Sarà una settimana cruciale per la correzione in Parlamento della “legge di stabilità” come proposta dal Governo. Non perché la vicenda si concluderà, ma perché si potrà capire se sarà possibile sostituire con ulteriori tagli alla spesa pubblica sia l’aumento dell’Iva del 1%, sia la riduzione delle detrazioni fiscali, ambedue misure a forte impatto depressivo.



Il Governo, infatti, si è detto disponibile a riconsiderarle, ma imponendo, correttamente, l’invarianza dei saldi nella manovra per assicurare la tendenza verso il pareggio di bilancio entro il 2013. In questo materia il Governo ha pasticciato parecchio. Un paio di settimane fa stava preparando una riduzione di spesa pubblica attorno ai 10 miliardi, senza, o con solo minimi, aumenti di tasse.



Per inciso, devo scusarmi con i lettori, perché su queste pagine anticipai con eccesso di ottimismo la novità storica del bilanciamento delle entrate e uscite statali solo con tagli alla spesa inutile o sprecata. Questa è stimabile in circa 100 miliardi su circa 420 di uscite annue  al netto di quelle per le  pensioni e altri obblighi incomprimibili dello Stato, nonché degli interessi dell’enorme debito pubblico (quasi 2 trilioni di euro che costano sui 90 miliardi all’anno), nell’ambito di un totale della spesa stessa oltre i 700 miliardi, quasi la metà del Pil Italiano.

Probabilmente il rigore solo via tagli senza più tasse era l’intento di parte del Governo, ma poi gli interessi conservatori del “partito della spesa” sono prevalsi, riportando la manovra nella tradizione devastante di mixare tagli e incremento dei carichi fiscali e di sostituire con aumenti delle tasse indirette, tipo l’Iva, le eventuali riduzioni di quelle dirette.



Destra e sinistra si sono messi in una posizione di contrasto perché così verrebbero colpiti sia i redditi più bassi, sia le imprese e gli operatori commerciali, cioè le aree di interessi che rappresentano. Ma per evitare l’aumento dell’Iva e la riduzione delle detrazioni bisogna, appunto, tornare al piano iniziale del Governo che tagliava spesa inutile e sprechi in alcuni settori, tra cui la sanità per le funzioni non direttamente mediche.

In sintesi, la spesa sanitaria potrebbe essere tagliata senza incidere sulle garanzie alla salute. Per questo motivo – si può tagliare tanto senza far male – mi sembra doveroso raccomandare una posizione di opinione pubblica che difenda il rigore solo via tagli di spesa senza più alcun aumento di tasse. Precondizione, tra l’altro, per ridurre le tasse nel futuro entro i vincoli del pareggio di bilancio.  

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