Sembra che del problema di Equitalia non se ne occupi più nessuno. Sembra che sia passato sotto silenzio il suicidio, in un anno, di oltre 140 imprenditori. Evidentemente non fanno più notizia. Anche i debiti che lo Stato italiano ha verso i privati, qualche cosa come 90 miliardi di euro, sono andati a finire nel dimenticatoio, nelle notizie da risparmiare al lettore o da accantonare e relegare in qualche pagina invisibile. Ma c’è anche chi non dimentica tutto questo. Chi non lo dimentica è l’avvocato Alberto Goffi, consigliere regionale dell’Udc del Piemonte, che da tre anni conduce la sua battaglia, con un’associazione e un libro “E’ qui l’Italia?”, dove si mette sempre in discussione l’operato della società pubblica che riscuote i tributi. Il presidente di Equitalia, Attilio Befera, è anche direttore dell’Agenzia delle Entrate. Con un gesto di “grande magnanimità”, Befera ha rinunciato qualche tempo fa allo stipendio di Equitalia, perché la somma complessiva, diventava di circa 650mila euro, più o meno il doppio di quello che guadagna il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Adesso Befera è in linea con il capo della Casa Bianca.



Ma questi sono dettagli tutti italiani. Ci sono altri dettagli invece che fanno impressione. Spiega, ad esempio, l’avvocato Alberto Goffi: “Pensi che lo Stato italiano, da solo, ha 90 miliardi di euro di debito nei confronti dei privati. Se lei mette insieme tutti gli altri Stati europei, Grecia compresa, la somma complessiva dei loro debiti nei confronti dei privati è di 80 miliardi. Abbiamo proprio un bel primato. Ma intanto nei confronti dello Stato, proprio con la recente legge di stabilità, non ci si può rivalere fino alla fine del 2013. Mentre io insisto da tempo per la compensazione tra debiti e crediti”. 



Alberto Goffi si è preso sei querele da Equitalia per i più svariati motivi. “E io mi devo continuare a difendere con i miei soldi, mentre Equitalia agisce con avvocati pagati dallo Stato. Le faccio un esempio di una querela. Ho detto che a Torino Equitalia aveva acquistato un stabile per 21 milioni di euro. Loro hanno detto 18,5 e mi hanno querelato”. In tre anni Alberto Goffi ha evidenziato le criticità e le storture del sistema di riscossione delle tasse nazionali a opera di Equitalia, raccogliendo dati di persone in difficoltà, mantenendosi in contatto con imprenditori, artigiani, partite Iva semplici famiglie che non sanno più come fare. 



Goffi precisa che quello che più fa impressione è “la moltiplicazione del debito, attraverso sanzioni e interessi che opera la società di riscossione. Alla fine non si rendono conto che più mettono tasse, meno incassano con il sistema che hanno creato. Ci sono pensionati che hanno un immobile e riescono a tutelarlo attraverso un’azione curata da un notaio e poi si fanno prendere fino al quinto della pensione, per tutta la vita”. Ma questo ormai è un sistema da incubo per i contribuenti italiani? “Hanno creato un sistema che alla fine genererà una nuova malattia: la sindrome della cassetta delle lettere, della  buca delle lettere, dove alla mattina c’è chi si alza e va a vedere se è arrivata una multa, una raccomandata che gli spiega quanto deve pagare di nuovo, oppure quello che gli hanno pignorato o messo sotto sequestro. E’ una paura che ormai sta prendendo gli italiani, soprattutto quelli che dichiarano e non sanno difendersi. Qui si è veramente confusa l’evasione con Equitalia. Ma sembra che nessuno ci faccia  caso, è un classico di questo Paese”.

In realtà, l’azione di Alberto Goffi è stata ripresa dal sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che ha dichiarato: “La parentesi di Equitalia deve finire. Equitalia non ha funzionato come doveva. Penso sia un fallimento e un segno delle evidenti difficoltà del sistema della Agenzia delle Entrate. E’ un settore dove c’è molto da rottamare”. Ma anche i giovani di Confindustria, riuniti per l’appuntamento di Capri, attraverso il loro leader, Jacopo Morelli, hanno ricordato polemicamente il peso della pressione fiscale: “Perdiamo duemila occupati al giorno. Il peso della pressione fiscale è cresciuto così tanto da diventare una confisca. La pressione fiscale nel 2012 toccherà il 45% del Pil, l’onere sulle imprese supererà il 68%”.

Lei, avocato Goffi, aveva previsto queste storture, queste difficoltà? “Un sistema di riscossione concepito in questo modo non fa che danneggiare le imprese, i piccoli imprenditori, gli artigiani, le famiglie. Anche se in questi ultimi tempi hanno cercato di alleggerire alcune misure, non c’è dubbio che c’è un bubbone, una questione che si deve risolvere. Ma in quale Stato è concepibile che se lei lavora per la Pubblica amministrazione deve tener conto, quando la pagano, di 180 giorni di tempo e invece per la riscossione dei tributi, lei magari si trova con “ganasce”, pignoramenti, sequestri o con stipendio o pensione decurtata direttamente in banca?”.

 

(Gianluigi Da Rold)