David Cameron punta i piedi e annuncia che la Gran Bretagna potrebbe porre il veto al nuovo budget 2014-2020 che gli Stati membri dell’Unione europea si accingono a negoziare. Mille miliardi circa di euro sui quali il premier inglese ha detto chiaramente: «Loro (i leader europei ndr) sanno che sono capace di dire no, e se non otterremo un buon accordo sul budget, dirò no di nuovo». Il riferimento era alla bocciatura da parte della Gran Bretagna (unico tra i Paesi europei) del Fiscal compact, ritenuto, allora, del tutto incompatibile con le particolari caratteristiche del Paese, la cui economia è in gran parte basata sulle attività finanziarie della City. Questa volta sembra che abbiano un peso maggiore le ragioni di politica interna, quali l’esigenza di non lasciare libero il terreno alla componente più di destra del suo partito o di non essere messo in ombra dal sindaco di Londra, Boris Johnson, sempre più intenzionato a conquistare la leadership dei Tories. Oltre a queste, tuttavia, ci sono anche una serie di motivazioni oggettive. Emilio Colombo, docente di Economia internazionale alla Bicocca di Milano, spiega a ilSussidiario.net quali sono. «Dobbiamo tenere presente che Cameron – afferma – ha anche chiesto di separare il bilancio dei Paesi dell’Ue da quelli della zona euro. Significa che, anzitutto, vuole evitare che le vicende del debito europeo possano compromettere la posizione di chi non fa parte della moneta unica come il suo Paese». Non solo: «C’è un motivo se gli inglesi mal sopportano il Patto di stabilità e crescita, vincolante anche per i Paesi che non fanno parte dell’euro, e se Cameron si è rifiutato di firmare il Fiscal compact; la Gran Bretagna versa in condizioni di bilancio pessime, sia il Patto che il Fiscal compact – se fosse stato approvato – rappresentano per loro un’indebita ingerenza nei propri affari economici. Vogliono a tutti i costi evitare le intrusioni».

Ma il bilancio, a dire il vero, ha poco a che fare con i debiti sovrani e i conti dei singoli Stati. «Prevalentemente, favorisce le politiche agricole e la coesione sociale; attraverso i trasferimento, vengono aiutati gli Stati o le loro Regioni più indietro. Se un tempo gli aiuti erano destinati soprattutto ai Paesi mediterranei quali la Spagna, il Portogallo, la Grecia o alcune regioni italiane, oggi lo sono per lo più ai Paesi dell’Europa orientale. Queste due voci, da sole, costituiscono circa l’80% del bilancio». Si tratta, spiega Colombo,  di politiche condivise ed emendate negli anni, parecchio criticate, ma che trovano numerosissime resistenze a essere modificate. «Le politiche agricoli comuni, per intenderci, rappresentano un enorme spreco di risorse in aperta violazione delle logiche competitive. Eppure, le adottiamo noi, così come gli Stati Uniti, nonostante questo abbia bloccato per anni gli accordi del commercio internazionale». 

Tornando a Cameron, «in sintesi, se c’è una preoccupazione inglese condivisibile, è quella relativa alla necessità di uno Stato molto snello. Non vogliono, quindi, che l’Ue crei un nuovo strato amministrativo in aggiunta a quelli esistenti, con ulteriori costi e lungaggini». Ma il veto, a dire il vero, Cameron, probabilmente, non lo porrà. «Tutto questo servirà semplicemente per rinegoziare il budget cercando di ottenere per il proprio Paese le condizioni migliori. Credo che faccia parte del suo gioco politico».

 

(Paolo Nessi)