Dopo una tribolatissima gestazione, e con un ritardo di tre mesi prodotto dall’attesa che la Corte costituzionale tedesca si pronunciasse sulla sua legittimità, entra oggi in funzione il Fondo salva Stati, l’Esm, il cui board si riunisce in Lussemburgo. A regime, disporrà di 500 miliardi di euro e potrà acquistare titoli di Stato sul mercato primario di quei Paesi che ne faranno richiesta, seppur non si trovino necessariamente sull’orlo del baratro come, invece, prevedeva il precedente Efsf. A sua volta, il nuovo Fondo, laddove si rendesse necessario, si affiancherà alla Bce che potrà acquistare illimitatamente bond sul mercato secondario. Resta da capire in che misura tali misure riusciranno a essere efficaci per arginare definitivamente la tempesta finanziaria. E se, pure questa volta, la Germania si metterà di traverso. Lo abbiamo chiesto a Leonardo Becchetti, professore straordinario di Economia politica presso l’Università Tor Vergata.
Prima o poi la Spagna chiederà una cinquantina di miliardi di euro per salvare alcune delle sue banche nazionalizzate di recente. Dobbiamo temere che la Germania ritenga siano troppi?
La quantità di risorse di cui il Fondo dispone è stata stabilita dopo un lungo e complicato processo. Inoltre, l’intervento sul mercato primario potrebbe notevolmente calmierare la tempesta, evitando fiammate inflazionistiche, il maggior timore dei tedeschi; potrebbero, infine, determinarsi dei guadagni in conto capitale. Se l’operazione fosse attuata con decisione, infatti, i prezzi dei mercati potrebbero essere orientati nella direzione auspicata, facendo sì che chi acquista ottenga dei ricavi rivendendosi i titoli. Non credo che i timori della Germania debbano essere eccessivi.
Crede, in ogni caso, che l’Esm si rivelerà sufficiente per fermare la speculazione?
A oggi il Fondo, per sua natura, dispone di risorse limitate, mentre la Bce ne ha illimitate. Va da sé che la Bce ha un potere deterrente maggiore. La strada migliore consisterebbe nel conferire all’Esm licenzia bancaria. A quel punto, la sua forza di fuoco si moltiplicherebbe. Trasformandosi in una banca che agisce autonomamente, si bypasserebbero i limiti imposti all’operato dalla Bce. Si consideri che più l’intervento è deciso, più si riesce a orientare le aspettative dei mercati. Ovviamente, è necessario che ci sia la volontà politica per farlo.
E’ verosimile che gli Stati che faranno richiesta di aiuti, effettivamente non saranno sottoposti a condizioni vessatorie?
Auspichiamo sinceramente uno scatto d’intelligenza. Paesi come la Spagna e l’Italia hanno mostrato tutta la buona volontà possibile rispetto alle manovre di rigore dei bilanci. Ma esagerando con il rigore l’economia non ripartirà; il terrificante esempio greco sta lì a dimostrarlo. Si tratta di una spirale da evitare a tutti i costi. Sarebbe controproducente obbligare chi richiede l’accesso al Fondo a inasprire le proprie politiche di rigore. Si brucerebbero risorse senza ottenere alcun risultato.
Quindi?
E’ necessario porre come condizione l’implementazione di tutte le misure necessarie per rilanciare l’economia del Paese. Trovo, contestualmente, ragionevole la regola del Fondo che impone una verifica ex post della persistenza del Paese interessato sul sentiero delle riforme. Ha senso ipotizzare che il Paese che non rispetti le procedure richieste non acceda più ai fondi. Non si tratterebbe di un inasprimento delle condizioni, ma della volontà di far sì che vengano rispettate.
Noi dovremmo fare richiesta di aiuti anzitempo, dettandoci da soli le condizioni per ottenerli?
Attualmente, l’Italia si trova al guado tra la situazione spagnola e quella dei paesi virtuosi. Difficile, quindi, a oggi, affermare se sia il caso di ricorrere agli aiuti. Conoscendo lo spirito di questo governo, sono in ogni caso convinto che Monti farà di tutto per dimostrare che l’Italia ce la farà da sola.
(Paolo Nessi)