I profitti delle banche continuano a essere considerevoli. Anche se, in certi casi, con margini inferiori rispetto a quelli degli ultimi anni. Basti pensare ai due principali istituti italiani. Intesa Sanpaolo incassa utili pari a 1 miliardo e 688 milioni nei primi tre trimestri dell’anno e pari 414 milioni nell’ultimo trimestre; Unicredit, invece, ottiene 1,4 miliardi negli ultimi 9 mesi e 335 milioni nell’ultimo trimestre. Tutto questo, nonostante la crisi. E nonostante il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti alle imprese abbia superato il 3%, raggiungendo il livello massimo dal 1997. Ma allora, le banche, di cosa vivono? IlSussidiario.net lo ha chiesto a Rocco Corigliano, professore di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università degli studi di Bologna. «I dati non sono per nulla sorprendenti. Come è evidente, la crisi è tutt’altro che indolore e ha agito e sta agendo negativamente sui margini delle imprese, riducendone i guadagni o, addirittura, generando perdite. Se peggiora la situazione finanziaria delle imprese, peggiora anche la loro capacità di rimborsare i prestiti ottenuti. Il che non fa altro che aumentare le sofferenze bancarie». Nessuna anomalia, quindi, su questo fronte. «Era ampiamente atteso che, dopo un certo periodo, si verificassero dei fallimenti e che, di conseguenza, si incrementassero i casi di insolvenza. Le banche erano perfettamente a conoscenza di tale situazione e si sono attrezzate, accantonando risorse per coprire la maggiori sofferenze; che, dal canto loro, crescono purtroppo in maniera elevata, perché profonda è la crisi che le aziende stanno vivendo». La situazione è nota anche a livello mondiale «non è un caso che le istituzioni bancarie internazionali e gli organi di vigilanza comunitari insistano, attraverso l’emanazione di norme, regolamenti e apposite procedure, perché gli istituiti di credito patrimonializzino in misura sempre maggiore». Resta da capire come sia possibile che, contestualmente, i loro utili continuino ad aumentare. «Tanto per cominciare – afferma il professore – solamente una quota dei presiti erogati diventa non esigibile. Se la maggioranza dei crediti non fosse più incassabile, infatti, la banca fallirebbe. In ogni caso, nonostante l’aumento delle imprese con problemi di rimborso, le banche riescono a ottenere dei ricavi attraverso lo svolgimento di altre attività; basti pensare alla gestione dei portafogli titoli, sia per conto proprio che della clientela. Con queste operazioni riescono a compensare i minori guadagni o le eventuali perdite sul portafoglio prestiti».
Ed è bene, secondo Corigliano, che tali attività siano implementate nel miglior modo possibile. «E’ compito delle banche, infatti, far fronte a questo peggioramento finanziario delle imprese, aiutandole a superare la fase congiunturale negativa. Quindi, se la banca è gestita bene è maggiormente in grado di agevolare le imprese. Il ricorso ad altre attività, quindi, è più che giustificato». Con dei limiti, però. «Ovviamente, è auspicabile che il loro core business sia sempre più legato ai prestiti. Abbiamo visto, infatti, la fine che fanno quelle che, prevalentemente, fanno finanza».
(Paolo Nessi)