Il quadro non poteva essere dipinto a tinte più fosche. Altro che imminente uscita dalla crisi, quale viene ventilata da mesi dai governanti tecnici locali. Per la Merkel, non ne saremo fuori prima di cinque anni almeno. Durante il congresso regionale della Cdu a Sternberg, nell’est della Germania, la cancelliera ha detto che per un lustro ancora dovremo «trattenere il fiato». Non solo. Dovremo «dar prova di rigore per convincere il mondo che è redditizio e conveniente investire in Europa». Tradotto: più austerità. Abbiamo chiesto al vicepresidente della Fondazione Edison, Marco Fortis, quali sono le prospettive per l’Eurozona.



Previsioni così pessimistiche sono verosimili?

In questo momento la situazione dell’economia del Paesi avanzati non è così lontana dalla descrizione della Merkel. In Europa siamo a crescita zero e, incerti casi, come in Italia, Spagna e Portogallo, in recessione a causa delle misure di austerità introdotte per far quadrare i bilanci pubblici. In Usa la ricchezza delle famiglie, dopo la crisi immobiliare del 2008-2009, è decisamente sotto i livelli pre-crisi. Possiamo quindi dire che gli Usa, l’Europa, ma anche il Giappone, sono condannati a una depressione che si prolungherà quantomeno fino al 2015.



Cosa significa, in ogni caso, che per i prossimi 5 anni saremo ancora dentro alla crisi?

Credo che sia ragionevole pensare che cinque anni sarà il tempo necessario per ripristinare una situazione di normalità; dubito che la Merkel intendesse affermare che per cinque anni tutto resterà immobile. Anche perché alcuni indicatori, quali il Pil e i consumi, a partire dal 2013-2014 riprenderanno a crescere, anche se di poco.

Come valuta le sue affermazioni sul maggior rigore?

Ripristinare una situazione di normalità significa, anzitutto, uscire dal processo di riduzione forzosa del debito pubblico a tutti i costi; per questo, dobbiamo evitare il rigore suicida suggerito così tante volte dalla Merkel. Ricordiamoci che ridurre il rapporto debito/Pil in misura maggiore della riduzione del Pil è impossibile. Per questo, ostinarsi nel frenare le crescita non fa altro che inficiare la possibilità di ridurre il rapporto.



Con la crisi e gli spread elevati, le Germania sta finanziando il proprio debito pubblico a tassi vicini allo zero. Non sarà che le affermazioni della Merkel sono volte a produrre sfiducia nei confronti dei Paesi europei per ampliare i differenziali di rendimento con i titoli tedeschi?

Non credo che alla Merkel convenga arrivare alle prossime elezioni con una crisi dell’Eurozona di tale portata da mettere in discussione la sua capacità di proporsi ai suoi stessi elettori.

Cosa avrebbe da perderci la Germania?

Basti pensare che nei primi otto mesi di quest’anno l’Italia ha importato oltre un miliardo e mezzo di euro in meno di automobili tedesche. La recessione dei Paesi Ue nuoce, quindi, anche alla Germania. Non credo, quindi, che ci sia un’intenzionalità così premeditata. Sta di fatto che un giorno sì e uno no la Merkel ha bisogno di dimostrare al suo elettorato più populista e ostile all’Europa mediterranea che la Germania non è uscita dai binari del rigore di cui si è fatta paladina.

L’affermazione della Merkel, tuttavia, potrebbe produrre effetti negativi sugli altri Paesi? Per esempio, lunedì potrebbero crollare le borse europee?

Francamente non penso. Ormai i mercati sono abituati alle dichiarazioni di questo genere delle Merkel, anche se è la prima volta che afferma che la crisi durerà ancora per cinque anni.

 

(Paolo Nessi)