Monti ha detto che non esclude la patrimoniale. Monti ha detto che esclude la patrimoniale. Così, nell’arco di poche ore, si è consumato il “giallo” su una nuova (ed ennesima) tassa italiana. Intervenendo all’Italy Summit del Financial Times, organizzato a Milano, il Premier aveva argomentato sull’imposta patrimoniale, annunciando l’intenzione di introdurla. Ma con tutte le dovute attenzioni, per evitare la fuga di capitali. Poco dopo, sul sito della presidenza del Consiglio, appariva un comunicato ufficiale in cui si affermava che Monti non aveva affatto annunciato un intervento di tassazione sui patrimoni. In ogni caso il dibattito è stato riaperto e sui giornali sono comparsi articoli pro (con chi ricorda l’esistenza della patrimoniale in altri paesi europei come la Francia) e contro (dove non si dimentica che la pressione fiscale nel nostro Paese è molto più che alta che altrove). Abbiamo fatto il punto con Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze.
Come si spiega l’atteggiamento di Monti?
Sta sondando il terreno. E lancia diverse ipotesi. La prima, quella dell’introduzione della patrimoniale, presuppone la vittoria di una coalizione vincente orientata a sinistra. Monti vuol lasciare intendere che, se fosse nuovamente premier in un simile scenario (che è il più probabile), non si farebbe problemi ad applicarla. La seconda, quella dell’assenza della patrimoniale, prevede una coalizione senza il Pd. Fa capire, insomma, di avere un programma adatto a tutte le stagioni.
In ogni caso, che effetti può produrre l’imposta sui patrimoni?
Effetti disastrosi. Tanto per cominciare, si perderebbe l’ultima occasione per varare un piano serio di privatizzazioni. Nella previsione di una patrimoniale, nessuno acquisterebbe beni pubblici che incrementerebbero la propria ricchezza. Ne risentirebbe negativamente, inoltre, anche il debito pubblico.
Perché?
Gli italiani avrebbero sempre meno interesse ad acquistare titoli di Stato, dato che sarebbero ulteriormente tassati. Di conseguenza, diminuirebbe la raccolta. Cosa che spaventerebbe i mercati finanziari internazionali rispetto alla nostra capacità di solvenza. E gli spread riprenderebbero a salire alle stelle. La situazione diventerebbe insostenibile.
Non crede, tuttavia, che se tra la classe più abbiente ci fosse consenso verso la patrimoniale, il provvedimento non dovrebbe produrre danni?
Può darsi; ma la patrimoniale di cui stiamo discutendo non sarebbe sui patrimoni elevati, ai quali è spesso difficilissimo risalire perché nascosti o frutto di operazioni all’estero, ma su quelli medi. Stiamo parlando, per intenderci, di persone con un reddito superiore ai 150mila euro e, magari, con un patrimonio di un milione. Quasi chiunque abbia una piccola impresa o una seconda casa rientrerebbe in questa casistica. Verrebbe così colpita la cosiddetta classe media.
A proposito di case: anche l’Imu, di per sé, è già una patrimoniale.
Già, come il bollo sui depositi. Il fatto è che Monti continua a indicare quanto avviene all’estero come esempio da seguire, senza rendersi conto che da nessuna parte la pressione fiscale è alta come in Italia. O le aliquote sono più basse, con una progressività più morbida, o esiste una serie di compensi fiscali quali il quoziente familiare. Non si può affermare, in sostanza, che l’imposta sulla casa la paga tutta il mondo dimenticandosi che noi già abbiamo un carico tributario tra i più alti.
A fronte di una serie di danni evidenti, per cosa potrebbe essere utilizzato il gettito deviante dalla nuova tassa?
Per poco e niente. Nei calcoli di chi la sta immaginando, produrrebbe un introito di, al limite, sei-sette miliardi di euro. Quanto basta per procedere di qualche passo ulteriore nella direzione del pareggio di bilancio. Il debito pubblico resterebbe inalterato.
Cosa lo ridurrebbe?
Il Pdl dispone di una serie di progetti, cui ha contribuito anche il sottoscritto, che prevedono un piano di alienazione del patrimonio pubblico pari, all’incirca, a 1-2 punti di pil annui. Qualcosa di analogo, che prevedeva dismissioni per 200 miliardi di euro, oltre al concordato con la Svizzera, venne presentato dal governo Berlusconi a Napolitano.
Come andò a finire?
Napolitano lo rifiutò, definendolo ridicolo. Poco dopo si insediò il governo Monti…
(Paolo Nessi)