Oggi e domani i Capi di Stato europei si incontreranno per discutere del bilancio Ue 2014-2020. Il clima non sarà certo cordiale. I tagli pretesi dai cosiddetti paesi rigoristi, capeggiati da Gran Bretagna e Germania, destano a gran parte dell’Unione ben più di qualche preoccupazione. Il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, di fronte alla plenaria del Parlamento europeo, si è detto convinto del fatto che sia in gioco «la stabilità e la prosperità dell’Europa». Il nostro ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero, ha fatto sapere che, se il bilancio dovesse rivelarsi troppo punitivo nei confronti dell’Italia, non esiteremmo a mettere il veto. Abbiamo chiesto un commento e Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.



Cosa ne pensa della mossa del ministro italiano?

L’impressione è che Moavero stia prendendo tempo per negoziare condizioni meno sfavorevoli per l’Italia che, attualmente, prevedono una significativa riduzione dei contributi riguardanti l’agricoltura e altri settori. Contestualmente, abbiamo paesi come la Gran Bretagna che non solo vogliono spendere meno, ma godono anche di uno sconto significativo rispetto agli altri Paesi europei. Oltretutto, pur essendo sotto osservazione,  siamo tra i paesi che contribuiscono maggiormente al bilancio Ue, mentre l’incremento del nostro debito pubblico è legato, prevalentemente, ai soldi che abbiamo messo a disposizione per salvare i paesi in difficoltà. 



Secondo lei, il ministro avrà qualche chance di successo?

Credo che Moavero sia la persona migliore, avendo sempre lavorato in ambito europeo, anche in passato, ed essendosi cimentanto con successo in diversi dossier, compreso quello per la crescita. Putroppo, il quadro all’interno del quale si muove non è dei più rosei.

A cosa si riferisce?

Basti pensare che si sta continuando a chiedere alla Grecia di uscire dalla crisi unicamente sul fronte della manovre economiche. Non si è ancora compreso che la questione va affrontata con modalità politiche. L’Europa, in questo momento, non ha la forma degli Stati Uniti d’Europa, ma di un gruppo di paesi che hanno interessi divergenti, che fanno fatica a trovare punti di mediazione e che non sono stati in grado di compiere un’operazione strategica di salvataggio dei paesi periferici. Salvo quello dell’Irlanda, dato che è un paradiso fiscale dove grandi sono gli interessi di paesi come la stessa Gran Bretagna.



Il taglio agli aiuti europei fa parte di questa miopia?

Direi di sì. Anche perché gli stanziamenti, al netto di alcuni sprechi, sono del tutto giustificati.

 

Quali potrebbero essere i riflessi della decisione sul nostro tessuto economico?

 

Importanti, se consideriamo che l’Italia è stata, per via della decisione del pareggio di bilancio anticipato di un anno, costretta a fare un’operazione chirurgica sul bilancio statale eccedente rispetto alle reali necessità. Tuttavia, negli ultimi 12 mesi, dal secondo trimeste 2011 al secondo trimestre 2012, il debito pubblico italiano è aumentato monetariamente del 3,8%: si tratta della più bassa crescita del debito del mondo occidentale. La stessa Germania è al +4,6%. Se non ci fosse stata la recessione, avremmo potuto risparmiare almeno 15 miliardi.

 

Eppure, ogni mese, viene segnalato un nuovo record di debito pubblico.

 

Ogni mese faremo un nuovo record. Ma anche tutti gli altri Paesi della zona euro. Resta il fatto che il nostro è quello che cresce di meno. Oltretutto, in valore assoluto, sia quello inglese che quello francese, l’anno prossimo ammonteranno a 2mila miliardi. Non solo: la quota di debito pubblico italiano in mano estera è, assieme a quello del Giappone e della Spagna (la cui economia è disastrata per altre ragioni), la più bassa al mondo, e ammonta al 42% del Pil. in Germania sono al 51%, in Francia al 57%. Non si capisce, quindi, perché gli stranieri dovrebbero temere per l’insolvenza italiana.

 

Quindi?

 

Mi chiedo dove siano gli economisti e le istituzioni italiane. Non si capisce, tanto per cominciare, perché gli stranieri dovrebbero temere per l’insolvenza italiana. La quota in mano loro è esigua, mentre, normalmente, le modalità di finanziamento interne di uno Stato non dovrebbero destare alcuna preoccupazione. Tanto più che il debito interno non viene di certo finanziato con il Pil, quanto con i risparmi delle famiglie e con gli investimenti della banche. Inoltre, le famiglie italiane hanno una ricchezza finanziaria netta cha ammonta al 168% del Pil. Per fare un raffronto, il debito pubblico spagnolo erode il 90% della ricchezza delle famiglie. In sostanza, credo che alzare la voce in Europa, come sta facendo il ministro Moavero, sia del tutto legittimo. Peccato che non sapremo, a breve, di chi sarà compito alzarla. 

 

(Paolo Nessi)