Molti lettori chiedono un chiarimento in materia di prospettive economiche italiane di breve e medio termine. Nelle loro lettere ricorre la seguente espressione: non ce la facciamo più, quando finirà, sono veritiere le parole di Monti che fanno intendere la fine della fase acuta della crisi? Posso rispondere solo anticipando sommariamente gli scenari in preparazione da due gruppi di ricerca che sto coordinando, uno italiano e un altro che si occupa di tutta l’Eurozona con un occhio alle tendenze globali.



Se non ci saranno tempeste, l’economia italiana ridurrà la tendenza recessiva nel 2013 portandola a una caduta del Pil sotto l’1% contro il 2,6% circa atteso per il 2012, con una speranza di inversione percepibile in parecchi settori economici: quindi motivo di ritorno dell’ottimismo nell’estate del prossimo anno. Dal 2014 inizierà una ripresa stabile, ma di piccola entità (+1% medio annuo del Pil, quasi stagnazione) se la politica economica italiana manterrà l’attuale strategia di perseguire il pareggio di bilancio mantenendo elevate le tasse. Se, invece, punterà su un taglio sostanziale della spesa pubblica e delle tasse, allora il saggio di crescita prevedibile sarà molto più elevato, dopo un breve periodo di recessione dovuto all’impatto deflazionistico della minor spesa pubblica, probabilmente vicino al 2,5% medio annuo, dal 2014 al 2018.



I numeri di questa seconda possibilità di scenario sono stati calibrati, per comparazione, in seguito all’analisi recentissima della sorprendente prestazione dell’economia britannica. Nel 2011 il governo tagliò la spesa pubblica e le tasse (portando quelle sulle imprese, in prospettiva, a non oltre il 20%) con un piano pluriannuale di quasi 100 miliardi di euro equivalenti e puntò a una riduzione del deficit non ossessiva, ma spalmata nel tempo. Inoltre, la sovranità monetaria permise alla Banca d’Inghilterra di comprare titoli di debito sovrano in sterline così mantenendo molto bassi i costi per interessi e rifinanziamento del debito nonostante il fatto che i dati fondamentali britannici (indebitamento privato, saggio di crescita del debito pubblico, avanzo primario di bilancio, ecc.) siano molto peggiori di quelli italiani. Ora il Regno Unito è uscito dalla recessione molto prima di quanto si pensava.



Tale caso fa riflettere su quali siano le scelte politiche più utili per uscire dalla crisi. Ma prima di farlo dovremo superare tempeste con potenziale destabilizzante attese tra fine anno e primi mesi del 2013. Il mercato è in una situazione di attesa e se non vedrà l’intervento illimitato della Bce a garanzia dei debiti europei a rischio ricomincerà a scommettere contro l’euro: momento critico tra febbraio e marzo, la Spagna il possibile caso di innesco. A marzo, inoltre, vi sarà il picco di effetti recessivi in Italia, proprio in fase elettorale.

Prima di allora l’America dovrà fare una manovra difficilissima di rientro dal debito che, se non ben calibrata, potrebbe innescare una recessione interna poi causa di un peggioramento di quella globale. Solo dopo aver passato indenni queste tempeste vi potrà essere una stabilizzazione seguita dall’inversione della crisi. Ma la luce all’orizzonte c’è.

 

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