Buon non giorno, Montezemolo. Ve lo ricordate il Cappellaio Matto di “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll? Sì, proprio quello che festeggia il giorno del suo non compleanno bevendo, ballando e cantando. E non vi sembrava qualcosa di simile la kermesse romana di Italiafutura, la creatura di Luca Cordero di Montezemolo? L’impressione era più o meno quella, vagamente surreale come in Alice. Sono mesi che gli italiani aspettano – chi con ansia, chi senza illusioni, chi sbadigliando – la famosa discesa in campo del presidente della Ferrari, il temporeggiatore dell’evo moderno, e finalmente il gran giorno viene. Un mega raduno negli studios di via Tiburtina gremiti come un derby calcistico e lui che sale sul palo e finalmente dice. Dice che quello, sabato, è il giorno della sua non candidatura, del suo non impegno diretto in politica. Il suo movimento (partito?) appoggerà un nuovo governo di Mario Monti, ma lui no, lui non è disponibile. Vadano avanti gli altri.



Ha detto anche altre cose LdM dal palco mentre annunciava i suoi non. Ha detto che “chiunque di noi, in questi vent’anni perduti, almeno una volta si è vergognato di essere italiano”. In effetti è successo, non staremo qui a negarlo, e magari più di una volta. Però in questi venti anni perduti, lui dov’era? Probabilmente è colpa mia che, come al solito, mi sono distratto molto, ma non ricordo di aver visto Montezemolo sulle barricate a contrastare l’onda crescente del berlusconismo. Ma non si era parlato di lui, proprio di lui come possibile ministro in un governo del Cavaliere? E non è stato sempre lui un esponente di spicco della classe dirigente italiana durante tutti quei vent’anni, come presidente della Fiat e della Confindustria? Forse qualcosa la poteva fare e non aspettare fino adesso per organizzare una convention e annunciare che non farà. Come diceva ancora il Cappellaio Matto: “Si può avere più di niente?”.



La pecora dell’Economist. Come si sa il prestigioso (lo sarà davvero?) settimanale inglese The Economist, quello che periodicamente prevede la rovina dell’Italia, questa volta se l’è presa con la Francia. Sull’ultima copertina ci sono delle baguette tenute insieme con un nastro rosso-bianco-blu, come candelotti di dinamite. Per dire che la Francia sta per esplodere, facendo saltare per aria tutta la costruzione europea. Colpa del suo presidente, il socialista François Hollande, reo di averle sbagliate tutte da quando è arrivato all’Eliseo. La lettura della dettagliata inchiesta dell’Economist mi ha fatto tornare in mente una barzelletta concepita per un funzionario del Fondo monetario internazionale, ma che si adatta perfettamente anche ai saccenti giornalisti del settimanale britannico.



Dunque. Un giornalista dell’Economist in viaggio in Francia, passa in auto accanto a un gregge di pecore. Sono davvero tante da attirare la sua attenzione. Visto il pastore, si ferma, accosta e gli va incontro. I due scambiano qualche parola, poi il giornalista gli dice: “Scommettiamo che io riesco a dirle quante pecore ci sono nel suo gregge?”. Il pastore gli risponde con una risata: “Ma si figuri: faccio fatica a saperlo io che passo con loro tutte le giornate, è impossibile che ci riesca lei”. Ma il cronista insiste: “Facciamo così: se io indovino, lei mi regala una pecora: d’accordo?” “D’accordo”, gli risponde il pastore, più che altro per toglierselo dai piedi. Con tono grave, il giornalista allora sentenzia: “Nel suo gregge ci sono esattamente 1221 pecore”. Il pastore rimane esterrefatto: “È così. Incredibile, ha indovinato. Io ho perso la scommessa: prenda una pecora, è sua”. E così il giornalista, trionfante, se ne va. Fatti pochi passi, il pastore lo chiama: “Senta, scommettiamo mille euro che io indovino che mestiere fa lei”. È la volta del giornalista di rispondere con una risata: “Io faccio un mestiere che lei non può nemmeno immaginare. Impossibile che indovini”. “Scommettiamo mille euro: d’accordo?”. “D’accordo. Allora sentiamo: che mestiere faccio?” “Lei fa il giornalista all’Economist”. “Straordinario. Ma come ha fatto a capirlo?”. E il pastore: “Quello che lei ha preso nel gregge è il mio cane. Me lo restituisca”.

Il barbiere delle primarie. Come avevo anticipato ai lettori del Sussidiario, intendo partecipare alle primarie del Pd del 25 novembre per votare Matteo Renzi. Giorni fa mi sono iscritto on line, poi ho telefonato alla sede milanese del Pd per sapere dove mi sarei dovuto presentare il 25 per partecipare, appunto, al voto. Un funzionario mi ha fornito l’indicazione richiesta: “Deve andare con la preiscrizione, la scheda elettorale, un documento e due euro in via Cesare Correnti 19 a Milano. Lì c’è il negozio di un parrucchiere, Coupe de cheveux e li si terranno le primarie per la sua zona”. Ho timidamente obiettato: “Da un parrucchiere?”. E lui rassicurante: “Proprio così, nessun problema: è un parrucchiere che si presta. Lei si presenti lì il 25 e vedrà che tutto funzionerà. Ora mi faccia una cortesia: fino al 25 non chiami più nessuno per avere conferme, perché siamo subissati di telefonate come la sua che ci fanno solo perdere del tempo”. Gliel’ho promesso. E ho mantenuto la parola data: non ho più chiamato nessuno. Però venerdì sono andato in via Cesare Correnti 19 e ho suonato il campanello del parrucchiere per uomo e signora. Mi ha aperto una giovane lavorante e quando le ho chiesto se era proprio quello il posto dove dovrei andare il 25 novembre per le primarie me lo ha categoricamente escluso: “Se ne era parlato, ma non se ne farà nulla”. Quindi io dove dovrò andare il 25? Mi sa che, malgrado la promessa, dovrò ritelefonare al Pd.

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