Il presidente del Consiglio del “governo dei tecnici”, Mario Monti, parla, a sorpresa, di una possibilità di riduzione della pressione fiscale verso la fine della legislatura. L’effetto ha qualche cosa di straordinario, perché nei giorni scorsi il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, aveva escluso qualsiasi tipo di riduzione. Subito si diffonde incontrollato uno strano entusiasmo e si moltiplicano gli interrogativi pieni di speranza. Fino alla diffusione di una nota, secca, che taglia – sì – ma le speranze. “Nulla ha detto il Presidente Monti su misure fiscali da adottarsi entro la fine della legislatura”. Insomma, era una bufala. E del resto, gli impegni che l’Italia ha preso con la “grande Germania” e con le autorità internazionali in questioni finanziarie ed economiche, sia per il Fiscal compact sia per quanto riguarda i famosi “compiti a casa”, sia infine per tutelare l’immagine dell’Italia sui mercati internazionali, con il pareggio di bilancio tassativo per il 2013, lasciano ben poco spazio a una politica fiscale differente.



Ma qualche cosa deve essere cambiato in questi giorni e nelle ultime ore. Perché anche i giornali, i grandi quotidiani che di solito hanno sponsorizzato il presidente del Consiglio hanno visto che esiste in Italia una questione fiscale. Scrive Guido Gentili su Il Sole 24 Ore: “Che una questione fiscale, grande e grossa, esista, lo dicono i fatti e non la coda ideologica di polemiche politiche strumentali”. Scrive Sergio Rizzo su Il Corriere della Sera, dove si parla di riscossione privata e poche verifiche, di “centinaia di milioni delle tasse pagate dai cittadini inghiottiti da un gorgo di auto di lusso, yacht, aerei privati, vacanze da sogno”. Questo rivela l’arresto di Giuseppe Saggese, amministratore delegato di “Tributi Italia”, società di riscossione delle imposte. Scrive Nicola Porro su Il Giornale: “ C’è un mito favoloso che si aggira per l’Italia: combattere l’evasione fiscale risolverebbe tutti i nostri problemi di bilancio e di mancanza di fondi. È una balla”. Evidentemente il professor Mario Monti deve aver letto con attenzione i giornali. La sua politica di austerità, la sua applicazione a seguire i consigli “internazionali” deve aver subito uno scossone. Il professor Ugo Arrigo, docente di Scienza delle Finanze all’Università Bicocca di Milano, ricorda al proposito che forse i giornali si sono svegliati tardi: «Il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, ha detto che la pressione fiscale è la causa dei due terzi della recessione che stiamo vivendo. Forse si poteva dichiararlo e scriverlo anche prima, rendendosi conto prima di quello che stava avvenendo. Una fatto mi sembra ormai accertato».



Quale?

La manovra fatta l’anno scorso dal governo Monti non è stata valutata bene nella sua portata recessiva. Non è stato considerato il peso recessivo che questa manovra ha avuto. Visto il calo del Pil, che è passato da una previsione a metà aprile del -1,6%, e portata qualche settimana fa a un -2,4%, mi sembra che alla fine sia stata controproducente. E non si sa bene neppure come finirà, perché si può finire al -2,6-2,7%. Ora basta tradurre i punti di Pil (15 o 16 miliardi ogni punto) con la portata della manovra e fare i conti finali. Ci riserverebbe delle autentiche sorprese.

A suo parere quella manovra non è stata ragionevole?



Non mi pare visto la caduta del Pil. Con la perdita del Pil cadono anche le entrate fiscali. Io ritengo che ogni cento euro che un italiano paga allo Stato gli costa circa più di duecento euro in ricchezza. Alla fine si potranno fare i conti esatti, ma l’allarme che ha lanciato la Corte dei Conti non era una cosa da non prendere in seria considerazione.

 

In più, oltre alle tasse, arrivano anche gli scandali sulla riscossione, come quello di “Tributi Italia”.

 

Questo è quello che si ottiene quando si trattano i cittadini da sudditi. Ma che cosa significa una struttura di riscossione? Le tasse in qualsiasi Paese democratico le riscuote il fisco. Gli altri strumenti sono un retaggio delle monarchie assolute, sono un fatto intollerabile. In più si deve pure scoprire che si ruba anche sulle tasse pagate dai cittadini.

 

C’è poi da considerare che i famosi debiti dello Stato nei confronti delle imprese sembrano quasi dimenticati, non se ne parla neppure più di quegli ottanta o cento miliardi di debiti dello Stato nei confronti delle imprese.

 

È la faccia della democrazia di questo Paese: il cittadino ha solo doveri, lo Stato ha solo diritti. Il cittadino vede pagare subito, o nel tempo giusto, lo Stato quando non ha soldi, non paga. Che altro si può dire di fronte a un fatto del genere? Forse si potrebbe licenziare il personale di governo e dello Stato anche senza ricorrere all’articolo 18. Non ce ne è bisogno.

 

(Gianluigi Da Rold)