Un’altra perla si aggiunge alle dichiarazioni ufficiali dei potenti tecnici fatte in questi mesi. Monti, in un’intervista a un quotidiano francese (sempre all’estero lui, stare in Italia non serve, in Italia non si decide più nulla ormai, la sovranità è andata, alla faccia della Costituzione) ribadisce che “la pozione è amara, ma è per il bene del Paese”. E ci tremano i polsi, al pensiero di quello che potrebbe essere il “bene del Paese” nel pensiero di Monti. “Queste regole non sono assurde. E sono state decise dai capi di Stato e di governo dell’Unione”. E questa cosa voleva essere, una garanzia? “Altrimenti avveleniamo lo spirito europeo”. Capito? Non siamo noi a essere avvelenati, no. Noi siamo proprio il veleno dell’Europa! Dobbiamo essere purificati da cotanto sacerdote!
“Una Europa che funziona è il primo contrafforte contro derive nazionali imprevedibili. L’Italia ha bisogno di un’Europa dotata di una certa autorità e non ho interesse, in quanto presidente del Consiglio, a indebolirla”. Una Europa che funziona, dice lui, e fa capire quanto sia fuori dalla realtà sociale ed economica del Paese. E questa Europa pasticciona e masochista “ha bisogno di una certa autorità”; e siccome nessun popolo glie l’ha data, si deve pigliare quella degli Stati, prendendosi la loro sovranità.
A proposito di sovranità, in una recente intervista al giornale tedesco Spiegel, il governatore Mario Draghi ha dichiarato di sostenere esplicitamente la proposta di un supercommissario europeo alla valuta che controlli i paesi dell’eurozona. Ha poi aggiunto: “Di una cosa sono sicuro: se vogliamo ristabilire la fiducia nell’eurozona, i paesi devono cedere a livello europeo una parte della loro sovranità perché hanno già adottato delle misure che sarebbero apparse impensabili un anno fa, ma non sono sufficienti. Molti governi non hanno ancora capito di aver perso la loro sovranità nazionale da molto tempo perché si sono pesantemente indebitati e sono alla mercé dei mercati finanziari”.
Come ha giustamente notato Claudio Borghi Aquilini su queste pagine, si tratta di un “classico ragionamento che scambia e confonde le cause con gli effetti, non funziona in questo modo”. In effetti, questa crisi dipende in gran parte dalla perdita di sovranità degli Stati, e non il contrario come sostenuto da Draghi. Non crediamo che questo errore di valutazione sia dovuto a un’incomprensione della realtà economica, ma a un piano ben preciso che si sta realizzando.
Se il problema fossero gli Stati che si sono indebitati, allora sarebbe plausibile la soluzione proposta, cioè la cessione ulteriore di sovranità da parte degli Stati a un livello europeo, come auspicato dallo stesso Monti in un’intervista di circa due anni fa. Ma le cose non stanno così: il problema è la moneta unica e le politiche di austerità imposte dall’Europa. La riprova di questo, se ancora ce ne fosse bisogno, sono i recenti dati relativi all’andamento dell’economia in Spagna e Grecia.
Ho già mostrato in un recente articolo, i continui errori di previsione compiuti dal Fondo monetario internazionale sull’andamento del Pil dell’Italia. L’ennesimo errore è arrivato sul dato delle vendite al dettaglio della Spagna: il valore previsto era un calo del 6%, mentre il dato ufficiale è pari al -12% (un piccolo, piccolissimo errore). Ovviamente il calo delle vendite al dettaglio è un’ovvia conseguenza della crescente disoccupazione spagnola, arrivata al 25%.
La Spagna, affossata dalle politiche economiche distruttive imposte dalla Bce e dal Fmi, sta subendo una spaventosa fuga di capitali. Il fenomeno era già diffuso l’anno scorso, ma quest’anno sta assumendo proporzioni apocalittiche: nei primi otto mesi dell’anno sono usciti dalla Spagna oltre 240 miliardi di euro, portati all’estero da investitori spaventati da ciò che potrebbe accadere in futuro. Secondo il sito spagnolo El Economista si tratta di circa 620 volte la fuoriuscita di denaro del 2011. Una delle mete preferite di tale flusso di denaro è la confinante Andorra, dove sono affluiti 35 miliardi di euro.
Per tentare di arginare tale flusso di denaro, le banche spagnole offrono in media interessi al 4%, mentre nel resto dell’eurozona il tasso è in media al 2,6%. Ma alcuni istituti arrivano a offrire fino all’8%, un tasso chiaramente insostenibile in una situazione economica di recessione profonda. Il sistema bancario spagnolo è ormai al collasso e non si vedono vie d’uscita. Questo è quello che hanno ottenuto le politiche recessive imposte dai burocrati europei.
Questi signori che sbagliano tutto sono gli stessi che continuano a proporre ricette sbagliate per uscire dalla crisi. Da quando sono intervenuti, prestando soldi alla Grecia, il debito greco è passato dal 130% del Pil al recente 189%, il deficit sarà del 5,2% e non del 4,2% preventivato. Il Pil si contrarrà nel 2013 del 4,5% e non del 3,8% previsto. Ma questa è solo l’ultima delle previsioni sbagliate. Per il 2010 avevano previsto un calo del 2,6%, un aumento dell’1,1% nel 2011 e un ulteriore aumento del 2,1% per quest’anno. Invece nel 2010 si è registrato un -4,5%, nel 2011 un -6,9% e quest’anno un -6,5%.
La Grecia è al collasso sociale ed economico. Si hanno già notizie di uomini delle forze di polizia che ostacolano altri poliziotti quando vengono inviati a contrastare le manifestazioni di piazza. Anche la recente notizia di una legge che permette agli avventori di un locale di uscire senza pagare, se non ricevono uno scontrino, dà l’idea di uno Stato che cerca disperatamente di rimediare qualche euro mettendo cittadini contro cittadini. La Grecia è al collasso sociale ed economico, e il conto lo stiamo pagando anche noi. Infatti, l’Italia ha contribuito con circa 14 miliardi di euro al Fondo salva-Stati, soldi che verranno impiegati per pagare a banche francesi e tedesche i prestiti con interessi altissimi fatti alla Grecia.
Ovviamente questo gioco non può durare a lungo. Qual è allora il vero obiettivo dei burocrati europei? Come già detto, non diamo credito all’ipotesi dell’ignoranza di certi professori o di certi tecnici, ma sembra evidente che si stia completando un progetto ben preciso. E tale progetto, che passa attraverso la rinuncia delle sovranità nazionali, dovrebbe riguardare due tipi di risorse di notevole importanza.
Il primo tipo di risorsa sono le risorse umane. L’obiettivo è quello di fare della Grecia una Zona economica speciale, sul tipo di quelle già costituite in Cina e in India. Si tratta di aree dove, in cambio della costruzione di nuove fabbriche da parte di gruppi industriali internazionali, lo Stato concede agli imprenditori il privilegio di usufruire di manodopera a basso costo e senza oneri sociali. In altre parole avremmo una sorta di “cinesizzazione” della Grecia.
Il secondo tipo di risorsa sono le risorse energetiche. Infatti, nel 2009 una compagnia petrolifera, partecipata da Israele, scoprì al largo delle coste israeliane un giacimento importante, in seguito chiamato Tamar. Le stime di tale giacimento parlano di circa 240 miliardi di metri cubi di gas naturale. Oggi Israele dipende energeticamente in maniera importante da forniture di gas che vengono dall’Egitto. Ma la vera grossa scoperta è avvenuta nel 2010 con il giacimento Leviathan, per il quale le stime parlano di 3400 miliardi di metri cubi di gas naturale. Tale giacimento situato nel Mediterraneo orientale è così vasto che dovrebbero avervi diritto, oltre a Israele, anche Libano, Siria, Cipro, Turchia e Grecia (questo spiega forse quanto è successo dal 2010: l’accentuarsi della crisi in Grecia, le primavere arabe, il tentativo di rovesciare Assad in Siria, fino ai recenti attentati in Libano?).
Ulteriori sondaggi compiuti nel mar Egeo hanno portato alla luce giacimenti per 22 miliardi di barili di petrolio. Alcuni esperti hanno già stimato che la Grecia potrà ripagare interamente il suo debito di oltre 300 miliardi di euro. Ma agli speculatori conviene che la Grecia possa ripagare il suo debito? Ovviamente no. Il fatto che il Fondo monetario internazionale e la Bce insieme alla Germania insistano perché il governo greco privatizzi al più presto le aziende oggi possedute, e che il governo greco stia cominciando le grandi privatizzazioni dalla azienda energetica del Paese, getta una luce sinistra sulla genesi della crisi in Grecia. Atene infatti ha già messo sul piatto la prima delle sei imprese che si è impegnata a vendere: Depa, monopolista greco del gas, di cui lo Stato detiene il 65% del capitale. L’obiettivo è incassare subito 4,5 miliardi. Spiccioli, in confronto al tesoro custodito in fondo al mare. È forse un caso che il primo gioiello di famiglia a essere sacrificato sull’altare dei mercati sia proprio un’azienda energetica?
Ma sappiamo bene che Satana fa le pentole e non i coperchi. Il primo vero boccone messo sul piatto dal governo greco potrebbe conquistarlo la Russia: a fine febbraio i dirigenti di Gazprom hanno avviato i primi contatti col governo di Atene per l’acquisizione dell’azienda. Se Depa finirà in mani russe, tramonterà la speranza che l’approvvigionamento energetico europeo non sia condizionato dai capricci di Putin. Ora sappiamo che la crisi greca non riguarda solo le banche franco-tedesche, bensì anche le compagnie petrolifere del vecchio continente. Tuttavia, alla fine Bruxelles potrebbe aver fatto male i calcoli, a vantaggio di Mosca.
Ovviamente, al popolo greco di tutte queste ricchezze naturali non toccherà nulla. Loro continueranno a essere indebitati, perennemente indebitati, alla continua affannosa ricerca di una crescita, sempre in vista, sempre promessa, il prossimo anno; no, tra sei mesi. Anzi è dietro l’angolo, anzi è “dentro di noi”. Sarà bene prendere le misure di quanto sta accadendo, poiché quello che stanno passando la Grecia e la Spagna è quello che toccherà prossimamente pure a noi. Già ci stanno riducendo alla fame, gli illuminati tecnici che non azzeccano una previsione e neppure una ricetta.
Come ha chiarito brillantemente un recente articolo di Ugo Arrigo su queste pagine, le tasse sono ormai diventate un esproprio: e non si tratta di un giudizio, ma di una realtà certificata dai numeri: negli ultimi anni il Pil non sommerso è cresciuto di 120 miliardi circa, ma le tasse sono cresciute di 140 miliardi circa. In queste condizioni, si domanda giustamente Arrigo, perché sacrificarsi e impegnarsi per crescere di più? Con questa politica economica criminale, il governo farà scappare le migliori risorse, quelle che potrebbero far crescere davvero il Paese, mentre gli altri rimarranno qui a subire un impoverimento progressivo.
Ma questo è il progetto, non quello che accadrà. Come già detto, sono convinto che Satana faccia le pentole, ma sia “impedito” da una Superiore Provvidenza a fare i coperchi. C’è tutto un mondo dell’associazionismo in Italia che si sta muovendo. Si rendono conto di non avere più sponde da parte del mondo politico e allora si stanno muovendo indipendentemente da esso (come testimoniato anche dal fenomeno dell’astensionismo alle recenti elezioni siciliane). Come ho già citato più volte, “un punto di svolta decisivo in quella storia più antica (la caduta dell’impero romano) si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium… Se la mia interpretazione della nostra situazione morale è esatta, dovremmo concludere che da qualche tempo anche noi abbiamo raggiunto questo punto di svolta… Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. E se la tradizione delle virtù è stata in grado di sopravvivere agli orrori dell’ultima età oscura, non siamo del tutto privi di fondamenti per la speranza… Questa volta, però, i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci hanno governato per parecchio tempo. Ed è la nostra consapevolezza di questo fatto a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando: non Godot, ma un altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso” (Alasdair MacIntyre, “Dopo la virtù” pag. 314, 1981).
La crescita è già in atto, la crescita è già un presente (oppure non c’è, non c’è oggi e non ci sarà nel futuro, tertium non datur), la crescita è già la fuori da qualche parte, come un virus che si diffonde nel tessuto associativo di questo meraviglioso Paese. Ai bei tempi andati, con chi diceva che “la crescita è dentro di noi” si sarebbe usato un esorcismo. Che in fondo è un sacramentale, cioè una preghiera. Rimbocchiamoci dunque le mani, ma con una preghiera nel cuore.