Le sviste in agguato quando si utilizza il redditest sono ben più numerose di quanto si immagini: i redditi vanno introdotti lordi, occorre ricordarsi di aggiungere tutte le fonti di ricchezza già tassata alla base quali i titoli di stato, i lasciti o le donazioni, i prestiti, i finanziamenti e via dicendo. Tanto per citarne alcune. Ora: se il software disponibile per i cittadini per verificare la congruità delle proprie dichiarazioni è un percorso a ostacoli, chi garantisce che, a gennaio, quanto sarà introdotto il redditometro – strumento speculare e del tutto analogo al redditest, ma in possesso dell’Agenzia delle entrate – non accadano spiacevoli inconvenienti? Ha risposto a ilSussidiario.net Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre. «Lo Stato, per accertare l’evasione fiscale, ha a disposizione: anagrafe tributaria, tracciabilità del denaro, il 117, il segreto bancario non esiste più, gli studi di settore, gli indici di normalità economica, Gerico (per le aziende), (e per i cittadini) il redditest, il redditometro e lo spesometro. Si sa tutto di tutti e, se per caso mancasse qualche dato, l’Agenzia delle entrate ha facoltà di convocare i cittadini per un ulteriore chiarimento. Non ci sono più alibi: o li prendono, gli evasori, o non vogliono prenderli». A dispetto di quanto lascia intendere, Bortolussi è favorevole al redditest: «Lo sono “polemicamente”. Perché, quantomeno, è uno strumento trasversale». Che, tuttavia, va manipolato con cura. «Il cittadino che verifica la coerenza del proprio reddito con il proprio tenore di vita potrebbe accorgersi di incongruità derivanti, magari, da errori fatti in buona fede. In tal caso, sarà sufficiente utilizzare il redditest alla stregua delle bilance a gancio di un tempo: con estrema delicatezza. Se manca qualcosa, si aggiunge; se c’è qualcosa di troppo, si toglie. Così facendo, a gennaio, quando sarà introdotto il redditometro, il cittadino dovrebbe ormai avere imparato a usare il redditest. Ed essere in grado di usarlo per la finalità per cui è stato ideato, come strumento di autovalutazione».
Le sorprese vere e proprie, tuttavia, potrebbero arrivare con il redditometro. Chi vieta, infatti, che gli stessi errori che può compiere il cittadino non li faccia l’Agenzia delle entrare? «Nessuno. Anzi: già in passato abbiamo visto come gli studi di settore, spesso e volentieri, si sono rivelati dannosi anche per i professionisti onesti. Presumendo che talune categorie dovessero disporre di un determinato reddito, si è messo in croce coloro che non rispettavano i parametri decisi a priori. Ebbene: il redditometro altro non è che lo studio di settore per le famiglie».
C’è da sperare, quindi, che prevalga il buon senso: «L’evasore totale, attraverso lo studio settore, non si può scovare. Perché, semplicemente, non esiste e non è soggetto ad alcuno studio. Ma, con il redditometro, sì. C’è da sperare, quindi, che si decida di usarlo ragionevolmente e per i giusti obiettivi: per colpire l’evasione totale, invece che quella spicciola. E’ possibile, ad esempio, che, come ho sottolineato nel mio libro “Evasori d’Italia”, il 50% delle società di capitali non dichiari nulla?».Non lo è. «Per questo mi auguro, che come del resto Attilio Befera ha più volte dichiarato, sia usata cautela del semplice cittadino e della piccola evasione involontaria, per colpire chi, realmente, sta danneggiando tutti i contribuenti onesti».
(Paolo Nessi)