Il Sindacato delle Famiglie onlus accoglie con favore le modifiche che la commissione Bilancio ha dichiarato di voler apportare alla Legge di stabilità, riportando una maggiore attenzione alle famiglie, ai problemi connessi alla disabilità e alla non autosufficienza. Ben vengano quindi gli incrementi delle detrazioni per le famiglie con figli, segno di un’attenzione alla vere malattie del nostro Paese: denatalità e iniquità fiscale per le famiglie con importanti carichi familiari. Ancora di più esprimiamo l’apprezzamento per l’eliminazione dei tetti e delle franchigie sulle deduzioni, per il ripristino dell’aliquota Iva dall’11% al 10% sui beni di prima necessità e infine il ripristino dell’aliquota al 4% dell’Iva per le cooperative sociali.
Nonostante questo non riteniamo adeguato alcun tono trionfalista, in quanto, ancora una volta, non si vede all’orizzonte nessuna politica strutturale per le famiglie, ma solo interventi correttivi senza un chiaro mainstream di fondo. Anzi, a dirla tutta si tratta solo di un tentativo “cerchiobottista” per non scontentare nessuno nell’ambito delle politiche fiscali per le famiglie, segnando quindi un pareggio tra il partito delle detrazioni e quello delle deduzioni.
Anche a costo di apparire eccessivamente “choosy”, vogliamo ribadire che da sempre, come Sindacato delle Famiglie, abbiamo scelto/indicato la strada delle deduzioni come la via maestra per ripristinare quella equità fiscale ancora oggi così disattesa nel nostro Paese. Del resto, anche la proposta del Forum delle Famiglie, denominata Fattore Famiglia, è un sistema molto vicino al concetto di deduzione.
A prima vista questa distinzione può apparire un tecnicismo, eppure dietro questi due termini ci sono due modi molto diversi di concepire lo Stato e il suo intervento e quindi vorrei provare a soffermarmi ulteriormente su queste differenze. La detrazione fiscale è un’agevolazione che opera sull’imposta anziché sul reddito imponibile. La deduzione fiscale è un’agevolazione che opera sul reddito imponibile anziché sull’imposta. Sinteticamente la detrazione è uno sconto sulle imposte, mentre la deduzione è uno sconto sul reddito a cui si applicano le imposte.
Le detrazioni sono ottimi strumenti per politiche che favoriscono investimenti e acquisti, come ad esempio le detrazioni per le ristrutturazioni edilizie o per l’efficientamento energetico. Con questi strumenti lo Stato ci dice: “Se fate investimenti o acquisti di questo tipo, per un certo periodo avrete diritto a una riduzione annuale delle tasse da pagare”. Nell’ambito delle politiche familiari, è usato come strumento di recupero dei costi sostenuti dalle famiglie per la cura e il mantenimento dei propri figli. In questo caso lo Stato ci dice: “Visto che hai un certo numero di figli, allora meriti una riduzione delle tasse per i costi che hai sostenuto”. Nelle deduzioni il principio di fondo è diverso. È come se lo Stato ci dicesse: “Riconosco che parte del tuo reddito è destinato alla cura, al mantenimento e all’educazione dei tuoi figli (o persone a carico), non è quindi da considerare reddito disponibile, cioè tassabile.”
La differenza tra le due filosofie è molto profonda: nel primo caso si interviene a compensazione di un aggravio di spesa, con un intervento di tipo riparatorio/assistenzialista. Nel secondo caso, invece, si interviene alla radice, evitando di considerare reddito disponibile ciò che la famiglia investe in educazione, cura e mantenimento dei propri cari.
Oggi per lo Stato non fa alcuna differenza se noi spendiamo 5000 euro per i nostri figli o per andare in vacanza oppure per comprare un gioiello, tranne che intervenire poi con alcuni sconti per cercare di compensare questa iniquità. Invece, sarebbe necessario riformare il sistema fiscale distinguendo alla fonte la capacità contributiva delle famiglie. Andrebbe distinta la parte di reddito disponibile da quella destinata all’incremento di capitale umano e sociale a cui ogni famiglia con figli si dedica ogni giorno, riconoscendo che quella parte di reddito non deve essere assoggettata a imposizione fiscale, in quanto è un investimento di cui beneficia di tutta la società.
In un certo senso, le deduzioni sono un’applicazione del principio di sussidiarietà in ambito fiscale, perché riconoscono a monte il ruolo della famiglia e distinguono alla fonte ciò che non è giusto tassare, operando così un’equità non solo verticale, ma anche orizzontale. Il partito delle detrazioni, appellandosi al principio di equità verticale, si contrappone alle deduzioni in quanto esse agevolerebbero maggiormente i redditi alti. In realtà, le cose stanno diversamente.
Primo. Il principio di fondo da cui deve partire qualunque sistema fiscale è la capacità contributiva. Il passaggio successivo è definire se ciò che una famiglia spende per la cura, il mantenimento e l’educazione dei propri figli sia capacità contributiva oppure no. Noi crediamo fermamente che sia sbagliato considerare queste somme come capacità contributiva, sia per una famiglia con reddito alto che per una famiglia con reddito basso. Definito questo aspetto, sulla restante parte del reddito si applicherà la percentuale di prelievo stabilita per legge.
È quindi sbagliato parlare di vantaggio per i redditi alti. Sarebbe come se a un’azienda chiedessimo di pagare le tasse sulla base del fatturato e non sugli utili! L’iniquità è tutta qui: non è giusto far pagare le tasse su dei costi che la famiglia sostiene per tutta la società, indipendentemente che sia ricca o povera. Il principio sacrosanto della progressività di imposta resta immutato, ma deve essere applicato sulla capacità contributiva reale, cioè al netto dei carichi familiari.
Secondo. È dimostrabile che tra i due è il sistema delle detrazioni il più oneroso per i redditi bassi. Viene quindi il dubbio che la scelta del sistema delle detrazioni risponda più a una necessità di cassa che non a un’esigenza di equità verticale.
Per tutte queste ragioni, non esultiamo davanti a un’ulteriore e rinnovata scelta di proseguire sulla strada delle detrazioni, seppur compensata da alcune deduzioni. Non esultiamo neppure davanti ai ritocchi della Legge di stabilità effettuati a macchia di leopardo e senza alcun progetto riformista chiaro e orientato verso un’ottica di equità familiare.
Certo, non siamo ciechi, ci rendiamo perfettamente conto della situazione in cui vive il nostro Paese, anzi viviamo sulla nostra pelle la difficilissima situazione del nostro Paese, ma siamo anche certi che la strada da noi indicata non sia un costo, ma un investimento: ammesso che questa distinzione sia ancora chiara a chi ci governa.