Salvate i soldati Rai. Il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, ieri ha incontrato le rappresentanze sindacali dei giornalisti (Fnsi) e di quelli Rai (Usigrai) per parlare di temi generali dell’informazione e della situazione economica dell’azienda che guida assieme al presidente Annamaria Tarantola. Non aveva cose molto allegre da raccontare. I dati sono ormai noti, gli affari in viale Mazzini e dintorni non vanno bene: Gubitosi ha confermato (e nessuno si aspettava niente di diverso) che il bilancio 2012 chiuderà con un passivo attorno ai 200 milioni di euro a causa del crollo degli introiti pubblicitari, una patologia che ha colpito tutto il settore dei media, compresi i concorrenti televisivi e, ancora di più, quelli della carta stampata. Il direttore generale parlava in una sede sindacale ed è ovvio e giusto che abbia cercato di mandare segnali tranquillizzanti, di evitare tensioni. Così, pur ribadendo che all’orizzonte non ci sono schiarite e che gli investitori pubblicitari sono sempre in regime di dieta ferrea, ha assicurato ai suoi dipendenti che non ci saranno i tanto temuti tagli lineari, ma che si procederà con cautela a un’inevitabile razionalizzazione dei costi. Insomma, tagli ma con giudizio. Un approccio ineccepibile, come si diceva, adatto all’uditorio cui era destinato.
Solo che poi la vanità ha fatto compiere un passo in più che si poteva evitare. L’intervento di Gubitosi è stato trasmesso con le notizie di tarda sera, diffusamente commentato da uno speaker che ha citato più volte il nome del direttore e spiegato, appunto, che sulla Rai non arriverà il ciclone dei tagli lineari. Quindi qualche milione di spettatori ancora in piedi ad ascoltare le ultime notizie si sarà domandato: “E perché?”. E a ragione. I tagli lineari si sono abbattuti e si stanno abbattendo sulla quasi totalità degli italiani. Hanno colpito la sanità, la scuola, le forze di polizia, gli enti locali, le pensioni: non si è salvato quasi nessuno. Venendo poi al settore dell’informazione, tagli lineari a parte, si trova una situazione pre-fallimentare: i giornali, anche i grandi giornali di proprietà di (una volta) ricche case editrici, lasciano a casa dipendenti, varano contratti di solidarietà; fra i piccoli molti sono stati e saranno costretti a chiudere con le conseguenze occupazionali che conosciamo. Ebbene, questo sembra non riguarderà la Rai, un’azienda che pur incassando il canone (di fatto una tassa) e inzeppando i programmi di spot riesce a chiudere con un rosso di 200 milioni. Una perdita, ovviamente, a carico dell’unico azionista, cioè il Tesoro, cioè noi. Almeno questo è quanto si è capito dalle parole di Gubitosi. Bene, spegnendo la tv su quest’ultima notizia, milioni di italiani saranno andati a dormire rasserenati. Tra un paio di mesi bisognerà versare il canone per il 2013. Gli utenti tv, dopo ieri sera, andranno a pagarlo con animo quasi lieto, perché sanno che così eviteranno ai dipendenti della Rai quanto invece toccherà a quasi tutti loro.
Quanto soffrono le banche. Ieri il Monte dei Paschi di Siena (Mps) ha avuto un piccolo rimbalzo in Borsa, che però non ha cambiato la tendenza in picchiata che ormai il titolo segue da oltre un anno. La banca va male e la presidenza di Alessandro Profumo sulla quale molti puntavano non ha dato finora grandi risultati. Mps è forse la banca italiana con la peggiore performance, ma non è che nelle altre si respiri un’aria molto diversa. I dati sulle cosiddette sofferenze, cioè i crediti difficilmente recuperabili, sono da allarme rosso: nel settembre scorso, rispetto al 2011, sono aumentate del 15,3%, toccando la cifra record di 117 miliardi. Quanti di questi sono di fatto irrecuperabili perché i debitori sono falliti o rischiano di esserle nel giro di qualche mese? E questi default non minacciano di trascinare anche le stesse banche? Quindi ci si deve preparare a un intervento pubblico per salvare il settore del credito? E dove si troveranno i soldi? Domande senza risposta naturalmente. Però con una certezza. In una situazione simile, le imprese non si illudano: per loro il credito continuerà a essere erogato con il contagocce. E ne rimangono poche nel flacone.
Monti si sente solo. Il vertice dei capi di Stato e di governo a Bruxelles per discutere il bilancio preventivo dell’Unione per il periodo 2014-2020 si apre con un barometro molto basso. I 27 litigano su tutto e nessuno vuole mettere nel bilancio comunitario quei miliardi che invece è costretto a tagliare dai bilanci nazionali. Insomma, i politici europei sembrano, non nelle dichiarazioni ma nei fatti, poco europeisti. Mario Monti, che invece è su posizioni opposte, stasera si sentirà un po’ solo.
Buona notizia. Per chiudere questo Giganomics con notizie che non siano solo da scongiuri (il convento da tempo passa solo questo) ne ho cercata con diligenza una buona. L’ho trovata solo in Cina, dove la temuta frenata sembra non esserci: in settembre la produzione dell’industria manifatturiera ha ripreso lo slancio di un tempo.
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