Sta emergendo una profezia economica che vieta di sperare nell’uscita dalla crisi prima del 2018. L’ha ribadita Angela Merkel sabato scorso. Due mesi fa è stata presentata dal capo economista del Fondo monetario internazionale, Olivier Blanchard, come ripresa lenta, fino al 2018, dell’economia globale. Entro novembre uscirà uno scenario 2014-2020 in preparazione a Bruxelles che, in base alle anticipazioni, appare in linea con queste previsioni.



Su cosa sono basate? Sulla priorità della riduzione dei debiti e sull’idea che per riuscirci ci vogliano politiche di rigore assoluto anche a scapito della crescita. Questa scelta deflazionistica, poi, alimenta le proiezioni di una crescita minima per almeno un quinquennio. L’eurozona è già sottoposta a questa politica imposta dalla dominanza del criterio tedesco. L’America, vinca Barack Obama o Mitt Romney, dovrà affrontare a fine anno l’assoluta priorità di tagliare debito.



Ma quanto è realistica la profezia? Certamente la strategia detta, se applicata, manterrà stagnanti i mercati europei e americano e ciò comporterà analoga stagnazione o ripresa molto lenta della domanda globale con danno per le nazioni più esportatrici. Ma non è scritto da alcuna parte, certamente non nei libri economici, che questa strategia sia l’unica applicabile.

Per esempio, si potrebbero benissimo tagliare la spesa e anche le tasse e puntare a ridurre il rapporto tra debito e Pil, e quindi a rafforzare la sostenibilità del debito stesso, attraverso più crescita, forse con un pelo di inflazione in più, ma temporanea e ben controllabile. Ho già citato su queste pagine l’esempio positivo del Regno Unito che così sta facendo.



Mi aspetto – ascoltando i miei ex-studenti americani che collaborano con i leader dell’area sia democratica, sia repubblicana – che l’America comunque seguirà una formula di rigore non troppo restrittiva dei potenziali di crescita. E se vincesse Romney questo sarebbe certo. Quindi le previsioni di Merkel e Blanchard vanno considerate “scenari condizionali” e non proiezioni di una tendenza ineluttabile, come sta passando sfortunatamente sulla stampa.

Merkel vuole mantenere il principio dell’estremo rigore sia perché è stata la sua linea finora e non vuole ammetterne il fallimento, sia perché comporta un vantaggio per la Germania sulle altre euronazioni. Le analisi del Fmi sono le migliori al mondo, ma tendono per la natura di questa istituzione a rendere ossessiva la priorità del riequilibrio finanziario mentre questo, nella realtà, è più calibrabile. Almeno lo si sappia. Anche perché nella profezia Merkel l’economia italiana sarebbe condannata a morte.

 

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