Chi ha deciso l’addio? Quando si tratta di parlare delle vicende che riguardano Carlo De Benedetti, bisogna avere sempre un approccio andreottiano e applicare il vecchio motto dello storico leader della Dc: “Pensare male è peccato, però si indovina”. Ritiriamolo fuori dal cassetto dove è stato riposto, ma mai dimenticato, e usiamolo per valutare quanto è stato annunciato ieri dal quartiere generale del gruppo De Benedetti, in via Ciovassino a Milano. Uno scarno comunicato ha infornato che l’Ingegnere ha deciso di completare l’iter di distacco dalle attività operative del suo gruppo per lasciar spazio ai figli. Quindi trasferirà loro a titolo gratuito tutte le azioni dell’accomandita CDB&Figli che è a capo della catena di controllo. Oltre a questo lascerà ogni carica attiva. Rodolfo diventerà presidente esecutivo di Cofide e della controllata Cir, mentre in quest’ultima salirà, come amministratore delegato, Monica Mondardini, ora anche amministratore delegato dell’Espresso, carica che manterrà e assommerà all’altra. Si profila dunque una coppia Rodolfo -Mondardini sul ponte di comando di questa piccola conglomerata da 4,5 miliardi che sta presentando qualche problema di crescita, mitigato dai famosi 500 milioni avuti, su ordine del tribunale, da Silvio Berlusconi.
Ora proprio questa ripartizione di poteri fra Rodolfo e Mondardini fa venire un primo dubbio sull’operazione. Carlo De Benedetti aveva già iniziato il suo iter di ritiro dalla gestione il 26 gennaio 2009. Quel giorno aveva convocato una conferenza stampa per annunciare la sua decisione di lasciare le cariche operative all’interno del gruppo. Aveva spiegato la sua mossa così: “Giorni fa sono stato ricevuto dal presidente Giorgio Napolitano per festeggiare il 25 anni del mio cavalierato. In quella tornata eravamo in 20. Siamo sopravvissuti in tre:allora ho capito che anch’io dovevo dare un’occhiata alla carta d’identità”. Di qui la nomina di Stefano Micossi e Francesco Guasti a presidenti rispettivamente di Cir e Cofide e il passaggio dei poteri a Rodolfo. Lui, l’Ingegnere, conservava un ruolo attivo solo negli amatissimi giornali, affiancato della Mondardini come amministratore delegato.
E’ normale che fra lui e la manager editoriale si sia creata un’intesa professionale forte, visto che hanno lavorato all’unisono quotidianamente. Intesa che si ritrova nel comunicato di ieri nel quale colpisce la nuova ripartizione di compiti. Rodolfo è sì presidente esecutivo, ma affiancato appunto dalla Mondardini, fedele manager dell’Ingegnere. Questo fa pensare che non proprio tutto sia filato via liscio in questo passaggio di testimoni: Carlo ha lasciato lo scettro, d’accordo. Formalmente è passato sul capo di Rodolfo; però al suo fianco si è creato un posto per una specie di tutore che quotidianamente potrà riferire su come vanno le cose a chi di dovere. L’Ingegnere ha detto che girerà a titolo gratuito le sue azioni nell’accomandita ai figli. Si tratta dunque di una donazione, formula introdotta dal governo Berlusconi che ora permette a De Benedetti di risolvere un problema in famiglia. A volte anche i nemici, come il Cavaliere, servono. Ultima osservazione: l’Ingegnere si priva delle azioni della Sapa, ma non di quelle custodite nella sua finanziaria personale Romed. Rimarrà dunque un’azionista di peso nel gruppo che ha creato e potrà dedicarsi ai suoi giornali e alla sua nuova passione per la pubblicistica politica (ha appena pubblicato un libro “Mettersi in gioco”) con assoluta tranquillità. Perché qualunque cosa succeda potrà sempre dire la sua, grazie appunto alle azioni che ancora controlla direttamente e al ruolo che ha fatto assegnare alla Mondardini.



Crudele TiMedia. Vi ricordate il pezzo scritto pochi giorni fa proprio in questa Giganomics a proposito de TiMedia, la controllata dei Telecom Italia che possiede la 7? La tesi di fondo era questa: Franco Berbanbè mette in vendita la società perché deve farlo, ma spera ardentemente che l’operazione non riesca. La ragione? Il controllo di una rete tv con un forte tasso di programmi di informazione, è uno strumento prezioso in questi tempi incerti, dove si prendono molte decisioni e si assegnano poltrone interessanti.Quindi tenere TiMedia è finanziariamente un disastro, ma politicamente una mossa azzeccata.
Gli ultimi dati sembrano fatti apposta per confortate Bernabè in questa sua, ovviamente mai confessata, linea d’azione. I conti vanno male. Nei primi nove mesi dell’anno la società chiude con un rosso di 53,8 milioni; i ricavi sono scesi a 160,7 milioni, con una perdita dell’8,9 per cento sullo stesso periodo 2011. Sono cifre capaci di far passare la voglia a più di un candidato acquirente. 
Ombre sul Sole. Il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, è un uomo pratico e di poche parole. E soprattutto non ama raccontare ai quattro venti quello che fa o ha in mente di fare. Lui fa, decide e poi comunica. Così si sta comportando anche con il Sole24Ore, la casa editrice controllata appunto dalla Confindustria. Ha commissionato un check up della situazione del quotidiano e di tutto il resto e pare non ne abbia tratto motivi di soddisfazione. In poche parole la situazione contabile-finanziaria non va e bisogna trovare dei rimedi. Per la redazione, che ha già conosciuto i contratti di solidarietà, si preparano altre sorprese e non piacevoli.
Rcs agitata. Non sono solo gli azionisti di RcsMediagroup ad agitarsi. Oggi i redattori dei periodici della casa editrice si riuniscono in assemblea per decidere se affidare al Comitato di redazione un pacchetto di dieci giorni di sciopero. La ragione è semplice. I giornalisti sentono voci e leggono indiscrezioni di inevitabili chiusure delle loro testate, con conseguenti tagli di posti di lavoro. Hanno chiesto di essere ricevuti dai vertici aziendali (sia quelli della periodici, sia quelli della holding) ma finora non hanno avuto risposta. La tensione così è salita e si è arrivati all’ipotesi del megasciopero.

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