Mastrafornero e le 25 poltrone. Il ministro del Welfare, Elsa Fornero, ha più volte parlato, sollecitata dai giornalisti, del caso di Antonio Mastrapasqua. L’ultima è stata qualche settimana fa a Report quando l’intervistatore l’ha incalzata sulla collezione di poltrone messe assieme dal presidente dell’Inps, Matrapasqua appunto. Questo signore, nominato dal governo di Silvio Berlusconi al comando dell’ente preposto a gestire le pensioni della maggior parte degli italiani, non si accontenta di questo incarico pur importante e ottimamente retribuito. No, ne ha voluti altri e li ha ottenuti. Fino a poco tempo fa aveva 55 poltrone, fra presidenze, vicepresidenze, presenze in consigli di amministrazione o in collegi sindacali, incarichi di liquidatore e via collezionando. Insomma, Mastrapasqua non è una persona, ma un’azienda, con fatturati industriali. Questa sua attrazione per i posti, ha attirato da tempo l’interesse dei media che, dai e dai, sono riusciti a farlo detronizzare ben 30 volte. Quindi oggi le sue poltrone sono 25. Un progresso innegabile (nella vita anche noi giornalisti ipercritici dobbiamo saperci accontentare, pragmaticamente), però il dato di fondo rimane: perché il presidente dell’Inps, che appartiene allo Stato, non potrebbe fare solo il presidente dell’Inps e avere solo uno stipendio?
La domanda è stata posta, come dicevo, da Report al ministro Fornero nel corso di una trasmissione dedicata al problema degli esodati. Il ministro ha ammesso, a denti stretti, che sì, effettivamente la poltronomaia di Mastrapasqua non era quel che si dice proprio una cosa carina di questi tempi e ha assicurato che lei avrebbe preso informazioni sulla spinosa vicenda. Ma ha aggiunto che, purtroppo, non poteva fare assolutamente nulla, perché le nomine del suddetto non dipendevano e non dipendono da lei. Ora, si potrebbe far notare al ministro che lei fa parte del governo e ha facoltà di porre il problema a Mario Monti e a un consiglio dei ministri. Altra osservazione. C’è una cosa che lei potrebbe fare e anche subito: non frequentare Mastrapasqua in occasioni pubbliche, perché non è edificante vedere il ministro che ha tagliato le pensioni, che ha creato gli esodati stare seduta sorridente accanto a questo signore che mette assieme poltrone, poltrone, poltrone, per guadagnare soldi, soldi, soldi. Invece, ieri i Tg hanno mandato le immagini di un convegno dove i due erano seduti una accanto all’altro al tavolo degli oratori. Non è stato un grande spettacolo.
Un Monte di guai per Profumo. La Procura della Repubblica di Acqui ha aperto un’indagine su alcuni dirigenti di Unicredit per una vicenda di prodotti derivati fatti sottoscrivere al Comune della città piemontese nel 2004. L’inchiesta è la fotocopia di quella che, tre anni fa, ha coinvolto quattro banche internazionali (ma non l’Unicredit) sempre per operazioni sui derivati fatte con il Comune di Milano. Nel 2004 amministratore delegato di Unicredit era Alessandro Profumo, lo stesso signore sotto indagine della magistratura milanese per una frode fiscale da 245 milioni di euro, risalente ancora all’epoca in cui guidava Unicredit che ha lasciato nel 2010. Nel giugno di quest’anno Profumo, con tutti gli onori, è stato nominato presidente del Monte dei Paschi di Siena, la più inguaiata banca italiana, saldamente controllata dagli enti locali, da sempre di area Pd. La presidente del partito, Rosi Bindi, ha festeggiato la nomina dichiarando di ritenere Profumo un ottimo banchiere. I problemi giudiziari al Pd non sempre interessano.
Che bravi lobbisti. I lobbisti delle banche sono riusciti a far modificare la legge: i prodotti derivati sono stati tolti dalla base imponibile, facendo crollare l’ipotesi di gettito della tassa sulle transazioni finanziarie. Bravi. Adesso qualcun altro dovrà tirar fuori quei soldi al posto dei banchieri.
I Lander e gli evasori. Si aspetta la decisione della Camera dei Lander (a maggioranza socialdemocratica) sull’accordo Berlino-Berna sulla tassazione dei capitali tedeschi illegalmente nascosti in Svizzera. Sebbene preveda una penale molto alta per la regolarizzazione, il trattato non piace ai socialdemocratici perché lo ritengono comunque un regalo agli evasori fiscali. Se avranno successo nella loro opposizione, salterà. Ci saranno inevitabili riflessi sul trattato analogo che Roma e Berna hanno in discussione e si dice sia in dirittura d’arrivo.
La Sea cambia Ipo. La quotazione in Borsa della Sea, o Ipo (Initial public offering) è stata modificata. Si richiesta della Consob, e in seguito alle critiche sollevate dall’operazione, sono stati cambiati alcuni punti del prospetto di offerta. Segno che quello di prima non andava. Come Giganomics aveva scritto.
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