Il perché i grandi media centellinino le presenze in video e gli interventi del professor Giulio Sapelli si è reso chiaro durante la puntata di venerdì scorso de “L’ultima parola”, condotta da Gianluigi Paragone su Rai2: è un eretico. E gli eretici, nel mondo della tecnocrazia imperante e degli “yes men”, fanno paura. Concetti come sovranità, battere moneta, investimenti pubblici, prestatore di ultima istanza, lotta alla deflazione sono bestemmie negli anni del rigore cieco e dell’austerity filo-bancaria, ricette che come massimo risultato sono riuscite soltanto a far aumentare il debito a carico di Grecia, Italia, Spagna e Portogallo e garantire affari d’oro alle banche. Complimentoni!
Ora, poi, ci pensa la stessa Bce guidata da Mario Draghi a darci conferma del fatto che avanti di questo passo la crisi non potrà che peggiorare. Basta dare un’occhiata ai dati sulla politica monetaria del mese di settembre, dopo il rimbalzo del gatto morto dell’estate. La massa monetaria M3, quella che gli esperti guardano come un segnale di allerta per quanto potrebbe succedere all’economia dopo un anno, si è contratta di 30 miliardi mese su mese, mentre è scesa addirittura di 143 miliardi da aprile. Quantomeno inusuale. La massa monetaria M1, quella guardata come cartina di tornasole sul breve periodo, ovvero dopo sei mesi, ha retto meglio ma si è comunque contratta in settembre di 16 miliardi di euro. Cosa significa questo?
Non ha dubbi Lars Christensen di Danske Bank: «Il messaggio è chiaro. La Bce deve smettere di ossessionarsi su materie fiscali e deve dare vita a un vero programma di allentamento quantitativo, una reale politica espansiva, se vuole evitare che l’eurozona imbocchi la strada del Giappone». I prestiti alle aziende e ai privati sono scesi di un ulteriore 1,3%, stante la politica bancaria di continuo dimagrimento degli stati patrimoniali per andare incontro alle nuove regolamentazioni: da aprile ad oggi, i prestiti privati sono calati mese su mese senza una sola inversione. A cosa siano servite le due aste LTRO da 1 triliardo di euro, lo sappiamo tutti: hanno caricato le banche di soldi a costo zero, in parte accantonati nei depositi overnight della Bce – quindi rendendo ancora più glaciale il congelamento del mercato interbancario – e in parte utilizzati per acquistare debito sovrano di Italia, Spagna e Portogallo, cercando di tamponare gli spread e, contestualmente, garantendo un significativo carry trade sui differenziali agli stessi istituti.
A lanciare un segnale d’allarme è anche il professor Richard Werner dell’Università di Southampton, a detta del quale «questa contrazione del credito è esattamente quanto accaduto in Giappone all’inizio degli anni Novanta e dobbiamo stare attenti a non cadere in una spirale deflazionaria. Devono lanciare un vero programma di QE o un’espansione nella creazione di credito, anche se questo non può essere fatto facilmente». Ma non bastassero i dati sconfortanti resi noti dalla Bce, ci ha pensato l’Fmi a rincarare la dose, mostrando al mondo quanto il Re dell’austerity sia nudo: «Il Portogallo sta affrontando scelte che divengono sempre maggiormente difficoltose e potrebbe essere costretto a una nuova ondata di tagli». Nonostante abbia approvato la prossima tranche da 1,5 miliardi per Lisbona, l’Fmi fa notare che «la resistenza politica e sociale agli aggiustamenti richiesti sta crescendo». Ma và? Vuoi dire che ai portoghesi non piace morire di fame in ossequio alle paturnie rigoriste di madame Lagarde? Che screanzati! Ma come si permettono, visto che grazie alle ricette della troika l’anno scorso la ratio debito/Pil lusitana è lievitata al 124%? Cos’hanno da lamentarsi, forse temono una bella deriva greca, Paese dove l’erosione della base fiscale a causa dell’austerity ha portato a nulla se non all’impossibilità di raggiungere i target di deficit? Taglia, taglia, taglia e il circolo vizioso è servito. Ma si sa, l’ossessione inflazionistica e il timore di una nuova Weimar sono dogmi incrollabili per questa Europa salva-banca e ammazza-Stati.



Il bello è che sono gli stessi organismi che impongono il rigore a confermare che le loro ricette sono fallimentari, un qualcosa a metà strada tra Kafka e Beckett! L’Fmi, infatti, ha candidamente ammesso che la gran parte dell’apparente inflazione presente nell’Europa del sud è una mera illusione statistica, dovuta essenzialmente all’aumento dell’Iva e di altre tasse sui consumi, voci che non conoscono politiche di bilancimanto e aggiustamento da parte delle istituzioni europee. Di più, sempre l’Fmi ha confermato che le pressioni sottostanti più serie sono deflazionarie e questo processo potrebbe essere molto difficile da invertire una volta che prenda piede. Insomma, vuoi dire che a furia di prendere cantonate si stia capendo che occorre prendere un’altra strada? Ne è certo Marchel Alexandrovich della Jefferies Fixed Income, a detta del quale «le parole di Draghi ci fanno capire che un QE anche in Europa è in arrivo». Inoltre, non si capisce come mai il governo Monti prosegua nella sua politica ultra-rigorista, visto che sia i dati monetari che quelli della stabilizzazione ci dicono che l’Italia non è poi così sull’orlo del collasso come i tecnici vogliono farci credere. Sia Simon Ward della Henderson Global, uno che con l’Italia non è mai stato tenero, sia gli analisti di HSBC, concordano sul fatto che gli attuali 270 punti base di spread tra decennali italiani e francesi, Btp e Oat, non sono assolutamente più giustificabili. Inoltre, il nostro Paese ha presentato un ampio avanzo primario lo scorso anno e le misure più dure sono state già prese, a differenza di quanto fatto dalla Francia: per Andrew Roberts di Rbs, «l’Italia sta molto meglio di quanto la gente pensi». Certo, c’è la questione spagnola ma anche lì, dopo un dissanguamento infinito, i depositi bancari sono tornati a crescere, sulla scorta delle promesse di Draghi di acquisti obbligazionari illimitati. La Banca di Spagna ha reso noto che i depositi sono saliti di 15 miliardi di euro in settembre, nonostante il dato dello scorso anno parli di un’emorragia di 153 miliardi di euro. Piccoli segnali, a cui però ci si può aggrappare se si cambia registro. Il segretario del Tesoro, Inigo Fernandez de Mesa, ha reso noto che tra il 50% e l’80% del nuovo debito emesso nelle aste più recenti è stato acquistato da investitori stranieri, quindi non più soltanto dalle agonizzanti banche iberiche mantenute in vita dalla Bce. 



Di più, la Spagna ha già coperto il 95% delle necessità di finanziamento per quest’anno, quindi se la Bce decidesse davvero di intervenire non sarebbe necessario alcun salvataggio imminente, con grosso scorno di Deutsche Bank. Ma per intervenire, bisogna davvero usare la clava. Lo dicono chiaro a Nomura: «Se Draghi riproporrà gli acquisti obbligazionari a singhiozzo degli interventi passati, peggiorerà solo la situazione. Farà crollare la fiducia, spaventerà gli investitori privati e ripeterà l’errore compiuto con la Grecia».
Per Nicolas Spiro, analista specializzato nel debito sovrano, «ora come ora l’eurozona è in uno stato di comodo impasse, visto che l’effetto Draghi è ancora presente sui mercati e ha portato sufficiente calma. Per adesso, a mio modo di vedere, i rischi maggiori per l’Europa giungono dalla politica». Già, la politica. Dov’è costei, forse tra le pieghe dell’astensione al 52% delle elezioni siciliane? Guarda caso, ieri lo spread è risalito e la Borsa ha conosciuto cali significativi nel settore bancario, nonostante il buon collocamento di 8 miliardi di euro di Bot a sei mesi da parte del Tesoro. Tutta colpa delle parole e delle minacce di Berlusconi di staccare le spina al governo? Credeteci, se volete. Esattamente come accaduto un anno fa. Poi, però, non lamentatevi. 



P.S. Anticipo eventuali domande al riguardo da parte dei lettori: cosa penso di quanto detto da Silvio Berlusconi nella sua conferenza stampa di sabato scorso riguardo il ruolo della Germania nell’aggravarsi della crisi europea e, soprattutto, italiana nel 2011, è contenuto in questo mio articolo. Nulla da aggiungere. Né da correggere o smentire. https://www.ilsussidiario.net/news/economia-e-finanza/2012/1/3/geofinanza-cosi-la-germania-ha-dichiarato-guerra-all-italia/233002/

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