Ad squadram. In un Paese che ha fatto delle leggi ad personam l’undicesimo comandamento (imponendo contestualmente che le tavole si incomincino a leggere dal fondo) non ci si può stupire se Trenitalia introduce le fermate impreviste ad squadram. È successo martedì: il Frecciarossa Napoli-Roma-Firenze-Bologna-Milano, secondo quanto raccontato da decine di viaggiatori e da una denuncia del Codacons, dopo Bologna ha fatto una deviazione, è uscito dalla linea dell’alta velocità andando sui binari del traffico normale, e si è fermato a Parma. Qui è scesa dal treno la squadra della Roma al completo, che il giorno dopo avrebbe incontrato al Tardini i padroni di casa (partita poi persa 3-2). Scaricati Totti &. c. finalmente il Frecciarossa è ripartito arrivando a Milano Centrale con 40 minuti di ritardo. I viaggiatori imbestialiti hanno protestato con la Polfer e con i responsabili delle ferrovie.
Il lato più incredibile della vicenda è la risposta di Trenitalia alle proteste. Hanno detto in sostanza: “Noi abbiamo annunciato con l’altoparlante che il treno avrebbe fatto una tappa fuori programma e lo abbiamo anche scritto sui tabelloni degli orari. E comunque va bene: rimborseremo il 25% del prezzo del biglietto ai viaggiatori e così la chiudiamo. Anche se…” Anche se? “Anche se non capiamo perché si faccia tanto chiasso: noi abbiamo accordi analoghi con altre squadre come Juventus, Milan e Lazio delle quali siano vettori ufficiali”. Ma abbiamo capito bene? Io compro oggi un biglietto per il Frecciarossa Milano-Roma per un giorno della prossima settimana perché ho un impegno di lavoro, e può succedere che di nuovo quel treno faccia una capatina a Parma perché devono giocarci la Juve o il Milan? È così? Che cosa me ne importa che in stazione venga dato l’annuncio con l’altoparlante? Io ormai sono stato buggerato e devo prendere quel treno lì e subire la tappa calcistica. Ma davvero una follia di questo genere è stata codificata, scritta in un contratto? Davvero qualcuno si è impegnato, in caso di partite di una di quelle quattro squadre, a far girare i convogli dove più fa comodo infischiandosene dei passeggeri che hanno comprato un biglietto per avere un servizio prestabilito? Ma è una cosa incredibile. È come se l’Alitalia dirottasse il Milano-Napoli su Bologna per dare un passaggio all’Inter attesa in casa dalla Lazio. E allora perché non si può mandare ogni tanto il tram numero 1 sul tragitto del 19 per favorire una bocciofila in trasferta? Ma il signor Mauro Moretti, amministratore delegato di Trenitalia, può fare tutto quello che vuole con i treni dello Stato? E non c’è nessuno che lo controlli. Questo è davvero diventato un Paese delle banane e non solo per colpa del signor B.
La misura di Rosy. Il presidente del Partito Democratico, Rosy Bindi, ieri sera era a Otto e mezzo, la trasmissione della 7 condotta da Lilli Gruber. Ha parlato bene di Bersani, male di Renzi, con sufficienza di Grillo, e avanti così. Insomma, tutte le banalità del suo bagaglio. Infarcite da un intercalare che le è caro: “nella misura in cui”. A noi che avevamo 20 anni nel ‘68 fa venire in mente le rivolte giovanili, il movimento studentesco, le occupazioni delle università, eccetera: quello che si chiama, appunto, il’ 68. Roba datata, decisamente vecchia. È sicuro Matteo Renzi di voler abbandonare la linea della rottamazione?
Fiat giù. Continua a perdere terreno la Fiat in Borsa, segno che i mercati non hanno apprezzato il nuovo piano annunciato da Sergio Marchionne: investimenti in Italia e rotta puntata sulla fascia alta, Alfa Romeo e Maserati, per fare concorrenza ai grandi marchi tedeschi, Bmw, Mercedes, Audi. Ma allora non sono mai contenti: se non mette soldi per lanciare nuovi modelli lo penalizzano (a ragione) perché così non riesce a competere; quando invece lo fa (o promette di farlo) storcono il naso perché investe risorse invece di pagare un po’ del debito o distribuire una fetta più consistente di dividendi ai suoi azionisti. Forse è meglio non ascoltarli come fossero oracoli, i mercati: il tempo è galantuomo, dirà chi avrà avuto ragione.
Aerei su. Dopo lunghi trimestri di sofferenze, i conti delle compagnie aeree europee danno segni di miglioramento. Particolarmente buona la performance di Air France che può riaprire i suoi dossier di espansione internazionali, a lungo tenuti nel cassetto a causa della crisi. Fra questi dossier, ai primi posti, c’è quello dell’Alitalia. La pattuglia di patrioti che aveva risposto all’accorato appello di Silvio Berlusconi per salvare l’italianità della malridotta compagnia, è pronta a prendere il volo e a consegnare le proprie azioni ai francesi. Non realizzeranno una simpatica plusvalenza, ma almeno eviteranno una sgradevole perdita. E l’italianità? Beh, non si può aver tutto nella vita e bisogna saper scegliere.