Onorevoli rivincite. E adesso eccoli tutti lì i politici a commentare queste primarie del Pd: “Da qualunque parte si stia, bisogna ammettere che le consultazioni per stabilire la leadership del centrosinistra hanno avuto almeno un merito: hanno sancito la rivincita della politica sull’antipolitica. Quelle code di persone in fila ai gazebo per dire se volevano Bersani, Renzi o uno degli altri sono un’indicazione positiva. La gente ha recuperato la voglia di partecipare alla vita dei partiti. Segno che questi non sono morti, come tante Cassandre si sono affannate a vaticinare. La politica è viva e vegeta”. In verità per avere conferma di questo ritrovato slancio, non occorreva aspettare le primarie del Pd, ma bastava guardare che cosa sta succedendo in Parlamento. Come ha annotato per primo Sergio Rizzo su Il Corriere della Sera, gli onorevoli stanno svuotando la riforma voluta dal Governo per introdurre il controllo della Corte dei conti sulle spese regionali.
Mario Monti si era mosso dopo che lo scandalo della Regione Lazio aveva certificato quanto, in parte, si sapeva e diceva da tempo: il federalismo conosciuto finora dall’Italia con il trasferimento di poteri dallo Stato centrale agli enti locali, Regioni in prima fila, non è stato altro che un moltiplicatore di spese, sprechi, disavanzi. Occorreva correre ai ripari e mettervi un argine. Così è stato pensato di affidare alla Corte dei conti un potere di controllo e di intervento più incisivo, assegnandole la facoltà di effettuare una verifica preventiva sulla legittimità delle decisioni di spesa adottate dalla Regioni. Era un passo importante, un’innovazione che, si sperava, si sarebbe dimostrata efficace per contenere la Spolverinizzazione generale. Per lo meno, valeva la pena provarci. Ma non se ne farà nulla. I deputati hanno introdotto alla chetichella una serie di emendamenti che, nei fatti, lasceranno tutto come prima. I politici regionali potranno continuare a disporre a loro piacimento del denaro pubblico, usarlo per i propri comodi personali, e/o elargirlo ad amici e clientele per assicurasi consenso elettorale, utile anche in vista del rinnovo del Parlamento. E nessuno potrà mettervi il naso più di tanto, nessuno potrà fermare questa emorragia. Per la rinascita della politica si sperava qualcosa di meglio. Come diceva Crozza: “Stiamo andando verso la Terza Repubblica. Ma forse è meglio passare direttamente alla Quarta”.
A tutto Bernabé. Se il suo obiettivo era quello di finire sotto i riflettori e conquistare le prime pagine dei giornali, almeno di quelli economici e finanziari, lo ha centrato in pieno. Franco Bernabé, presidente di Telecom Italia, ha rilasciato un’intervista per dichiarare che le cose così come sono oggi in internet proprio non vanno bene, che due entità come Google e Facebook la fanno da tiranni, violando la privacy di miliardi di persone e costituendo dei monopoli di fatto dei quali sarà difficile liberarsi per generazioni. Detto questo propone di creare una nuova internet, in competizione con quella esistente. Impresa non da poco.
Lo stesso Bernabé, impegnato nell’annosa vicenda dello scorporo della rete fissa, nei giorni scorsi è stato protagonista di quell’offerta sbalorditiva del miliardario egiziano Naguib Sawiris disposto a investire 3 miliardi di euro nella sua società portandosi appresso, secondo voci non confermate, un altro miliardario, questa volta messicano, Carlo Slim, magnate delle telecomunicazioni sudamericane con solide propaggini anche in Europa. Insomma, Bernabé per essere un manager con una proprietà variegata, traballante e indecisa a tutto ha molti programmi e molta voglia di farne parlare. Qualcosa succederà.
Perfida Albione. Un grande uomo di Stato, un politico che è stato un tassello decisivo della costruzione dell’Unione europea e dell’euro come Jacques Delors dovrebbe resistere alla tentazione di fare la storia con i se. Invece lo ha fatto quando, commentando il fallimento dell’ultimo vertice di Bruxelles sul budget comunitario, ha detto: “Tutta colpa degli inglesi. Io lo avevo detto agli inizio degli anni ‘70, quando si trattava di decidere sulla loro adesione, che sarebbe stato meglio tenerli fuori l’Europa. Avevo ragione e se mi avessero ascoltato…”. Ma appunto, la storia non si fa con i se. Chi ha potere di influire sulle decisioni, e Delors allora lo aveva, deve usarlo. Se poi non ha successo, è meglio un dignitoso silenzio. Anche se, ieri sera da Fazio, Mario Monti, dopo aver detto che è meglio per l’Inghilterra restare in Europa e per l’Europa tenersi l’Inghilterra, ha ammesso che “un problema c’è con gli inglesi, perché a volte sono esasperanti con le loro richieste”. Dunque Delors non ha evocato un fantasma, ma qualcosa di molto concreto.