.



Inoltre, non è accettabile che vengano imposti ai governi europei solo vincoli e obblighi, tra l’altro durissimi. I vincoli e gli obblighi sui bilanci pubblici devono essere associati a una maggiore solidarietà europea. Perchè gli Stati europei siano disciplinati finanziariamente, bisogna mettere in campo un sistema di incentivi economici e di sostegno all’economia reale. L’economia europea è asfissiata, i tagli di bilancio stanno deprimendo le nostre economie, la situazione dei giovani europei è drammatica. In Grecia e in Spagna il tasso di disoccupazione tra i nostri ragazzi e ragazze è ormai superiore al 50%. A questi giovani bisogna aggiungere quelle centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi che non possono neanche essere considerati disoccupati in quanto non sono più alla ricerca di un lavoro. Sono scoraggiati, senza speranza. Senza nuove energie, senza la spinta delle nuove generazioni, l’Europa è destinata ad appassire.



Le notizie che arrivano dalla Grecia, con la morte di un uomo durante le proteste di piazza contro i tagli, sono la tragica conferma di quanto sia alto il prezzo che l’Europa rischia di pagare alla politica dell’austerità a tutti i costi. Il risanamento di bilancio non può essere insensibile alle istanze sociali più elementari e va assolutamente accompagnato alla difesa dei diritti di cittadinanza e della dignità delle persone. Per creare  un’Unione economica e monetaria sostenibile occorre pertanto costruire un nuovo pilastro sociale, un Patto sociale europeo. 

Bene ha fatto quindi Hollande a ricordare in questi giorni la necessità di mettere all’opera le decisioni a favore della crescita e dell’occupazione decise nel vertice dello scorso giugno. Si tratta di 120 miliardi di euro da iniettare nelle nostre economie per creare sviluppo e dare lavoro. Rifiutando qualsiasi fatalismo e rigettando il pensiero unico pro-austerità, Francois Hollande si sta candidando alla leadership politica e morale di un nuovo modello alternativo di Europa in grado di promuovere crescita  e maggiore occupazione. 

Il Presidente francese deve tuttavia fare attenzione a non cadere nella trappola istituzionale. Proporre la creazione di un’Europa a due velocità, come da lui evocato sulle colonne di Le Monde, è un autogol. L’unità dell’Unione europea è un principio democratico fondamentale. L’Europa porta in sé un messaggio di unità e non di divisione. Creare un’Europa di serie A e un’Europa minore indebolirebbe pertanto il progetto europeo. “Unità nella diversità” è il motto dell’Unione europea. Di queste due parole, i nostri leader europei sembrano tuttavia avere dimenticato l’importanza della prima. Tocca a noi ricordarglielo.