La rivincita dei Romiti. Ieri, 6 novembre 2012, è stata una giornata storica perché l’America è andata alle urne e ha confermato Barack Obama presidente degli Stati Uniti per altri quattro anni. Molto più modestamente qui da noi, nell’angusto e polveroso cortile italiano, è stato il giorno della rivincita della famiglia Romiti. O almeno di una piccola soddisfazione per loro. I Romiti tutti li ricordano. Soprattutto il padre, Cesare, per anni numero uno della Fiat quando la casa torinese era un grande gruppo industriale competitivo e un concentrato di potere che faceva pesare soprattutto in Italia. Finita per raggiunti limiti d’età (65 anni) la sua avventura in corso Marconi, allora il quartier generale del gruppo, si fece dare una congrua liquidazione nella quale era incluso un pacchetto di azioni della Rcs-Corriere della Sera, che gli consentì di diventare presidente della prima casa editrice italiana. Qui fece, come nel suo carattere, il sole e la pioggia, prendendo tutte le decisioni. Una in particolare non gli venne mai perdonata: quella di portare il figlio Maurizio alla carica di amministratore delegato. Un familismo poco apprezzato, soprattutto perché il rampollo, ex dirigente Mediobanca, non aveva dato gran prova di sé quando aveva gestito la holding di partecipazioni Hdp che, nelle sue ambizioni, doveva lanciare la sfida ai grandi francesi del settore lusso. Forse una buona idea, se messa in mano a un manager capace. Gestita da Maurizio fu un flop eclatante.
Trasferitosi, sotto l’ala paterna, alla Rcs il giovane Romiti non fece nulla di notevole. Però avviò la ristrutturazione della sede periferica, quella in via Rizzoli, dove da sempre erano sistemati i periodici e gli uffici centrali della holding. Fece ampliare l’edificio, costruire un’altra ala e una torre che svetta nella squallida skyline di Crescenzago, nord est di Milano. Quel quasi quartiere è stato riempito con gli altri dipendenti del gruppo: la pubblicità, la libri, ecc. Ma ancora ha larga disponibilità di spazi in quanto, nel frattempo, l’editoria è entrata in crisi e gli esuberi di personale si presentano puntuali, immancabili ogni volta che sorge il sole. La parte nobile di RcsMediagroup, cioè i quotidiani Gazzetta dello Sport e soprattutto Corriere della Sera, restano invece sistemati elegantemente in centro, nello storico palazzo di via Solferino. Una parte di questo è già stata sgomberata e messa in vendita, senza però aver trovato finora un compratore. Adesso l’idea del nuovo amministratore delegato, Pietro Scott Jovane, è di liberare l’intero quadrilatero e metterlo sul mercato come blocco unico. Così da renderlo più appetibile per i possibili acquirenti e da ricavarne una cifra importante, circa 400 milioni. Un bel gruzzolo, indispensabile per rimettere in sesto le finanze ed evitare agli azionisti il fastidio di metter mano al portafogli e sottoscrivere un aumento di capitale a copertura delle perdite.
L’idea, in sé, funziona. Ma urta molte suscettibilità. Si è detto contrario il direttore, Ferruccio de Bortoli, il capo della divisione quotidiani, Giulio Lattanzi, che è stato prontamente sostituito da Alessandro Bompieri. E soprattutto si sono messi di punta i giornalisti che, tramite il comitato di redazione, si sono appellati al Comune (lo stabile di via Solferino è vincolato a usi esclusivamente editoriali) e alle belle arti. Perché questa opposizione così dura? In parte per ragioni storiche, affettive: quel palazzo di via Solferino ha custodito l’ultracentenaria storia del Corriere e sarebbe un delitto disfarsene. In parte fra i giornalisti viene data anche una certa importanza alla posizione nel centro della città: così comoda, facilmente raggiungibile a due passi da Brera e dai suoi caffè e ristoranti. Insomma, si vedrà come andrà a finire questo braccio di ferro. Intanto la cosa rilevante è che questo salvagente immobiliare da 400 milioni è disponibile perché appunto i Romiti fecero costruire quegli immensi palazzi a Crescenzago, considerati da tutti la follia di un megalomane. Quella presunta follia adesso serve. All’epoca Diego Della Valle, azionista di Rcs sempre desideroso di crescere nella casa editrice, definì i Romiti “la famiglia Addams”. E ora grazie agli Addams la prima casa editrice italiana potrebbe trovare il modo di risolvere, almeno momentaneamente, i suoi guai finanziari, senza disturbare gli azionisti.
Grilli criptico. Alla trasmissione Ballarò di ieri sera, al ministro Vittorio Grilli sono state poste delle domande su Finmeccanica della quale il Tesoro è azionista di riferimento. Domande delicate perché si parla di tangenti internazionali e di una piccola marchetta che sarebbe stata pagata alla sua ex moglie. Su entrambi i temi il ministro è parso titubante: chiaro segno che il governo non ha ancora deciso una linea. Insomma, non sa che pesci pigliare. E questo non va. Giganomics aveva già fatto notare che Finmeccanica è una delle poche grandi realtà industriali italiane rimaste; opera sui mercati di tutto il mondo. L’azionista (il governo) deve metterla in condizioni di operare con serenità, quindi con dei vertici al di sopra di ogni sospetto e che non passino più tempo da avvocati e giudici che in azienda. Perdere tempo non serve a nulla se non ad aggravare il problema.
Il politico apolitico. Franco Battiato, appena nominato dal neo governatore della Sicilia Rosario Crocetta, Assessore al turismo e allo spettacolo della Regione, ha annunciato che: rinuncerà a qualsiasi emolumento; non si occuperà di politica. Benissimo la prima scelta. Ma riguardo alla seconda, viene spontanea una domanda: che cosa deve fare un Assessore se non le scelte politiche del settore di sua competenza?
Carta straccia. Se qualcuno dubita ancora che l’informazione su carta stampata sia al tramonto, legga i giornali di oggi. Almeno dieci pagine dedicate all’America con il fiato sospeso, al testa a testa Obama-Romney, il tutto condito con interviste e sproloqui di sedicenti esperti che parlano del nulla, visto che tutto ruota attorno a un dato che non c’è ancora: chi ha vinto. I giornali sono andati in stampa prima che quella piccola cifra fosse disponibile, di qui la vagonata di bla bla bla che hanno inflitto ai lettori a fronte di 1,20 euro. Nella notte, on line, appena disponibili sono stati forniti i risultati che tutti aspettavano: ha vinto Obama con 303 delegati contro i 206 di Romney.