Caro direttore,
Il 5 novembre è nata IFMAdvisor, un’associazione di esperti in mercati finanziari. L’esigenza di intervenire a fronte di una escalation di demagogia e populismo è stata forte, soprattutto per spiegare all’opinione pubblica le gravi bugie espresse da coloro che vedono favorevolmente una “tassa sulle transazioni finanziarie” (la cosiddetta Tobin Tax). Dal momento della sua nascita a oggi, l’IFMA ha portato avanti diverse iniziative e, grazie all’ausilio del Senatore Elio Lannutti, è riuscita a presentare in Parlamento una sua controproposta relativa alla Legge di stabilità in tema di “tassa sulle transazioni finanziarie”.
È importante ricordare che se il Parlamento approvasse l’attuale proposta di legge, il nostro Paese rischierebbe di essere destabilizzato economicamente e finanziariamente e saremmo l’unica nazione al mondo ad avere una tassa sulle transazioni così pesante. Come ammesso nella Relazione tecnica di accompagnamento al ddl, l’introduzione della Tobin Tax comporterebbe una fuga di capitali stimabile in almeno 7.000 miliardi di euro: la Borsa italiana dopo 200 anni di storia sarebbe a rischio chiusura.
La carenza di liquidità sui mercati renderebbe vulnerabile e manipolabile il mercato italiano, accentuando la libertà di azione “speculativa” degli hedge fund e grandi banche d’affari straniere, rimaste escluse dalla tassa. È vero che la tassa non colpisce i titoli di Stato, ma questi ultimi sono stati per caso immuni dalla speculazione negli ultimi anni? Assolutamente no, come ha dimostrato il grave accrescere dello spread. Ma ci sarebbero conseguenze soprattutto sotto il profilo macro e microeconomico: le imprese attive sull’export dovrebbero sostenere gravosi costi di copertura dei rischi di cambio e sono da mettere in conto aumenti anche sulle bollette dell’energia elettrica, per la benzina e per il gas. Riflessi negativi anche per i Comuni chiamati a rinnovare nei prossimi anni i contratti derivati in corso.
Infine, il gettito stimato dal Governo in 1 miliardo di euro è difficilmente raggiungibile, e questo proprio in virtù del fatto che le banche e gli operatori professionali trasferiranno le sedi operative in paesi esenti dalla tassa, come ha già dimostrato una simulazione sull’argomento fatta con l’ausilio di diverse istituzioni. Le aliquote ipotizzate, infatti, non renderebbero economicamente sostenibili le operazioni e, pertanto, i volumi scenderanno più di quanto previsto (-60% mercato azionario, -90% mercato derivati).
L’IFMA ha quindi proposto un’alternativa, in base a uno spirito assolutamente costruttivo e con puro impegno civico (quindi, spogliandoci del nostro interesse di parte). La proposta formulata e sotto espressa sinteticamente, in alcuni ambienti finanziari è stata definita come un “possibile modello europeo” poiché non distrugge il sistema finanziario e al contempo genera lo stesso gettito richiesto dal Governo (saldo invariato). L’IFMA ritiene che la strada più corretta sarebbe quella di una sospensione della normativa in attesa di un testo condiviso in sede europea. Se invece si intendesse comunque assicurare un gettito all’erario, il suggerimento tecnico sarebbe di riscrivere i commi 18 e 19 dell’articolo 12 del Disegno di Legge sulla Stabilità 2013 come di seguito.
Art. 12, comma 18 – La compravendita di azioni, e di altri strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti nel territorio dello Stato è soggetta a imposta di bollo. La tariffa è pari a 1 euro per le compravendite effettuate nell’ambito dei mercati regolamentati. La tariffa è pari allo 0,05% del valore della transazione per le compravendita effettuate nei mercati non regolamentati. L’imposta è dovuta anche se la compravendita avviene al di fuori del territorio dello Stato. Gli ordini cancellati e modificati inoltrati nei mercati regolamentati sono assoggettati a un’imposta di bollo fissa di 0,10 euro a transazione laddove il risultato del rapporto fra il numero di ordini eseguiti e la somma del numero di ordini cancellati e modificati, in un’unica seduta di contrattazione, sia inferiore a 0,02.
Art. 12, comma 19 – Le operazioni su strumenti finanziari derivati sono assoggettate a un’imposta fissa di 1 euro per singolo lotto negoziato. I derivati aventi a oggetto un rapporto valutario sono assoggettati a un’imposta di bollo pari allo 0,002% del valore del nozionale movimentato con la transazione; i derivati aventi a oggetto un sottostante diverso da un rapporto valutario sono assoggettati a un’imposta di bollo pari ad 1 euro per transazione. Le operazioni su strumenti finanziari derivati perfezionate su mercati non regolamentati e diverse da quelle sui titoli di stato di paesi appartenenti all’Unione europea e aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni sono soggette, al momento della loro conclusione, ad imposta di bollo con l’aliquota dello 0,05% sul valore nozionale di riferimento del contratto. Gli ordini cancellati e modificati sono assoggettati a un’imposta di bollo fissa di 0,10 euro a transazione laddove il risultato del rapporto fra il numero di ordini eseguiti e la somma del numero di ordini cancellati e modificati, in un’unica seduta di contrattazione, sia inferiore a 0,02.
Nella tabella sottostante riportiamo in sintesi i contenuti della nostra proposta.
Nelle due tabelle sottostanti mettiamo a confronto il gettito fiscale ipotizzato dal Governo sull’attuale Tobin Tax con quello che si genererebbe se venisse approvata la nostra proposta.
Secondo l’IFMA, le stime del governo appaiono ottimistiche, in quanto il gettito derivante dall’applicazione della tassa sul mercato azionario è stato calcolato non tenendo conto, per quanto concerne la base imponibile, dell’incidenza degli operatori che non pagheranno l’imposta secondo il disegno di legge di stabilità. Parimenti, il gettito del mercato dei derivati è sovrastimato e non tiene conto degli effetti che l’enormità della percentuale scelta (0,05%) avrà sul calo dei volumi. Un’ulteriore perdita si avrà sul gettito da azioni sui mercati regolamentati proprio per l’incidenza dell’aliquota (0,05%). Infine, non si tiene conto del mancato gettito prodotto da Ires , Irpef, Iva e Capital Gain ogni anno versati da operatori istituzionali, persone fisiche e aziende di intermediazione. Nella tabella sottostante viene quindi riportato il gettito “depurato”.
Come appare chiaro da quest’ultima tabella, la proposta dell’Ifma è persino in grado di aumentare il gettito “reale” dell’imposta. Non resta quindi che sperare, se l’intenzione è quella di introdurre la Tobin Tax, che venga vagliata e approvata.